Eppure, è ormai dimostrato con certezza che i danni alla salute provocati dalla esposizione al rumore oltre certi limiti sonogravissimi e quanto meno equivalenti a quelli provocati dagli altri inquinamenti, anche se non ce ne accorgiamo subito.
Lo specchio più fedele di questa grave sottovalutazione è dato proprio dalla normativa speciale dove obblighi e divieti, specie se riferiti ad aeroporti o traffico ferroviario, sono sfumati al massimo,senza sanzioni adeguate e con delega di applicazione a organi che, spesso non hanno neppure i mezzi tecnici per accertare la situazione.
A livello penale, siamo rimasti al codice Rocco e, in particolare, al solito art. 659 (già ne abbiamo parlato su questo blog a proposito di movida e schiamazzi notturni) che punisce con l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 309 euro “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone…”.
Eppure, nonostante la sua innegabile genericità, questa norma ha costituito per decenni la più rilevante difesa contro l’inquinamento acustico, in qualsiasi modo provocato, dal cane che abbaia alle radio ad alto volume, dalla motocicletta agli allarmi, dal rodaggio di autoveicolo con motore acceso per 2 giorni di seguito all’uso in appartamento di calzature particolarmente rumorose.
Leggendo le vecchie sentenze della Cassazione, peraltro, si capisce quanto sia cambiato, negli anni, il concetto di inquinamento acustico. Nel 1964, ad esempio, la suprema Corte affermava che “nel caso di canti notturni non vale ad escludere il reato la tesi difensiva che è viva nell’Italia meridionale la tradizione del bel canto, perché, a prescindere che nella specie non vi è la prova che le esercitazioni vocali fossero autentici canti e non schiamazzi di ubriachi, anche le vibrazioni sonore di un’ugola ben coltivata sono idonee a disturbare il riposo notturno delle persone“. Trent’anni dopo, confermava la (sacrosanta) condanna ad un parroco che aveva “fatto funzionare il suono delle campane della chiesa, azionato da orologio elettrico, di giorno e di notte ogni quarto d’ora, con rumori eccedenti i limiti di tolleranza acustica e conseguente disturbo al riposo e alle occupazioni delle persone“.
Oggi, l’inquinamento acustico è di tutt’altro tipo ma le leggi ancora non ci sono. Basta pensare a chi abita vicino ad un aeroporto. E, non  caso, negli ecoreati, non si parla di rumore. Ma, in compenso, si punisce il “disastro ambientale abusivo”. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/31/inquinamento-acustico-il-danno-ce-ma-le-leggi-ancora-mancano/2175676/