giovedì 19 gennaio 2017

Porto Tolle: assolti in appello Conti, Scaroni e Tatò

Il Sole24Ore - Pagina: 14
19 gennaio 2017
Porto Tolle: assolti  in appello  Conti, Scaroni  e Tatò
Jacopo Giliberto
venezia
Ieri pomeriggio la Corte d’appello di Venezia ha assolto Franco Tatò, Paolo Scaroni e Fulvio Conti — i quali si succedettero all’incarico di amministratori delegati dell’Enel — dall’accusa di pericolo di disastro ambientale per i fumi della centrale elettrica di Porto Tolle, nel delta del Po. I giudici d’appello hanno deciso che il fatto non sussiste. Cioè zero totale, assoluzione con formula piena, il reato contestato non è stato nemmeno commesso. Respinte anche le richieste di risarcimento.
Durante il giudizio di primo grado a Rovigo, nel marzo 2014, Tatò e Scaroni erano stati condannati a tre anni di reclusione, mentre Conti era stato assolto perché il fatto non costituisce reato.
La colossale centrale elettrica di Porto Tolle dagli anni ’70 si trova nel luogo di maggiore pregio ambientale del Polesine, la punta estrema del delta protetta dal Parco regionale. La ciminiera di oltre 250 metri risulta ancora l’edificio più alto d’Italia e dalla sua terrazza sommitale nelle belle giornate si distingue all’orizzonte il profilo dei monti dell’Istria. Dopo un progetto di abbandonare l’olio combustibile e ammodernarla con le tecnologie per l’uso del carbone, da due anni la centrale sull’isola di Polesine Camerini è stata messa in pensione. Ora l’Enel attraverso il progetto Futur-E ha avviato la procedura di dismissione e vendita per attività diverse. Dal punto di vista ambientale, quella ciminiera ha sempre avuto un forte valore simbolico, visibili a grande distanza da Veneto ed Emilia non solamente il cilindro dipinto a strisce bianche e rosse ma anche il manto di fumo solforoso rosa in alta quota che dominava tutto il Polesine quando la centrale era in marcia.
La Procura di Rovigo aveva deciso di dichiarare la guerra contro quel simbolo. Come fanno anche altre procure animate da un risentimento contro i simboli dell’inquinamento, la magistratura polesana aveva raccolto perizie secondo le quali i fumi della centrale, pur nei limiti di legge, avevano provocato catastrofi ambientali e avevano seminato strage fra i cittadini. Disastro ambientale, questa l’accusa.
I giudici di Rovigo, esaminato il caso, hanno indebolito moltissimo l’ipotesi della pubblica accusa: non è il disastro ambientale immaginato dalla Procura, dissero, ma un più lieve pericolo di disastro ambientale. Cioè (dissero i giudici) il disastro non c’è stato, ma avrebbe potuto accadere. Quindi decisero di condannare Tatò e Scaroni (non Conti) e di fissare una provvisionale complessiva di 430mila euro suddivisa tra le parti civili (ministeri dell’Ambiente e della Salute, Provincia di Rovigo, alcuni Comuni polesani, Legambiente, Italia Nostra, Greenpeace e Wwf). Ora, con la nuova sentenza ogni accusa si è dissolta del tutto.
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Jacopo Giliberto

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