sabato 28 gennaio 2017

Carni radioattive in Liguria, capi abbattuti nel Biodistretto della Val di Vara

Tracce dell’isotopo anche nel foraggio. La Regione Liguria: “Nessun pericolo per le persone”

Tant’è che in queste ore l’intera comunità trattiene il fiato. Sopratutto perché sulla qualità dei propri prodotti ha costruito la sua - meritata - fortuna. L’azienda al centro degli accertamenti si trova infatti nel cuore di quel Biodistretto della Val di Vara che ha appena compiuto dieci anni e che è diventato un marchio apprezzato non solo nella nostra regione; conosciuto anche all’estero.
Il concetto di Biodistretto è stato elaborato da Aiab (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) nel 2006, con l’intento di sviluppare l’idea di conversione territoriale al biologico. Il distretto “naturale” è localizzato nell’Alta Val di Vara, la porzione più interna del territorio della provincia della Spezia, e comprende i Comuni di Varese ligure, Maissana, Carro, Carrodano, Zignago, Sesta Godano e Rocchetta Vara. La zona, al fine di garantire sufficiente omogeneità dal punto di vista ambientale e socio-economico, si estende su un territorio contiguo di circa 345 chilometri quadrati.

E che la presenza di due isotopi radioattivi, lo “Stronzio 90” e il “Potassio 40” nel foraggio e nelle ossa degli animali sia tutt’altro che sottovalutata, lo dimostra la riunione convocata urgentemente giovedì scorso dalla Regione, dai tecnici diretti da Francesco Quaglia, direttore generale del Dipartimento della Sanità. All’ordine del giorno il caso Rocchetta Vara. L’azienda zootecnica che produce carni e fa altre attività collaterali.
Tutto inizia verso la fine dello scorso giugno, quando gli ispettori veterinari della Asl di Spezia, durante un normale e consueto controllo sugli alimenti, individuano la presenza di sostanze radioattive sulle carni prodotte dal quell’azienda. Vengono inviati dei campioni all’Istituto Zooprofilattico di Foggia, e dopo i tempi tecnici non brevi arriva il responso: tracce delle due sostanze radioattive sono presenti sia nel foraggio che nelle carni analizzate. La prima è un isotopo (atomo alterato) artificiale, cioè sprigionato dalla fissione nucleare e lo si trova generalmente quando vi sono incidenti nelle centrali. Era stato individuato dopo il disastro di Cernobyl e solitamente si fissa nelle ossa degli esseri viventi. Solitamente lo “Stronzio 90” si trova insieme al “Cesio 137” e il “134”. Quest’ultimo elemento, però, non è stato riscontrato dalle analisi in Val di Vara. Il “Potassio 40”, invece, è un isotopo naturale, facilmente rilevabile in natura.

Sulla base di quanto riscontrato, la Asl Cinque avvisa la Regione, il Ministero della Salute e la Procura di La Spezia. «Non c’è alcun pericolo per la salute pubblica, si tratta di una situazione confinata e sorvegliata - assicura però Francesco Quaglia -: le carni non sono finite sul mercato, tant’è che due animali sono stati abbattuti, gli altri isolati». Comunque, partono ulteriori accertamenti. «A maggior ragione se si è in presenza di risultati positivi e negativi, talvolta contrastanti, seppure degli stessi campioni - precisa Quaglia - tant’è che è necessario fare un approfondimento ed appurare la natura e la provenienza». Anche sui terreni e nelle acque utilizzate per irrigare e all’interno dell’azienda zootecnica, affidando gli esami all’Arpal. Sopratutto perchè si vuole escludere che i riscontri della radioattività possano essere errori strumentali. http://genova.repubblica.it/cronaca/2017/01/28/news/carni_radioattive_in_liguria_capi_abbattuti_nel_biodistretto_della_val_di_vara-157031902/?rss=&ref=twhr&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter

Nessun commento: