venerdì 29 luglio 2016

Raggi, Cerroni e il Pd: cosa succede sui rifiuti romani

di Luca Sappino

La cacciata dei vertici di Ama, le indagini per truffa, la trattativa con il Re dei rifiuti, lo spettro della riapertura di Malagrotta. Ma anche l’obiettivo Rifiuti zero e una delibera su cui i 5 stelle si astennero. Un punto sulla “monnezza” di Roma

Roma non è l’unica città che sta vivendo una crisi del ciclo dei rifiuti, anzi. La crisi romana, coi cassonetti stracolmi e le strade sporche, con trecentomila chili di rifiuti non raccolti ogni giorno - seminati «a macchia di leopardo», come li definisce l’Ama - e settemila tonnellata accumulate, in attesa, nelle fosse degli impianti, non è neanche una delle più gravi.

Per la Sicilia, ad esempio, il sottosegretario Davide Faraone (che di Rosario Crocetta, pur essendo collega di partito è nei fatti un oppositore) ha chiesto al governo di nominare un commissario straordinario, per sbloccare la situazione. I cumuli di Palermo in effetti fanno sembrar pulite le strade romane, a confronto.

Però quella dei rifiuti è la prima vera grana che deve affrontare la giunta Raggi, tra la rabbia dei cittadini, le polemiche sul suo assessore e le accuse delle opposizioni, dem in testa, soprattutto per un inatteso rapporto creatosi - giocoforza, dicono i grillini - con Manlio Cerroni, il mitologico re dei rifiuti romani, proprietario della smisurata discarica di Malagrotta - duecentoquaranta ettari di rifiuti - e di altri centri per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, tra cui l’ormai celebre tritovagliatore di Rocca Cencia, costruito da Cerroni proprio vicino agli impianti di Ama, ma dato recentemente in affitto al gruppo Porcarelli.



Il tritovagliatore di Rocca Cencia è un impianto - che la giunta vorrebbe riaccendere - che lavora i rifiuti indifferenziati, separando la parte combustibile da quella che va in discarica, e «che può - assicura Cerroni - trasformare in combustibile mille tonnellate di rifiuti al giorno». È dunque perfetto, dice, per smaltire i rifiuti accumulati in queste settimane. Rocca Cencia - notazione geografica - è una zona di Roma fuori dal Grande raccordo anulare, tra la Prenestina e la Casilina.

Una via - via di Rocca Cencia - che dista 25 chilometri dal Campidoglio, muovendosi in direzione est. Lì, come detto, ci sono già alcuni impianti di proprietà di Ama, non tritovagliatori però ma Tmb, acronimo che sta per trattamento meccanico biologico, una procedura che ha lo stesso fine, separare il cdr, combustibile, dal rifiuto da discarica, ma che è un po’ più avanzata, come tecnologia, ed è soprattutto un servizio con il costo standardizzato, stabilito cioè da una tabella regionale.

Per il Tmb il prezzo è dunque lo stesso chiunque sia il proprietario dell’impianto. Deve quindi fare tariffa concordata anche Cerroni, nei suoi due Tmb di Malagrotta, uniche strutture della discarica che ancora lavorano. Gli impianti di Ama, quello di Rocca Cencia e un secondo sulla Salaria, infatti non bastano: per lavorare i rifiuti indifferenziati della Capitale, che solo poi potranno andare nelle discariche (tutte fuori regione o all’estero), servono a Roma almeno quattro Tmb.

Che però - come evidente - spesso non bastano. Non bastano quando qualcuno si rompe (come capitò un anno fa all’impianto Ama sulla Salaria) e servono 48 ore per cambiare un pezzo. E non bastano però quando gli impianti di Cerroni adducono «problemi logistici». Rallentano anche solo del 10 per cento, e così si crea l’emergenza: «motivi logistici» dice Cerroni, che ha subito la soluzione, rallentando l’intero ciclo dei rifiuti.

I camion attendono in coda il loro turno per scaricare e non possono tornare in città a prendere altri rifiuti: è più o meno questo quello che sta accadendo, il problema che Raggi deve risolvere. Il rallentato ciclo dell’indefferenziata, infatti, rallenta anche il ciclo della raccolta differenziata, che percentualmente è ancora limitata ma coinvolge comunque un milione di romani: i camion sono infatti gli stessi, anche se i rifiuti differenziati vanno poi verso altri impianti (quasi tutti fuori regione, individuati con apposite gare e al momento sufficienti): impianti di compostaggio, per l’umido, o di riciclo, per la plastica, il vetro, la carta e l’alluminio.

Il ciclo si blocca, dunque, e Cerroni - o meglio il Consorzio laziale rifiuti - offre il suo tritovagliatore. Ogni tonnellata di rifiuto trattata lì, però, costa circa 30 euro in più rispetto alla stessa tonnellata trattata nel suo Tmb.

Non è il massimo - per le casse pubbliche - ma l’idea è piaciuta subito all’assessore Paola Muraro che ha come obiettivo prioritario quello di liberare in fretta le strade. Tant’è che Muraro e il deputato Vignaroli - uno dei 5 stelle usciti dai comitato per la bonifica di Malagrotta - convocano l’arcinemico in una riunione “segreta”. Lì si stringe un patto con Cerroni: non è il massimo ma non c’è alternativa, hanno pensato, almeno per tamponare l’emergenza.

Cerroni però non è uno - diciamo - che code di buona stampa, simbolo del vecchio potere, novantenne non proprio affabile, in attesa di una sentenza per associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. E così lo scontro con il presidente di Ama Daniele Fortini, contrario all’operazione, ha avuto molta eco, e non tanto per il blitz di Muraro nella sede di Ama, rilanciato in una diretta streaming a cui Fortini aveva acconsentito, pur controvoglia.

Fortini dice che non può mandare i rifiuti in un altro impianto di Cerroni «senza una gara» o senza un mandato esplicito dell’amministrazione che con una ordinanza del sindaco può imporre ad Ama di ignorare le norme, soprattutto per un emergenza sanitaria. Ama di suo non può perché il tritovagliatore - a differenza del Tmb che non va messo a gara - non ha un prezzo calmierato.

Fortini poi, nel piano operativo richiesto e ottenuto dalla giunta con il blitz, segnala anche che l’impianto di Rocca Cencia - insieme a tutti gli altri impianti del genere, però - è sotto inchiesta della magistratura, perché si teme - tra le altre cose - produca scarti difformi da quanto previsto dalla legge, e questo sì che potrebbe essere un problema.

Per le opposizione sono tutti argomenti ricchissimi, dalla riunione segreta («Nulla di male», dicono dai 5 stelle, «è stata una riunione operativa anche se non in sede istituzionale, ma sì, avremmo dovuto renderla pubblica noi») alle tariffe fino alle inchieste e pure all’astensione, ripescata, dei 5 stelle su una delibera votata nel 2014, il piano “rifiuti zero”: «È incredibile», si mostrano increduli dal Campidoglio, «che vogliano far passare l’idea di un complotto del Movimento 5 stelle con Cerroni, quando sono loro ad averlo sostenuto per anni».

Fortini comunque dice no, lo conferma nel piano che consegna alla Giunta, e così tocca ai 5 stelle insistere, se vorranno, anche se pure per loro - soprattutto per loro - Cerroni è sempre stato il simbolo della cattiva amministrazione romana, con la discarica di Malagrotta che ha continuato a riempirsi per anni in deroga, in violazione delle norme europee.

La scelta va ancora fatta - e non è detto che gli ultimi sviluppi non facciano cambiare idea a Muraro - ma come comunicazione già la trattativa non è facile da gestire. Il rapporto con Cerroni è una bella novità. I cinque stelle plaudirono infatti alla chiusura di Malagrotta, che - è il momento di dire - non è la causa dell’emergenza di questi giorni.

«Non c’entra nulla Malagrotta» spiega a ragione all’Espresso Estella Marino, ex assessore ai rifiuti della giunta di Ignazio Marino, che Malagrotta l’ha chiusa nell’ottobre del 2013, «perché i rifiuti non trattati non potrebbero comunque più andare in discarica, per legge, e il collo di bottiglia sono infatti gli impianti di trattamento meccanico biologico».

Chiudere la maxi discarica era e resta dunque la cosa giusta da fare (come dicono ancora anche i 5 stelle), ma siccome quella toccata a Raggi non è certo la prima crisi del ciclo, «la giunta avrebbe dovuto resistere alle pressioni di Cerroni e rivolgersi al prefetto», continua Marino, «come abbiamo più fatto noi ogni volta che si manifestavano inspiegabili difficoltà logistiche».

Resistere finché l’aumentare della differenziata (dove Cerroni non ha impianti) non avesse reso superflui gli impianti di Malagrotta e permesso di alleggerire anche quelli di Ama, in particolare quello sulla Salaria. Se Manlio Cerroni può invece dire con soddisfazione «alla fine tornano sempre da me, è nella forza delle cose», è perché «i cinque stelle» - dice ancora Marino - «vogliono dare alla città la risposta più semplice».

E le accuse che muove Marino e soprattutto il Pd sarebbero anche corrette se non fossero pure un po’ curiose, quelle dem, siccome è da 40 anni, comprese le giunte del centrosinistra e poi di Alemanno, che Cerroni ottiene deroghe e consolida il suo ruolo da monopolista, che rende così efficaci le sue proposte. Per capirci: anche gli impianti di Ama a Rocca Cencia - su cui indaga la magistratura, per truffa, frode e associazione a delinquere - li ha costruiti Cerroni, tant’è che sono vicini al suo, attraverso la Sorain Cecchini.

Dallo staff del sindaco una voce incredula infatti dice: «Se Cerroni ha il monopolio e solo a lui, su Roma, ci si può rivolgere, non sarà mica colpa nostra, no?». Ha però ragione il presidente del Pd e commissario romano Matteo Orfini (per cui stanno addirittura «accadendo cose davvero inquietanti» sui rifiuti) a ricordare che Virginia Raggi in campagna elettorale diceva che «a Roma il problema rifiuti ha un solo nome: Cerroni».

Di fronte all’emergenza, Raggi ha scoperto così nuovamente le insidie delle responsabilità di governo. Cerroni è così la soluzione, oltre che il problema, se si vuole risolvere in fretta e rivendicare il risultato immediato. Bisogna capire se sarà effettivamente la soluzione scelta, e quindi se Raggi la considererà l’unica. Se non si accontenterà e fiderà quindi di Ama che ha assicurato - anche senza accendere Rocca Cencia - di risolvere tutto entro il 20 agosto, come chiesto, ma forte di puntando molto su alcuni turni straordinari, sulla manutenzione del Tmb della Salaria e soprattutto sulla storica diminuzione dei rifiuti dei romani nella settimana di Ferragosto.

Strategia che però non sembra convincere molto Muraro. Che ha la piena fiducia di Raggi, anche se i 5 stelle stanno scontando, nella polemica, anche il fatto di essersi affidati a una tecnica del settore, sì, ma che con Ama ha un contenzioso aperto e di Ama è stata consulente con funzioni di dirigente per dodici anni. Era responsabile proprio dei Tmb, anche se lei, pronta a rinominare tutti i vertici di Ama, precisa: «Ero solo una consulente. II consulente consiglia, non dirige». Gli impianti di Tmb su cui sta indagando la magistratura, attivata dai dossier di Fortini, arrivando a individuare, pare, anche alcune responsabilità in Ama. http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/07/29/news/raggi-cerroni-e-il-pd-cosa-succede-sui-rifiuti-romani-1.279034

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