mercoledì 26 ottobre 2016

Parchi, al Senato la riforma che non piace agli ambientalisti A 25 anni dall'approvazione della legge sulle aree protette è in discussione a Palazzo Madama un progetto di riassetto. Tutti d’accordo nel voltare pagina, tutti in disaccordo sulle ricette da adottare

di Maurizio di Fazio Nel 1991 veniva approvata la legge quadro sulle aree protette (la 394/91), la prima del genere in Italia. Un quarto di secolo dopo, è in discussione al Senato la sua riforma dopo il via libera della Commissione Ambiente. Se tutto filerà liscio, la nuova legge arriverà nel 2017.

Tutti si dicono certi della necessità di una ristrutturazione profonda della 394/91. Perché quella era una legge figlia del suo tempo, che tutelava poco più del dieci per cento del territorio patrio. Allora i Parchi nazionali non erano i giganti fragili di adesso, con la biodiversità in pericolo, bisognosi di cure, impulsi economici e contesti normativi stringenti. Venticinque anni fa, inoltre, non erano ancora all’ordine del giorno (tranne pochi casi) le riserve marine protette né soprattutto gli inquietanti mutamenti climatici d’oggi, dal surriscaldamento del pianeta all’aumento del livello del mare.

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Tutti sappiamo quanto possa essere utile, nella lotta contro questi fenomeni irreversibili, l’ecosistema dei Parchi, che nella nostra penisola assorbono il 62 per cento della superficie forestale e conservano 63 milioni di tonnellate di carbonio.

Tutti d’accordo nel voltare pagina, tutti in disaccordo sulle ricette da adottare. E c’è chi parla di legge pasticciata, inservibile dopo tutta questa attesa.

Da un lato la politica e la Federparchi, “il sindacato” dei Parchi nazionali; dall’altro pressoché tutte le associazioni ambientaliste(dal Wwf al Fai, da Greenpeace a Legambiente), mai tanto unite, che si sono sentite escluse e hanno firmato un documento congiunto inviato a tutti i senatori, affollato di richieste di correzioni e integrazioni alla legge.

“Dopo tre anni di esame e un'indagine conoscitiva, il Parlamento ha varato un provvedimento che finalmente aggiorna la legge sui parchi alle nuove esigenze degli enti, rafforzando le finalità di conservazione dell'ambiente e aprendo nuove opportunità di sviluppo sostenibile” ha annunciato il senatore del Pd Massimo Caleo, vicepresidente della Commissione Ambiente e relatore del disegno di legge.

Questo un piccolo stralcio della replica delle sigle ambientaliste, guidate dal Wwf: “Abbiamo chiesto che dopo la Conferenza nazionale della biodiversità se ne celebrasse anche una sulle aree protette, come luogo e momento dedicato ai punti da aggiornare o modificare della legge 394/91. Una richiesta che né il Ministero né le Regioni hanno accolto. Non bastano, per cambiare una legge così importante, le “indagini conoscitive parlamentari”. Gli aggiustamenti tecnici alla legge sulle aree protette, che il Senato sta realizzando, non bastano al rilancio del sistema. Anzi, in molti casi non risolvono affatto diverse questioni aperte”.

Prendiamo il previsto mutamento di rotta nella governance dei Parchi. La legge in esame al Senato parla di un suo deciso snellimento e rinvigorimento, con maggiori poteri assegnati ai presidenti dei Parchi. Che non potranno più rivestire altri incarichi elettivi, nemmeno negli enti pubblici, dice ancora il testo. Il loro diventerà un lavoro esclusivo e full-time e dovranno capirne davvero qualcosa di ambiente. E d’ora in avanti saranno cooptati attraverso mirate selezioni pubbliche, non più pescando nell’albo dei direttori di Parco (abrogato).

“La governance dei Parchi resterà debole, e sovente politicizzata – controbattono gli ambientalisti -. Nei Consigli direttivi dovrebbero avere maggiore rilevanza i soggetti portatori di interessi generali, come la ricerca scientifica e le associazioni ambientaliste, e per allargare la partecipazione dei cittadini andrebbe istituita una Consulta del Parco”. E che dire della” latitanza di un dirigente in pianta organica per svolgere mansioni ordinarie che, giocoforza, ricadono sui direttori?” – lamentano ancora -. Troppo spesso mancano figure come veterinari, biologi, tecnici, pianificatori, geologi, esperti in beni culturali e in marketing territoriale”.

La legge prevede anche nuove e meno bizantine procedure per la delimitazione e la gestione delle Aree marine protette. Ma per Wwf e colleghi non è sufficiente: queste Aree dovrebbero assumere una dignità istituzionale analoga a quella degli Enti Parco, con le necessarie dotazioni gestionali e adeguati investimenti.

Bene il Piano (unico) del Parco che ingloberà quello, ora rimosso, di sviluppo economico e sociale: oltre alla tutela dei valori naturalistici e ambientali, culturali, storici, si potrà così pensare alla promozione e alla valorizzazione del territorio, del patrimonio locale, del turismo. E basterà un solo nulla osta, senza più necessità di un passaggio ulteriore alla Soprintendenza.

Rimandati invece a settembre i versamenti di un contributo per i “servizi ecosistemici offerti” (appannaggio dei gestori di impianti e strutture presenti nel parco), anche attraverso l’introduzione di un ticket d’ingresso per i visitatori e la circolazione a pagamento del brand-parco: secondo gli ambientalisti, queste preannunciate royalties potrebbero rivelarsi un piano troppo inclinato, intricato, irto di conflitti di interesse, “le possibili integrazioni economiche per i Parchi non devono influenzare in alcun modo il rilascio di pareri e nulla osta, ovvero la loro libera attività. E le royalties per attività già autorizzate non vanno incamerate direttamente dagli Enti parco territorialmente competenti; al contrario, gli incassi percepiti dovrebbero finanziare un fondo facente capo al Ministero dell’Ambiente per progetti di conservazione degli Enti parco, possibilmente di sistema”.

Spazio poi al divieto esplicito di caccia nei Parchi, e alla salvaguardia della biodiversità nella rinnovata 394/91 grazie ai “Piani di gestione della fauna selvatica”, previo parere inderogabile dell’Ispra (ma obiettano gli ambientalisti: “se non si rettificano le modalità di gestione della fauna, c’è il rischio di aprire varchi pericolosi nelle azioni di tutela e incorrere in infrazioni comunitarie”).

potrebbero vedere presto la luce nuovi Parchi nazionali, quello del Delta del Po e in prospettiva i Parchi del Matese e di Portofino.

La legge in discussione sorvola sull’imminente trasformazione del Corpo Forestale dello Stato, e la cosa non sfugge alle diciassette associazioni ambientaliste sul piede di guerra: “Oggi i Parchi nazionali (salvo i due "storici", il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e quello Gran Paradiso dove sono previste situazioni "miste") hanno un servizio di sorveglianza garantito per legge dal Corpo Forestale che, come è noto, con l'inizio del prossimo anno confluirà nell'Arma dei Carabinieri”. Chi provvederà in futuro? Chi proteggerà la fauna e gli avventori umani dei Parchi nazionali?

A favore della riforma delle aree protette si professa invece la Federparchi, già adesso il loro sindacato di riferimento, a cui la nuova legge assegnerebbe una sorta di “rappresentanza automatica e d’ufficio” degli Enti Parco: “è un grande passo in avanti per l’Italia dei parchi”, sostengono. http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/10/25/news/parchi-al-senato-la-legge-che-non-piace-agli-ambientalisti-1.286559?ref=HEF_RULLO

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