sabato 23 settembre 2017

Demetrio De Stefano scelto dal sindaco di Latina nel cda di Abc la società azienda speciale che dovrà gestire i rifiuti, senz'altro un esperto del settore

Salvo il capro espiatorio di Ama Senegal

Oltre 16 milioni buttati. La Corte dei 

conti «assolve» 

l’unico «responsabile»

http://www.iltempo.it/roma-capitale/2015/03/22/news/salvo-il-capro-espiatorio-di-ama-senegal-971339/
Unico licenziato da Ama, unico «assolto» dalla Corte dei Conti,
che ha archiviato la posizione dell’ex dipendente Fabio Fumelli
escludendo quindi ogni responsabilità per i fatti di Ama-Senegal,
un’avventura-fallimento costata a Roma più di 16 milioni di euro
e a Dakar un’emergenza rifiuti senza precedenti degenerata in
un’epidemia di colera. L’ex dirigente, oggi come allora, la
descriverebbe così: «Ama-Senegal sotto la giunta Veltroni ha
solamente prodotto un danno erariale che dovranno pagare i
cittadini, 23mila casi di colera accertati e un centinaio di morti,
1.600 lavoratori senegalesi licenziati in tronco, più 1». Lui, appunto,
prima ridimensionato e poi fatto fuori definitivamente dall’azienda
«perché già dall’Africa ho cominciato a denunciare tutto, per
esempio il fatto che i nuovi compattatori appena acquistati
erano in realtà vecchi e senza motore!».
Una storia che puzza dalla testa, quella di Ama-Senegal, cominciata
 nel 2001 quando il consiglio comunale guidato da Veltroni autorizza 
la commessa per il servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti urbani 
a Dakar proposta alla municipalizzata da una società svizzera 
nonostante le forti obiezioni «sulla convenienza dell’affare - annota 
la Corte dei Conti - in ragione delle clausole contrattuali e delle difficoltà
 legate al contesto in un paese ad alto rischio». L’epilogo nel 2006 lo 
scrive l’allora presidente della Repubblica senegalese, annunciando 
«la rescissione del contratto con Ama» a causa degli evidenti problemi
 gestionali che, già da tempo ormai, avevano ridotto la Regione ad una 
cloaca. Una figuraccia che nasconde anche numeri drammatici: «Il
 mix acqua-rifiuti - scriveva all’azienda Fumelli - sta provocando 
epidemie di malaria e colera, cause di mortalità tra la popolazione 
locale. L’acquisto di mezzi sprovvisti di forche alza-cassonetti e la 
mancata realizzazione di un’autorimessa con officina per riparare 
quei pochi rimasti ha fatto sì che ogni giorno restino in strada fino 
a tremila tonnellate di rifiuti, mentre il servizio di raccolta e 
spazzamento versa in condizioni al limite delle più elementari norme
 igienico-sanitarie, aggravato dalle eccezionali piogge che hanno investito 
il Paese». Rimosso dal ruolo di direttore tecnico, Fumelli viene incaricato
 di seguire i lavori di realizzazione della discarica, ma in quei giorni il 
caso Senegal finisce sui giornali: «Il 16 gennaio 2006 i tg italiani
mandano in onda le immagini dello scandalo in seguito al sopralluogo
 di alcuni parlamentari e il 17, un giorno dopo, mi arriva la lettera di 
risoluzione del rapporto di lavoro». Anche Fumelli, in un primo tempo, 
viene invitato a dedurre dalla Procura regionale della Corte dei Conti, 
che ipotizzava «l’omesso controllo sull’andamento della commessa». 
Col successivo chiarimento, comunque, la posizione è stata archiviata
 a differenza di quanto avvenuto per gli altri soggetti coinvolti, chiamati 
a risarcire il danno erariale certificato in 16 milioni di euro tra 
ricapitalizzazione della municipalizzata e investimenti fallimentari: 
Alvaro Moretti (presidente di Ama Senegal e direttore generale di Ama
 International), Giovanni Fiscon (ex direttore generale di Ama arrestato 
nel quadro dell’inchiesta Mafia Capitale), Domenico Tudini, all’epoca 
ad di Ama e Demetrio De Stefano, al timone 
della Asp di Ciampino. Alla fine, in realtà, neanche 
loro pagheranno un euro, avendo le sezioni unite civili della Corte di
 Cassazione negato - a dicembre - la giurisdizione alla Corte dei conti 
in accoglimento di uno dei ricorsi presentati dagli ex amministratori.
 La giunta Marino, poche settimane fa, ha comunque deciso di non 
lasciare perdere deliberando «di rivolgerci al giudice ordinario per 
chiedere che gli allora amministratori risarciscano i presunti danni». 
Chi ha già pagato, invece, si è messo l’anima in pace: «Dopo aver 
promosso un’azione legale davanti al giudice del lavoro - conclude 
Fumelli - sono fuori definitivamente da Ama».

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