mercoledì 28 febbraio 2018

la discarica di Borgo Montello nella commissione contro le ecomafie e gli illeciti ambientali nel Basso Lazio

tratto da Doc. XXIII  N. 32 COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI




  1. La questione degli illeciti ambientali nel Basso Lazio



  1. 7.1 La discarica di Borgo Montello

La discarica di Borgo Montello è considerata la quarta in Italia per estensione e per volume di rifiuti abbancati. La data d’inizio delle attività di smaltimento è il 1971 (o poco dopo, secondo altre fonti). Oggi occupa un’area di circa 50 ettari, divisi tra due società, la Ind.Eco S.r.l., riconducibile al gruppo Green Holding di Milano e la Ecoambiente S.r.l., con quote divise tra Latina Ambiente (gestore del servizio di raccolta del comune di Latina, partecipata al 51 per cento dall’ente locale e al 49 per cento da società riconducibile alla famiglia Colucci) e società della holding Cerroni.
La storia della discarica è complessa e, per molti aspetti, ancora nebulosa. Nelle passate legislature la Commissione si è occupata di diversi aspetti relativi alla gestione degli invasi, senza, peraltro, mai svolgere inchieste dirette.
Sulla discarica di Borgo Montello aleggia da anni il sospetto di un utilizzo illecito per lo sversamento di rifiuti industriali pericolosi, sotto forma di fusti o di fanghi. Tantissime le testimonianze apparse negli anni scorsi sulla stampa, locale e nazionale. Lo stesso collaboratore di giustizia Carmine Schiavone ha parlato di collegamenti tra il clan dei Casalesi e la discarica di Latina, indicando – nel 1996 a sommarie informazioni e poi, poco prima della sua morte, in interviste a diverse testate giornalistiche – nomi e circostanze riconducibili a sversamenti illeciti di rifiuti nell’area della discarica.
Oggi la discarica è ferma, per l’esaurimento delle volumetrie (fino ad oggi sono stati sversati negli anni più di 6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, secondo stime conservative). In un caso, l’area gestita dalla Ind.Eco, il sito è stato sottoposto a sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria; l’altro gestore, Ecoambiente, ha operato ed opera su terreni confiscati dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento penale nei confronti dell’imprenditore De Pierro, accusato di riciclaggio. Una situazione complessa, che si è sviluppata su un’area compromessa dal punto di vista ambientale, come documentato dagli studi ARPA e ISPRA.
La questione dello sversamento di rifiuti pericolosi nel passato ha creato e continua a creare un forte allarme sociale. E’ evidente che la presenza nel sottosuolo di rifiuti pericolosi allo stato sconosciuti, oltre ad essere un indicatore importante di criticità gestionali nel passato (anni ‘80 e ‘90), è un elemento molto importante per la ricostruzione puntuale della criminalità ambientale nella regione Lazio. Accanto a questo elemento non può essere trascurata la ormai consolidata conoscenza delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella zona di Latina, che si intreccia inevitabilmente con il business ambientale.
La Commissione ha, dunque, deciso di concentrare l’approfondimento su questo versante, puntando a fornire al Parlamento elementi oggettivi rispetto al traffico illecito di rifiuti pericolosi nell’area di Borgo Montello, anche in connessione con organizzazioni criminali.
    1. Anticipando quanto si dirà oltre in dettaglio, il primo elemento di rilievo riguarda la presenza di rifiuti industriali – anche pericolosi – nell'area di Borgo Montello. Questo elemento ha una importanza chiave anche, e soprattutto, nella fase di bonifica del sito. Dalla documentazione ufficiale raccolta nel corso dell'inchiesta parlamentare non sono emersi approfondimenti istituzionali in questo senso. La regione Lazio, interpellata sul punto, non ha fornito elementi conoscitivi, evidenziando una lacuna istruttoria.
Dalle indagini e acquisizioni della Commissione risulta che nell'area di Borgo Montello sono stati stoccati – extra ordinem e, in alcuni casi, illegalmente – rifiuti speciali pericolosi, tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90. Questo elemento conoscitivo, che ha visto un importante sforzo investigativo da parte della commissione, conferma quanto da sempre sostenuto dalla popolazione locale, allarmata da voci, confidenze e notizie giornalistiche.
Vi è stato un conferimento di rifiuti pericolosi di origine industriale nell'area denominata 2B, come accertato nel corso del processo di primo grado nei confronti di Adriano Musso, amministratore della società Ecotecna, gestore dell'epoca dell'invaso. In questo caso è possibile anche individuare almeno una parte della tipologia di rifiuti sversati, grazie alla consulenza tecnica svolta nel corso di quelle indagini. Si tratta di un caso particolarmente significativo e grave, anche dal punto di vista ambientale. La zona dello sversamento, infatti, era già stata definita all'epoca come non idonea dal punto di vista geologico per la realizzazione di una discarica per rifiuti pericolosi (secondo la normativa dell'epoca, il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982). La regione Lazio, attraverso una semplice ordinanza, permise lo stoccaggio dei rifiuti industriali, indicando il sito come “temporaneo”. Non vi è agli atti nessun elemento che possa indicare il successivo trasporto di quei rifiuti in altro luogo. Anzi, le motivazioni della citata sentenza indicano il contrario. La successiva sentenza di appello ha poi revocato l'ordine di bonifica e ripristino dei luoghi che i giudici di primo grado avevano imposto seguendo il dettato della legge. Nessun elemento che possa far immaginare un successivo intervento di bonifica è stato presentato alla commissione o ritrovato nella copiosa documentazione acquisita. Si deve, dunque, dedurre che quei rifiuti pericolosi di origine industriale siano ancora interrati nel primo strato dell'invaso “2B” (area gestita attualmente dalla società Indeco), poi ricoperta negli anni da altre discariche per rifiuti solidi urbani. Questo elemento dovrebbe essere accuratamente analizzato per capire quale impatto sulle matrici ambientali vi possa essere, considerando anche il tempo trascorso e la già grave situazione della sottostante falda acquifera.

Vi sono poi tanti elementi – concordanti tra di loro – che portano a ritenere altamente probabile – se non sicura – la presenza di rifiuti industriali anche nella zona della discarica a cavallo tra gli invasi S3-S1 (area attualmente gestita, in post mortem, dalla società Ecoambiente). In questo caso le testimonianze raccolte dalla commissione nel corso delle indagini forniscono elementi concordanti con quanto ricostruito dalla pregevole inchiesta della squadra mobile di Latina nel 2013. Uno dei testimoni ascoltati a sommarie informazioni dalla Commissione ha lavorato per lungo periodo all'interno della discarica (tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90) e, dunque, è stato protagonista diretto dei fatti narrati. Questo stesso testimone lavora ancora oggi nel settore dei rifiuti speciali ed è in possesso delle certificazioni necessarie per operare nel campo. Ha, dunque, il necessario know-how per poter fornire informazioni precise. Secondo la sua testimonianza durante il periodo di gestione della discarica da parte della società Pro.Chi arrivavano in media 300-400 fusti al mese. Si può, dunque, facilmente stimare in diverse migliaia i fusti di rifiuti industriali probabilmente interrati in quell'area.
Anche in questo caso l'impatto ambientale potrebbe essere di rilievo. L'area indicata dai testimoni si trova all'interno della zona utilizzata fin dal 2000 dalla societa Ecoambiente per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani. Nel 1998 la società aveva presentato un progetto di messa in sicurezza che escludeva la presenza di rifiuti pericolosi, realizzando un sistema di barramento idraulico con un polder. Tale soluzione, però, è stata ritenuta non idonea da due perizie disposte dalla procura e dal Gup del tribunale di Latina, che hanno deciso di rinviare a giudizio gli amministratori della società, oggi imputati per avvelenamento delle acque. La presenza di rifiuti industriali in quantità significativa – come indicato dai testimoni – potrebbe rappresentare un ulteriore aggravamento della situazione, giù grave, della sottostante falda acquifera. In ogni caso questo elemento deve essere preso in considerazione nell'ambito della bonifica dell'area.
Per quanto riguarda la presenza criminale nell'area, di particolare rilievo è la figura di Michele Coppola, soggetto già indicato nel 1996 dal collaboratore di giustizia del clan dei casalesi Carmine Schiavone come contiguo al gruppo criminale di Casal di Principe. Coppola fin dal 1988-1989 ha vissuto a ridosso della discarica di Borgo Montello. Parte delle proprietà a lui affidate dal clan – secondo quanto ricostruito dallo Schiavone – sono poi state vendute ad uno dei gestori della discarica, la società Indeco. Coppola poteva disporre di diverse armi, come verificato dalla Commissione. Nel dicembre del 1995 venne arrestato nell'ambito del procedimento penale contro il clan Schiavone (processo “Spartacus”); sentenze successive, relative ad altri procedimenti, passate in giudicato, hanno dimostrato la sua appartenenza al clan.
Nel corso dell'inchiesta condotta da questa Commissione sul sito di Borgo Montello sono emersi dettagli significativi rispetto ai contatti stretti tra Coppola e lavoratori della discarica (uno dei testimoni ha raccontato di essere andato a Casal diPrincipe, dove avrebbe incontrato anche Carmine Schiavone, prima dell'inizio della sua collaborazione, quando, dunque, era pienamente operativo all'interno del clan, in posizione apicale), alcune testimonianze de relato hanno poi indicato punti di contatto tra Coppola ed esponenti politici e delle forze di polizia locali, che destano preoccupazione.

La Commissione ha proceduto a diverse audizioni, i cui contenuti hanno orientato le successive attività. Il 16 marzo 2016 è stato audito Giorgio Libralato, consulente tecnico delle famiglie di Borgo Montello, accompagnato dai rappresentanti dei Comitati riuniti dei borghi Montello e Bainsizza1. L’audizione è successiva alla visita della Commissione nella discarica di Borgo Montello, avvenuta subito dopo la discovery processuale (con ordinanza di custodia cautelare) della prima indagine giudiziaria del tribunale di Latina, in epoca recente, sulla società Indeco, gestore di parte della discarica.
E' stato chiesto all’audito di presentare le problematiche della discarica, evidenziando il punto di vista dei cittadini che abitano in prossimità del sito. Giorgio Libralato, a nome dei cittadini di Borgo Montello, ha ricordato la presentazione di una petizione al Parlamento europeo, presso il quale alcuni abitanti dalla zona sono stati auditi nel novembre 2013. La petizione è tuttora aperta. I rappresentanti dei cittadini sono stati altresì ascoltati il 26 maggio 2015 dalla Commissione rifiuti regione Lazio. Era la prima volta che venivano auditi dalla Commissione parlamentare d’inchiesta.
Giorgio Libralato ha richiamato alcuni eventi giudiziari poi oggetto di specifico approfondimento da parte della Commissione:
Una cosa fondamentale avviene il 29 gennaio 2014: con la solita inchiesta - anche in quel caso, gruppo De Pierro, Capitolina, Giulia e altre società - viene sequestrata dal GICO della Guardia di finanza una parte attiva della discarica di Borgo Montello, ovviamente con atti giudiziari e atti di conservatoria, ma non succede assolutamente nulla”. Rispetto a questa azione giudiziaria (sulla quale si ritornerà in seguito) ha aggiunto: “La proprietà della discarica è della Ecomont e non della Ecoambiente come falsamente dichiarato dalla regione Lazio nell'AIA del 2009. Allo stesso modo, è falso uno dei verbali di rinnovo dell'AIA, che appunto scadeva l'8 aprile 2012, dove si dichiara che quest'invaso non è stato sequestrato, ma invece, è stato sequestrato. Sono state fatte tutte le segnalazioni ma non sono state sufficienti”.
Su un altro delicato punto, ovvero la ricerca di “fusti tossici” o, più in generale, di tracce di sversamenti di rifiuti pericolosi in epoca passata, Libralato ha dichiarato:
Nell'agosto 2012, iniziano anche i famosi scavi nell'invaso S0, che non è di nessuno, e quindi spetta alla comunità. La regione Lazio eroga un finanziamento di circa 700.000 euro per fare questi scavi, viene affidato un appalto di circa 400.000
1Giorgio Libralato al termine dell’audizione ha depositato in Commissione un voluminoso dossier, con diversi allegati, acquisito agli atti come Doc. n. 1095/1-6euro, ma gli scavi vengono effettuati solo parzialmente [...] La ragione di questi scavi ha origine dalla dichiarazione di Carmine Schiavone che nella discarica di Borgo Montello erano stati conferiti dei fusti tossici. Uno studio dell'ENEA del 1995 certificava che nella S0, in una delle tante vasche, la prima, la più antica, c'erano queste masse metalliche che potevano far pensare alla presenza di fusti metallici. Questa massa metallica è stata poi confermata dalle ricerche dell'INGV, e quindi sono stati fatti gli scavi. Durante una conferenza pubblica, il 20 settembre 2012, uno dei direttori dei lavori, il direttore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha dichiarato che si sarebbero fatti tutti gli scavi perché per loro quello che avevano trovato era sufficiente per dire che quella massa metallica era o del ferro che si trovava nei copertoni o armature metalliche delle recinzioni dell'epoca”.
Il consulente degli abitanti di Borgo Montello fa riferimento alla campagna di scavi nel sito più antico della discarica del 2012: secondo la documentazione acquisita dalla Commissione, l'esito di quella ricerca fu negativo.
Rispetto a questo punto l’audito ha aggiunto:
Il problema è sorto perché durante gli scavi l'assessore provinciale all'ambiente dell'epoca, Gerardo Stefanelli, ha dichiarato che non andavano cercati lì i fusti perché probabilmente erano in altri invasi. Lo stesso ha dichiarato Carmine Schiavone in diverse interviste, dicendo di aver visto dove avevano scavato e che non era lì che dovevano cercare i fusti. Questo è solo uno dei problemi, considerato che è dalle prime analisi del 2005 che si evidenzia l’inquinamento delle falde acquifere. L’ARPA ha verificato queste analisi così come i periti del tribunale di Latina, a cui è seguito a un processo tuttora in corso con il rinvio a giudizio di tre esponenti dell'epoca di Ecoambiente, sempre Bruno Landi, Rondoni e Nicola Colucci, che a vario titolo avevano partecipato alla gestione della discarica. In particolare, l'ultimo dei periti, il professor Tomaso Munari di Genova, vicepresidente dell'ordine nazionale dei chimici, ha certificato quest'inquinamento, ovviamente con analisi di laboratorio eseguite sul posto, e ha indicato un livello di inquinamento più alto rispetto a quello certificato per esempio da ARPA Lazio o ISPRA. In particolare, il professor Munari ha indicato anche che il famoso progetto che doveva essere fatto di protezione delle falde da parte di Ecoambiente in realtà non è stato fatto come doveva”.
Dunque, secondo Giorgio Libralato, le ricerche andrebbero ampliate anche ad altre zone della discarica (gli invasi sono circa una decina); lo stesso consulente delle famiglie di Borgo Montello ha poi richiamato la campagna di monitoraggio della falda acquifera effettuata da ARPA Lazio e la perizia svolta da Tomaso Munari, nominato dal GUP del tribunale di Latina. Questi due punti verranno ulteriormente approfonditi in seguito.
Libralato ha poi fatto notare che l'ultima analisi dell'ARPA Lazio, risalente al marzo 2013, è stata resa nota con molta difficoltà solo a novembre 2014. Ha poi aggiunto che le stesse emissioni odorigene sono state più volte segnalate da lui stesso, e dai cittadini, con telefonate, lettere, mail certificate e in tanti altri modi. L'ARPA Lazio ha realizzato un monitoraggio ad hoc sulla discarica – ha sostenuto Libralato – nell'agosto del 2015, “quando dall'estate 2015 non avviene praticamente nessun conferimento, tranne qualche camion che sporadicamente continua ad arrivare in discarica”.
Rispetto alle procedure autorizzative in corso, l’audito ha sostenuto come per Ecoambiente vi siano alcune importanti criticità, la prima relativa alla proprietà e alla disponibilità: “Si sa che se c’è un sequestro della Guardia di finanza o della magistratura, non si può dichiarare che è nella disponibilità della società”. Il secondo problema, ha aggiunto, riguarda la polizza fideiussoria per la società Ecoambiente. Il terzo problema, infine, “è che – lo prevedeva la conclusione della procedura AIA del 25 giugno 2014 della regione Lazio – doveva esserci anche la variante urbanistica del comune di Latina, essendo stati rilevati problemi urbanistici nel 2012. Si tratta di un'area con indirizzo rurale, per cui la circostanza era incompatibile con la normativa urbanistica; è stata fatta una variante, si è perimetrata l'area, impegnandosi il 28 dicembre 2012 all'unanimità a risarcire i cittadini e a delocalizzarli, e anche a delimitare, ad esempio ponendo dei vincoli di inedificabilità per cento metri su confini su cui dovevano essere piantumate delle essenze, ovviamente per mitigare, l'impatto”.
L’audito si è soffermato sulle procedure in corso: “Siccome entrambe le società hanno esaurito i loro volumi, chiedono un sopralzo, quindi l'aumento del conferimento dei volumi, al di sopra della stessa area sulla quale già avevano conferito, S8 per Indeco, un nuovo e distinto invaso per Ecoambiente, quello sequestrato dalla Guardia di finanza. Si sono aperte nuovamente le procedure AIA e di valutazione d'impatto ambientale”.
Per quanto riguarda l'impatto della discarica sulle matrici ambientali e, di conseguenza, sulla qualità della vita degli abitanti della zona, Libralato ha ripercorso lo stato delle procedure di bonifica: “In seguito a questo inquinamento, riconosciuto anche da Ecoambiente, hanno fatto un progetto per quella che loro definiscono bonifica, ma c’è una differenza tra bonifica e contenimento dell'inquinamento. Questa cosiddetta bonifica di Ecoambiente, secondo tutti i protocolli, procedure e accordi di programma, doveva iniziare a marzo 2014, ma inizierà invece un paio di mesi dopo, perché i cittadini, hanno iniziato a chiedere conto di quest'avvenuta bonifica, che ovviamente non era iniziata. Secondo la provincia di Latina e secondo il comune di Latina, questa bonifica non era in corso”.
Per quanto riguarda più in generale la gestione dei rifiuti nel comune di Latina, gli incroci societari tra gestori della raccolta e gestori della discarica e il delicato tema delle polizze fideiussorie, Libralato ha dichiarato: “Un altro problema è Latina Ambiente, che è partecipata per il 51 per cento dal comune di Latina e partecipa per il 51 per cento alla società Ecoambiente, per la quale, (alla data dell’audizione) è in corso il fallimento. Latina Ambiente si occupa, per conto del comune di Latina, del servizio di raccolta dei rifiuti solidi. (Bruno Landi al momento dell’arresto era contemporaneamente amministratore delegato di Latina ambiente e di Ecoambiente). Per quanto attiene le fideiussioni, si sa che girano polizze fideiussorie dalla

Gable false, e la Gable è quella società che ha fatto la polizza fideiussoria per Ecoambiente, ma anche per un'altra società che opera più o meno nello stesso settore nel comune di Latina, la Agri Power, che gestisce una centrale a biogas. Questa polizza fideiussoria della Gable è stata rifiutata dal comune di Latina, e quindi l'Agri Power è senza alcuna polizza fideiussoria perché la precedente era stata emessa da una società che secondo l’associazione non aveva i titoli, ma che comunque era fallita subito dopo. Sono quattro anni che non ha questa polizza fideiussoria. La polizza fideiussoria dalla Gable, per il comune di Latina non era valida, non aveva una firma autentica, non vi erano i poteri di chi firma di chiarire che poteva firmare, e l’allegato è stato mandato due mesi dopo rispetto all'emissione della polizza. Poi la Gable, ha sede a Vaduz, in Lichtenstein, e per il comune di Latina non era una garanzia”.

Ci sono pareri dell’ASL secondo cui i cittadini lì non possono risiedere – hanno poi spiegato i rappresentati dei comitati e dei cittadini residenti nella zona - essendo gli insediamenti autorizzati ad una distanza inferiore da quella prescritta dalla legge regionale del Lazio. Per quanto riguarda le analisi dell’ARPA, non si è avuta copia perché l'ARPA Lazio le trasmette all'ISPRA, che poi doveva analizzarle e spiegare perché c'erano questi inquinanti e qual era il quadro. Sono state rilevate varie sostanze con valori molto alti, per esempio alcuni dell'arsenico sono con i valori a circa 300, trenta volte quelli ammessi per legge. Ci sono ferro, manganese e anche altri inquinanti. Alla domanda se ci fosse rischio per la popolazione, per le persone che vivono lì, per l’agricoltura, sulla possibilità di utilizzare i pozzi, se quest’acqua possa essere usata a scopo igienico ed alimentare né ISPRA, né ARPA Lazio hanno mai risposto.
Sono stati segnalati casi di decessi o malattie gravi che sembrano legati all’inquinamento ma non sono stati eseguiti esami epidemiologici o tossicologici, esame quest’ultimo che - da quanto afferma Ivan Eotvos rappresentante del comitato - l’ARPA Lazio non ha fatto nemmeno sulla centrale nucleare.
Libralato chiarisce su questo punto dicendo che quest'indagine epidemiologica non è stata chiesta solo dai cittadini ma anche dall’ASL, ARPA e anche dalla regione Lazio, al fine di rilasciare qualsiasi autorizzazione, valendo il principio di precauzione.
Circa le polizze fideiussorie, in generale, secondo gli auditi ci sono stati una serie di scandali perché ci sono stati interventi urbanistici, di risanamento che non potevano essere fatti, proprio perché le polizze non garantivano nulla, tanto che vi è una fabbrica all'ingresso di Latina che da dieci anni non può essere bonificata proprio perché la società che ha emesso la polizza non adempie ai suoi obblighi. Questo è un problema che si presenta per tutti gli impianti, biogas, biomasse, turbogas, rifiuti.
Riguardo alle proprietà dei terreni “intorno agli anni Ottanta, da parte del clan dei Casalesi, tramite un parente di Carmine Schiavone, Michele Coppola, c’è stato l'acquisto di questi terreni, inizialmente sembrava per coltivarci, ma poi CarmineSchiavone spiega l'evoluzione di come l'organizzazione dei casalesi scoprì che il settore dei rifiuti era molto più importante e redditizio di quello della droga. Alcune delle proprietà ex Michele Coppola vengono vendute a qualcuna delle società, in particolare anche all'Indeco, una delle due società”.
Sempre per rimanere nell'ambito della proprietà – prosegue la relazione dei comitati - la società Capitolina aveva stipulato un contratto d'affitto per il nuovo e distinto invaso, quello di Ecoambiente, nel 1998, che durava nove anni rinnovato per altri nove, che quindi con scadenza il 4 agosto 2016”. Secondo il comitato, siccome il ricorso della curatela fallimentare è del 1994, quindi antecedente al contratto d'affitto, siccome la curatela fallimentare ha vinto tutti i ricorsi contro queste società gruppo De Pierro, siccome queste sentenze sono diventate definitive perché non c’è stato alcun ricorso, siccome la titolarità della curatela fallimentare Ecomont è antecedente al contratto d'affitto, quel contratto non vale nulla.
Quanto alle motivazioni per cui il comitato ha contestato le AIA, i residenti del luogo chiedevano come facessero a rilasciare l'AIA alla società Ecoambiente: “Intanto, non aveva la disponibilità dell'area ma in ogni caso, anche ammesso che ritenessero valido il contratto del 1998, questo scadeva il 4 agosto 2016, per cui qualsiasi AIA poteva essere rilasciata fino a quando se ne aveva la disponibilità. Anche la società Ecoambiente ha cercato di costruire un impianto TMB. Siccome entrava nell'area di vincolo della famosa delibera n.163 del 28 dicembre 2012, non poteva più essere costruito, e quindi ci sono stati i pareri contrari del comune di Latina, chiedendo di spostare il vincolo”.
Per quanto riguarda la provenienza dei rifiuti, sono stati fotografati i camion: “Provengono da fuori provincia, anche dalla provincia di Roma”.
Per quanto per quanto riguarda la ricerca dei fusti tossici – ha aggiunto Libralato - sono stati finanziati, come dicevo, per un'analisi condotta dall'ENEA nel 1995, che aveva verificato solo l'area S0, e c'erano tre masse metalliche che facevano pensare alla presenza di materiale metallico, e quindi di fusti tossici. L'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, con altre strumentazioni succedutesi poi nel tempo, molto più precise e sofisticate, ha certificato più o meno nella stessa conformazione che aveva fatto l'ENEA, quindi con altra strumentazione, la presenza di queste masse metalliche. Questi scavi, ad esempio, dovevano essere a profondità di 6-7 metri o con dimensioni di 30x40 in pianta, ma quando gli scavi sono arrivati a 3 metri e hanno trovato del materiale metallico, hanno sospeso le ricerche. Come dicevo, il 20 settembre 2012, c’è stata questa conferenza pubblica con il dottor Marcucci dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che spiegava che non avrebbero approfondito perché erano in attesa della caratterizzazione dei rifiuti, se fosse stata conforme e se, una volta rinterrate le buche, trattava di rifiuti tossici, la ricerca si sarebbe sospesa. I 700.000 euro erano solo per la vasca S0. In quell'occasione ho fatto la domanda al dottor Marcucci. Nel giugno dello stesso anno c'è stata l'audizione di Achille Cester, ingegnere ex dirigente della discarica di Borgo Montello, il quale diceva che prima che arrivasse lui, quindi fino al 1996, lìavveniva di tutto e i rifiuti venivano tritati, quindi secondo lui non si sarebbe trovato nulla. Il dottor Marcucci afferma che, se avesse dovuto nasconderli li avrebbero messi nell'S1 e nell'S2 e ci avrebbe messo altri rifiuti sopra, come effettivamente è successo. Il costo di questa operazione per lo Stato italiano sarebbe stato di 10.000 euro per tutta la discarica, ma questa ricerca non è stata fatta”.
Per le procedure di richiesta informazioni – ha aggiunto Libralato - ogni ente ha la propria. Al comune di Latina si comunica normalmente tramite PEC. Entro i trenta giorni canonici, rispondono e mettono a disposizione la documentazione. Così la provincia di Latina, ma tramite modulistica. ARPA Lazio qualche volta mette a disposizione la documentazione, qualche volta ci mette più tempo. Dalla regione non hanno mai avuto risposta. La regione ha segretato i documenti relativi alle VIA, compresi quelli di Indeco e Ecoambiente. Riguardo alla popolazione lì localizzata, riguardava essenzialmente il podere la famiglia Piovesan, quindi circa 16 ettari. Per sette famiglie, sono circa venti persone, abitano proprio dall'altra parte della discarica. L'impatto si estende anche ai ristoratori, agli agricoltori. Un noto ristorante «Villa Patrizia», è a 800 metri. E la scuola maternaè a 800 metri. A 810 metri c’è la scuola elementare. Ci sono migliaia di persone. Borgo Montello è a un chilometro e poco. La cantina sociale è a qualche centinaio di metri. Le persone che sono qui [presenti in audizione] sono a dieci metri”.
Nel corso dell’attività d’inchiesta la Commissione ha svolto un sopralluogo sul sito di Borgo Montello – area gestita da Ecoambiente – nell’ottobre del 2014. Sono stati poi auditi i due gestori, relativamente a temi d’interesse per l’inchiesta. Alcune questioni trattate nel corso dell’audizione attengono strettamente all’approfondimento qui affrontato, ovvero la presenza della criminalità organizzata nell’area della discarica e il passato sversamento di rifiuti industriali, con le relative problematiche ambientali.
Il 9 giugno 2016 sono stati auditi Luca Giudetti, avvocato difensore di Ind.Eco S.r.l., l'avvocato Salvatore Pino, difensore della Green Holding S.p.A., e Paolo Titta, responsabile dell'area legale di Green Holding. L’audizione ha riguardato soprattutto una recente vicenda giudiziaria, che ha portato al sequestro della discarica da parte del Gip di Latina per il superamento delle quote di abbancamento. Oltre a questo tema, ai rappresentanti della società è stato chiesto di esporre quanto a loro conoscenza relativamente all’acquisto di terreni appartenenti – o comunque riconducibili – a soggetti considerati contigui al clan dei Casalesi. L’avvocato di Green Holding – gruppo che controlla oggi Ind.eco. Srl – ha dichiarato: “In particolare, credo che si tratti semplicemente di una circostanza (l’acquisto dei terreni della famiglia Schiavone per l’ampliamento della discarica, ndr) che era già oggettivamente esistente. Se c'è una questione da indagare, è quella di verificare come mai i terreni limitrofi alla zona destinata a discarica fossero già di proprietà degli Schiavone, credo del cugino dello Schiavone. La società si è limitata a dover prendere atto di questa circostanza, che se anche suona sinistra,non può certo suonare sinistra per la società: può suonare sinistra per il momento in cui questi terreni sono stati acquistati da questi signori, ma non per il momento in cui la società li va ad acquistare. Si tratta dei terreni limitrofi, quindi gli unici che potessero consentire un ampliamento dell'area, o comunque un ampliamento della zona di lavorazione”. Sul punto gli auditi non hanno aggiunto ulteriori elementi.
Il 12 dicembre 2016 sono stati auditi Stefano Gori, presidente di Ecoambiente, e Pierpaolo Lombardi, amministratore delegato di Ecoambiente.
Stefano Gori ha inizialmente illustrato la storia del sito di Borgo Montello:
La discarica di Borgo Montello nasce orientativamente – non si ha certezza matematica – nel 1971, quando alcuni privati cominciano a sversare nell'area, quella che oggi è la discarica di Borgo Montello, dei rifiuti. Da quel momento nasce il sito, che viene identificato oggi ed è purtroppo conosciuto da tutti come S0 […] Questo sito a ridosso del fiume Astura veniva usato bellamente per ricevere rifiuti dall'alto. Era un dirupo: entravano i camion in retromarcia e sversavano rifiuti verso il fiume, questo all'inizio degli anni Settanta, senza nessun tipo di protezione, né superficiale né di altro tipo.
Questo andò avanti fino a 1986, anno di chiusura del sito S0. Questa S0 è stata gestita da privati, ma negli ultimi anni, come vi ha anche detto nell'audizione del 13 ottobre scorso il rappresentante dell'ARPA, direttamente dal comune di Latina. Nel 1986, questo sito chiude. Perché sottolineo queste date? Ecoambiente diventa operativa all'interno del sito di Borgo Montello nel 2000 e viene costituita nel 1998 a seguito di una sorta di disastro ambientale che si verifica nel 1997, quando il gestore dell'allora sito di Borgo Montello fallisce (fallimento Ecomont, ben conosciuto) e di fatto abbandona l'area. Di questo ci si accorge forse un po’ in ritardo e dopo qualche settimana, anche dopo qualche mese, si aprono i cancelli con le cesoie, si rompono proprio le catene – lì era chiuso – e si trova la situazione che vedete nelle carte che vi abbiamo distribuito, nell'ultimo foglio. L'ultimo foglio che vedete sono le foto, le immagini del sito di Borgo Montello in quella data, nel 1997: invasi S1, S2, S3. Le vasche sono completamente piene di percolato, che non veniva emunto da mesi, perché tra l'altro l'ENEL aveva staccato la corrente, quindi le pompe non funzionavano più. Il percolato tracimava sui terreni circostanti e all'interno del fiume Astura. Nel 1997, trovata questa situazione, interviene immediatamente la regione Lazio con 1,5 miliardi di vecchie lire per emungere immediatamente il percolato che stava tracimando. Si fanno altri interventi nel frattempo, ma si capisce immediatamente che c'è una situazione veramente di disastro e si calcola che l'intervento supera i 10 miliardi delle vecchie lire. Non essendoci più riferimenti perché la Ecomont era fallita, la cosa andava in capo al comune di Latina, l'ente territoriale di riferimento. In quel momento, il comune era sull'orlo del dissesto finanziario per altre vicende. Su iniziativa del comune nasce Ecoambiente. Tramite la propria controllata, che faceva il servizio di raccolta dei rifiuti, facendo una joint venture con un privato che si occupava di gestione di discariche, costituisce la Ecoambiente. La mission di Ecoambiente – adesso veniamo a noi – è questa: bonificate queste S1, S2, S3 […] continuare a gestire l'area; negli spazi che si trovano a seguito della bonifica, continuare a gestire ulteriori volumetrie, ma facendosi carico dei 10 miliardi di vecchie lire per rimettere in sicurezza l'rea. I 10 miliardi sono diventati poi quasi 12 a carico di Ecoambiente. È stato fatto un intervento di messa in sicurezza particolarmente importante. Questa è la mission di Ecoambiente, che porta avanti dal 1998 a oggi. Ci tengo a dire che Ecoambiente oltretutto ha smaltito in quel sito 12.000, forse qualcosa di più, metri cubi di percolato. C'era, infatti, percolato da mesi e mesi che si accumulava. Da quel momento, Ecoambiente è diventata soggetto interessato dell'area, ma non responsabile, perché tutto quello che era avvenuto prima, cioè lo spargimento di percolato, la S0 senza impermeabilizzazione, erano tutti accadimenti avvenuti addirittura prima della nascita di Ecoambiente.
Comunicazioni di vario tipo individuano Ecoambiente come una delle responsabili dell'inquinamento di Borgo Montello, ma questo proprio non è possibile nei fatti, le date non coincidono. Capisco che qualcuno, non conoscendo bene la situazione, è uno dei motivi per cui siamo qua, non riesce a far coincidere bene le date”.
Relativamente agli interventi di bonifica attualmente in corso è intervenuto Pierpaolo Lombardi, amministratore delegato di Ecoambiente: “L'intervento che è stato eseguito nel 2000 sui vecchi bacini S1, S2 e S3 deve essere essenzialmente una messa in sicurezza definitiva, cioè un confinamento della fonte di contaminazione, allora identificata in S1, S2 e S3. Su questi sono stati realizzati nuovi bacini di discarica, impermeabilizzati a norma di legge. Su questo è continuata l'attività di Ecoambiente di smaltimento dei rifiuti per circa un milione di metri cubi, dal 2001 fino all'ottobre 2009, su tutta l'area del lotto che adesso definiamo lotto A per distinguerlo dall'altro lotto, B”.
Rispetto all’intervento eseguito nel 2000 va ricordato che è attualmente pendente davanti al tribunale di Latina un procedimento penale nei confronti dei passati amministratori di Ecoambiente per avvelenamento delle acque: infatti il 15 dicembre 2014 il giudice dell’udienza preliminare ha emesso il decreto che dispone il giudizio1 per il delitto di cui all’articolo 440 del codice penale a carico di Bruno Landi, Vincenzo Rondoni e Nicola Colucci (proc. pen. n. 849/2005 r.g.n.r.); il nucleo dell’accusa consiste nell’”omesso controllo circa la sicurezza degli invasi denominati S1, S2, S3 e S0”, la “mancata esecuzione di opere di impermeabilizzazione di detti impianti”, benché le carenze strutturali fossero note da tempo (in forza di studi ENEA del 1995-96, di ordinanza del sindaco di Latina del 18 agosto 1998, di plurime comunicazioni dell’ARPA Lazio); con la conseguente produzione di “reiterati fenomeni di fuoriuscita del percolato dai siti indicati, percolato contenente tra l’altro sostanze pericolose quali piombo, rame e zinco”, con la conseguenza di adulterare le acque di falda poste in prossimità del sito “rendendole pericolose per la salute pubblica”.
1Il provvedimento è stato acquisito dalla Commissione come Doc. n. 2437/2L’ipotesi dell’accusa – supportata da una perizia disposta dal giudice dell’udienza preliminare che verrà analizzata in seguito – è che, nonostante gli interventi di messa in sicurezza dell’area S1, S2 e S3, sia avvenuta una contaminazione della falda, ascrivibile all’area gestita da Ecoambiente.
Su questo specifico punto prosegue Pierpaolo Lombardi: “Ci tengo a dire che è una messa in sicurezza definitiva. In 25 anni, dal 1971 fino al 1997, in pratica di abbandono, di conferimento incontrollato dei rifiuti, tutto il percolato e tutto il biogas non idoneamente recuperato e trattato, hanno contaminato le matrici ambientali, tra cui il terreno, le acque di falda profonde e le acque superficiali. Lì vicino, infatti, c'è il fiume Astura.
È ovvio che abbiamo bloccato la fonte di contaminazione, ma tutto quello che nel frattempo si era allontanato da quell'area era lì. Su questo attualmente stiamo intervenendo. A valle di questa verifica effettuata dall'ARPA nel 2005, in cui è stata verificata questa residua contaminazione esterna all'area dei bacini di discarica, è stato avviato un monitoraggio da parte di ARPA, durato un ulteriore decennio, per appunto verificare l'evoluzione della contaminazione all'interno dell'area […]
Abbiamo realizzato la messa in sicurezza definitiva, dopodiché, nel 2005, è stata rilevata una contaminazione residua esterna a questi invasi, e pertanto è partito un secondo procedimento di bonifica, che è stato accolto da Ecoambiente, come diceva il presidente Gori, come soggetto interessato. Come soggetto interessato, abbiamo proposto un secondo intervento di bonifica, successivo alla messa in sicurezza definitiva iniziale, che prevede l'immissione di reagenti in falda direttamente all'interno della falda, utilizzando i piezometri esistenti nell'area di Borgo Montello.
Tra quelli realizzati da ARPA, direttamente da noi e da Indeco, ci sono 44 piezometri in tutta l'area di Borgo Montello. Il progetto, presentato nel 2006 – è stata fatta l'analisi di rischio, le caratterizzazione classiche, le procedure propedeutiche all'elaborazione di un progetto di bonifica – è stato elaborato da Ecoambiente ed è stato approvato dal comune, dalla provincia, dalla regione, dall'ARPA e dall'ASL di Latina, ed è stato avviato nel 2009, quando si sono avviate essenzialmente le attività di verifica di laboratorio e di verifica di campo, appunto per verificare il processo sito-specifico.
Il periodo di tempo della verifica, di tre anni, ha portato una piccola variazione di questo progetto, variante non sostanziale, essenzialmente sull'utilizzo di un determinato reagente […] Dopo quest'approvazione a gennaio 2014, a maggio 2014, l'Ecoambiente ha avviato queste attività di immissione, inizialmente su un numero di otto hotspot, ossia otto punti critici individuati, su cui si è agito direttamente; successivamente, su qualsiasi piezometro della rete piezometrica presente all'interno dell'area che risultasse con una concentrazione delle soglie di contaminazione superiore a quella di legge.
Di questi iniziali otto hotspot ne sono rimasti tre, ossia la situazione è migliorata notevolmente, non solo in quelle aree, ma anche in tutte le altre aree. Non si evidenziano, infatti, cosiddetti effetti rebounding, ossia non c'è all'interno di quel piezometro un ritorno della contaminazione che superi nuovamente la concentrazione di soglia di contaminazione”.Relativamente al citato procedimento penale in corso davanti al tribunale di Latina l’amministratore delegato Pierpaolo Lombardi ha esposto il punto di vista dell’azienda: “Hanno avuto un'udienza a ottobre di quest'anno, ed è stato rinviato il tutto al 17 aprile. Stanno andando avanti. Vedremo. Quanto alla perizia Munari, la conosco bene. Alla perizia Munari abbiamo risposto con una nostra controperizia. Ve ne faccio avere copia. Secondo noi, c'è una serie di elementi non considerati correttamente”.
Infine Lombardi ha citato la richiesta di autorizzazione per l’ampliamento della discarica presentata alla regione Lazio: “Siamo in attesa di un'autorizzazione in fase abbastanza avanzata. È una sopraelevazione, che vedete sulla cartina, il lotto B, di ulteriori 400.000 metri cubi, tra l'altro previsti e inseriti nella determina n. 199 della giunta regionale sul fabbisogno della regione Lazio. Viene inserita tra le possibilità, ma non è ancora autorizzata, perché ha ancora bisogno di alcuni passaggi dal punto di vista strutturale”.
Le due società non hanno mai fatto riferimento, nel corso delle loro audizioni, alle problematiche relative alla presenza di rifiuti industriali pericolosi negli invasi da loro gestiti.
La Commissione ha audito, l’11 luglio 2016, la dirigente dell'area ciclo integrato rifiuti della regione Lazio, Flaminia Tosini, che sulla discarica di Borgo Montello ha reso le dichiarazioni di seguito sintetizzate:
Il tema di Borgo Montello, per quanto concerne il mio ufficio, riguarda fondamentalmente due impianti di discarica limitrofi l'uno all'altro, ossia la discarica di Indeco e la discarica di Ecoambiente.
Le due discariche sono al momento praticamente senza possibilità di ricezione rifiuti per esaurimento delle volumetrie autorizzate.
La discarica di Indeco è una discarica addirittura sequestrata dalla magistratura, al momento, perché nel corso di verifiche è risultato che vi siano stati conferiti rifiuti per una volumetria superiore a quella consentita, con un superamento delle quote finali di abbancato dell'ordine di 4-5 metri rispetto alla media. Al momento, quindi, la discarica è sequestrata e non abbiamo altre notizie in merito. Il conferimento di rifiuti era già terminato dall'anno scorso rispetto ai volumi che avevo monitorato, anche personalmente da quando ci sono io, ossia da un anno e mezzo.   
Per quanto riguarda, invece, l'altra discarica anch'essa ha terminato le volumetrie consentite e al momento non sta ricevendo rifiuti.
Questa situazione ha messo in difficoltà l'ATO della provincia di Latina come destinazione finale degli eventuali scarti che derivano dal trattamento dei rifiuti urbani.   
Le due società avevano presentato, già dall'anno scorso, una richiesta di valutazione di impatto ambientale per l'ampliamento delle discariche in sopraelevazione e in ampliamento. (pag. 479) 

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