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Tribunale
di Latina
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P.
Giudice:
Dott. G. Marcelli
Relazione
Finale
Dott.
Chim. Tomaso Munari
Sommario
Premessa
e ricostruzione delle informazioni disponibili
....................................................... 1!
I
quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice
....................................................................................
5! Le
attività peritali
..................................................................................................................
6!
Generalità
sul percolato di discarica
....................................................................................
8! Stato
dei luoghi prima degli interventi di “bonifica”
............................................................ 11!
La
progettazione e la realizzazione delle opere di “bonifica”
............................................. 14!
Il
monitoraggio delle acque sotterranee e delle opere di “bonifica”
................................... 19!
Qualità
e quantità del percolato prodotto dalla discarica
................................................... 22!
Criticità
individuate nella documentazione in atti
............................................................... 25!
Le
indagini di campo e sperimentali
...................................................................................
26! Prime
evidenze dalle attività di campo
...............................................................................
31! Evidenze
dai riscontri chimico analitici
...............................................................................
32!
Valutazioni
conclusive
........................................................................................................
38! Risposte
ai quesiti
..............................................................................................................
39!
Premessa
e ricostruzione delle informazioni disponibili
La
deposizione dei rifiuti urbani (nel seguito RU) nel sito di Borgo
Montello è iniziata nei
primi
anni '70 per decisione del Comune di Latina (discarica S0); nel tempo
si sono
succeduti
nella gestione delle discariche (S1, S2 e S3) numerosi soggetti che
hanno
operato
in base alle autorizzazioni ottenute, all'evolversi della normativa
del settore
nonché
dei problemi ambientali che si sono manifestati.
Attualmente
operano nel sito due società, ECOAMBIENTE e INDECO, alle quali è
affidata
la
gestione di due diverse contigue ma separate aree di discarica.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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La
documentazione riguardante l’area ECOAMBIENTE (oggetto del presente
giudizio),
acquisita
dal fascicolo e resa disponibile dal consulente degli indagati Prof.
Umberto
Belluco
(riportata
nel disco in allegato fuori testo),
è estremamente corposa, con alcuni
doppioni,
ma non può essere ritenuta esauriente per chiarire il reale stato
ambientale del
sito.
Risultano,
infatti, poco illuminanti sia le cartografie dello stato attuale dei
manufatti e delle
opere,
con particolare riferimento ai sistemi di gestione delle acque e dei
percolati, sia le
modalità
di gestione e controllo messe in atto rispetto a quelle previste nei
progetti e nelle
autorizzazioni
delle opere. Queste informazioni sono rilevanti per comprendere quale
sia
l’attuale
situazione di utilizzo e/o di gestione dei singoli invasi che
costituiscono la
discarica.
Assai
limitate appaiono inoltre le informazioni relative ai pozzi di
raccolta percolato, né
appare
siano mai state prodotte informazioni circa le caratteristiche
chimiche, o le
produttività,
dei percolati raccolti dai singoli pozzi di raccolta.
La
ricostruzione della geologia del sottosuolo, certamente assai
complessa sia per cause
naturali
che per le alterazioni indotte dalle attività umane - sia in tempi
precedenti alla
realizzazione
delle discariche sia conseguenti all'attuale uso del sito - non
fornisce
elementi
sicuri di valutazione circa la congruità delle “opere di
bonifica”1
e
altrettanto
inconclusive
e/o insufficientemente informative, risultano le indagini chimiche ed
idrologiche
condotte negli anni.
Si
rammenta che dette indagini sono state realizzate da molteplici
soggetti, tra cui ARPA
LAZIO
che ha, tra l'altro, elaborato un modello per descrivere la
circolazione delle acque di
falda
nel sottosuolo della discarica2
ma,
a causa della complessa geologia e dei limiti
conoscitivi
sulla reale natura del sito e delle opere realizzate, il modello non
può essere
considerato
pienamente soddisfacente.
Prima
di addentrarsi nell’analisi dei problemi esistenti, è opportuno
ricordare che la società
ECOAMBIENTE,
a fronte della preesistente conclamata contaminazione delle acque
sotterranee,
già dal 1998 aveva presentato un progetto di “bonifica”
dell'area che
prevedeva
la realizzazione di un diaframma plastico con cemento bentonitico
(una barriera
fisica)
allo scopo di eliminare le fuoriuscite di percolato che si erano
manifestate nel sito e
che
avevano costretto l'amministrazione ad intervenire con provvedimenti
di diffida ai
1
Più
propriamente “messa in sicurezza”, vedi nel seguito del testo.
2ARPA
LAZIO “Discarica di B.go Montello - Monitoraggio idrogeologico
finalizzato al collaudo ambientale
delle
opere di messa in sicurezza realizzate e alla valutazione
dell’impatto dell’opera sul sito - Relazione
finale
Luglio 2005 – Luglio 2008”.
Proc.
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precedenti
gestori dell’impianto, realizzando quindi un opera di “messa in
sicurezza
permanente”
del sito3.
Il
progetto di bonifica iniziale ha subito numerose modifiche ed
integrazioni sia per la
necessità
di avere la disponibilità di nuovi spazi per lo smaltimento di RU
prodotti dal
circondario
di Latina che per contemplare l’adeguamento a sopraggiunte e più
stringenti
normative,
quali il Dlgs. 13 gennaio 2003 n. 36.
In
conseguenza delle necessità di smaltimento di RU del comprensorio,
nell'ambito del
progetto
per l'intervento di bonifica, sono state previste (e poi create)
nuove volumetrie,
disponibili
per i rifiuti, a sedime invariato4.
La
parte più impegnativa dell'intervento di “bonifica” doveva
essere la realizzazione di un
diaframma
impermeabile (cd. “polder”) attorno agli invasi delle discariche
S1, S2, S3
avente
uno sviluppo di circa 1600 metri lineari. Detto diaframma doveva
essere spinto nel
sottosuolo
fino ad immorsarsi sul fondo argilloso5.
Lo spessore del manufatto doveva
essere
compreso tra 0,6 e 0,8 metri mentre lo sviluppo lineare dell’opera
si doveva
ottenere
attraverso la realizzazione di “pannelli” di cemento colati
all’interno di trincee
verticali
realizzate mediante una benna mordente, i “pannelli” così
realizzati dovevano
essere
collegati tra loro con giunzioni sovrapposte per circa 0,4 - 0,5
metri.
Detto
“polder”, come già rammentato, avrebbe dovuto racchiudere i 3
invasi di discarica
contigui
contrassegnati dalle sigle S1, S2 ed S3.
Non
sono state comprese all’interno del cd. “polder” né la
discarica S0 (la più antica
dell’area)
né le discariche INDECO, né i successivi lotti ECOAMBIENTE - già
realizzati e/o
in
progetto - diversi dalle sopraelevazioni concesse a sedime invariato.
In
relazione alle informazioni sulle preesistenti discariche, risulta
che la discarica S0 sia
stata
realizzata priva di impermeabilizzazione sia sulle pareti laterali
che sul fondo e
altrettanto
privi di protezione risultano il fondo e le pareti laterali
dell'invaso S1 mentre
l'impermeabilizzazione
del fondo del lotto S2 dovrebbe essere solo parziale.
Con
il diaframma, che a progetto doveva essere immorsato nelle argille
impermeabili
basali,
ci si proponeva di impedire fisicamente il transito delle acque
sotterranee nel
terreno
sottostante gli abbancamenti di rifiuti ostacolando così la
diffusione del percolato
dall’area
sottostante le discariche nel sottosuolo al di fuori dell’area
sottostante le
discariche.
3
“Progetto
di bonifica degli invasi S1, S2, S3 in località Borgo Montello –
Relazione tecnica” - 1998
4
“Progetto
integrativo del progetto per la bonifica e la sistemazione definitiva
degli abbancamenti S1 S2 S3
… per
la creazione di ulteriori volumi di abbancamento – Relazione
tecnica” – 1998 e successive relazioni
2004
e 2006.
5
Progetto
di bonifica 1998
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Nel
corso delle opere di realizzazione del diaframma plastico verticale
si sono presentate
problematiche
tali da costringere la Direzione Lavori a una modifica del progetto 6
sostituendo,
nella parte inferiore del diaframma, il cd. “polder”, la prevista
barriera continua
impermeabile
in cemento bentonitico con iniezioni di cemento ad alta pressione,
cd. “jet
grouting”7.
Le
opere realizzate sono state descritte in una relazione di “progetto
costruttivo” nel
novembre
2001 e collaudate in data dicembre 2001.
Nel
progetto di “bonifica” sono state altresì previste, e
realizzate, opere complementari
quali
un sistema di drenaggio e recupero del percolato, la copertura
orizzontale
impermeabilizzante
dei bacini - onde limitare le infiltrazioni di acque meteoriche nel
corpo
della
discarica e quindi la generazione di percolato - la regimazione delle
acque di
ruscellamento
e la riprofilazione delle sponde degli invasi.
Il
completamento della maggior parte delle opere è avvenuto dal 2004 ed
il collaudo
tecnico
funzionale è stato eseguito per lotti, essendo questo vincolato
all’esaurimento e
chiusura
dei singoli lotti di discarica.
Contestualmente
all'esecuzione di questi lavori di messa in sicurezza, per far fronte
alle
necessità
di spazio per lo smaltimento di RU sono state ricavate nuove
volumetrie
abbancabili,
sia a sedime invariato (sopraelevazione degli invasi già colmi di
rifiuti), sia
ricavando
successivamente nuovi invasi per lo smaltimento di RU in aree
prossime a
quelle
già utilizzate8.
Solo
nel 2012 risultano collaudate tutte le opere di copertura
dell’insieme delle discariche
S1,
S2 ed S3 e di tutti gli ampliamenti (sopraelevazioni a sedime
invariato), pertanto
l’insieme
delle discariche oggetto delle presenti indagini è oggi nelle
condizioni di gestione
post
operativa prevista dal Dlgs 36/2003 ovvero nelle condizioni ottimali
di minimizzazione
delle
infiltrazioni delle acque.
Con
lo scopo di verificare lo stato d’inquinamento delle aree e
l'efficacia delle attività di
bonifica,
numerosi soggetti, nel tempo, hanno svolto attività di controllo
analitico e prodotto
un
notevole volume di dati (soprattutto Arpa Lazio).
Le
indagini eseguite hanno permesso di stabilire che nell'area di Borgo
Montello la qualità
delle
acque di falda e superficiali risente della presenza delle discariche
ma, a giudizio
degli
autori, non è possibile distinguere se la contaminazione abbia avuto
origine recente
6
Verbale
di collaudo in corso d’opera n. 3 del 25 settembre 2001 redatto dal
Prof. Ing. Renato Gavasci.
7
Verbale
di collaudo in corso d’opera n. 6 del 1 dicembre 2001 redatto dal
Prof. Ing. Renato Gavasci.
8
Con
filosofie costruttive “moderne” e in linea con le previsioni
normative attuali, sebbene lo scrivente non
abbia
approfondito le verifiche su queste aree.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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(dopo
il 2001 per la poca efficacia degli interventi effettuati - quali
l’impermeabilizzazione
dei
nuovi lotti e la realizzazione del cd. “polder”) o se sia
l’inevitabile conseguenza del fatto
che
nel sedime, da circa 30 anni, siano state realizzate discariche per
RU senza
l’adozione
di idonei accorgimenti per scongiurare la contaminazione delle acque
(soprattutto
S0, S1 e S2).
I
problemi rilevati hanno causato l'intervento della Magistratura
poiché, a fronte della
situazione
di fatto, potevano certamente sussistere problematiche aventi
rilevanza penale.
Il
Tribunale di Latina ha affidato nel 2005 ai dott. Ottaviani e
Ziemacki una complessa
perizia
la cui consegna è avvenuta circa tre anni dopo.
Le
conclusioni della perizia sono sostanzialmente in accordo con quanto
segnalato da
ARPA.
In
particolare si afferma che:
a)
è molto probabile l'esistenza di un contatto idraulico tra l'esterno
e l'acquifero confinato
dal
cd. “polder” e questo può essere avvenuto perché il cd.
“polder” non è stato
realizzato
correttamente o, pur essendo stato correttamente realizzato, la
realtà
stratigrafica
e/o litologica, malgrado l'accuratezza degli studi, è differente da
quella
prevista
in progetto.
b)
in base alle analisi chimiche effettuate sulle acque sotterranee si
nota un gradiente di
concentrazione
di alcuni parametri lungo la direttrice E-W cioè lungo la direzione
del
flusso
di falda verso il fiume Astura che è il corpo ricettore delle acque
sotterranee che
scorrono
sotto la discarica.
c)
solo dopo il completamento delle opere (in allora) in corso sarà
possibile verificare se
le
opere sono state correttamente realizzate.
Preso
atto di queste risultanze non conclusive l’Ill.mo Sig. Giudice del
Tribunale di Latina,
dott.
G. Marcelli, ha ordinato una nuova perizia ed ha affidato l'incarico,
in data 12
Dicembre
2012, allo scrivente dott. Chim. Tomaso Munari.
I
quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice
… attesa
la non concludenza degli atti investigativi fino ad ora compiuti,
procedere a
nuova
perizia che accerti, con riferimento ai bacini S1, S2, S3:
-
mediante prelievi sui pozzi interessati, l'esistenza di eventuali
contaminazioni chimiche e
microbiologiche
della falda acquifera;
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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-
in caso positivo, se tale contaminazione sia etiologicamente
riconducibile a negligenze o
imperizia
o comunque a condotta colposa ascrivibile alla ECOAMBIENTE nella
realizzazione
delle opere di impermeabilizzazione dei siti che ha o ha avuto in
gestione.
----------------------------------------
Le
attività peritali
Il
giorno 15 gennaio 2013, hanno avuto inizio le attività peritali con
un sopralluogo presso il
sito
di discarica (vedi verbali in Allegato 1.).
In
occasione dell’incontro lo scrivente Perito ha richiesto copia
della seguente
documentazione:
1)
Relazione di progettazione / realizzazione / collaudi delle opere di
impermeabilizzazione
dei bacini di interesse (S1, S2 e S3)
2)
Autorizzazioni/prescrizioni attuali e pregresse comprendenti:
a.
Gli interventi da realizzare sul sito;
b.
I monitoraggi interni e le modalità di esecuzione;
c.
Modalità di esecuzione dei pozzi (di monitoraggio e non) e
stratigrafie degli
stessi.
3)
Monitoraggi trasmessi agli enti di controllo e relazioni annuali;
4)
Monitoraggi pubblici delle acque sull’area vasta;
5)
Ubicazione dei pozzi ad uso idropotabile e irriguo, nell’area
vasta, con dati chimico
analitici
ed eventuali divieti di utilizzo delle acque;
6)
Eventuali relazioni relative alla qualità delle acque in periodi
precedenti alla gestione
Ecoambiente
dei bacini S1, S2 e S3;
7)
Planimetrie e sezioni storiche ed attuali che evidenzino l’evoluzione
nel tempo dei
bacini
S1, S2 e S3;
8)
Relazione geologiche a corredo dei progetti degli interventi;
9)
Planimetrie storiche comprendenti le aree destinate a discarica
(anche esterne al sito
Ecoambiente)
comprensive dei piezometri;
10)
Documentazione relativa all’attuale area di coltivazione della
discarica Ecoambiente
correlata
ad eventuali informazioni di tipo geologico ed idrogeologico sul
sito;
11)
Gestione del percolato nel tempo (dati chimico analitici,
quantitativi e modalità di
stoccaggio
- dati integrati e scomposti se esistenti);
12)
Ricostruzione della cronologia del sito comprendente gli aspetti
societari e gestionali e
degli
incarichi ricoperti dai soggetti indagati;
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
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13)
Scarichi idrici e acque meteoriche: controlli da parte degli enti e
altra documentazione;
14)
Chiusura dei bacini S1, S2 e S3: modalità e tempistica;
15)
Impianti di captazione biogas, realizzazione modifiche e
produttività;
16)
Dati meteo sulle precipitazioni nell’area e controlli;
17)
Attuale situazione e storia di S0.
In
data 21 febbraio 2013 sono stati trasmessi, via archivio digitale,
dal Prof. Belluco, i
documenti
richiesti.
La
lettura dei documenti non è stata né celere né agevole essendo
costituita da documenti
e
tavole di progetto spesso difficilmente leggibili, atti
autorizzativi, certificati analitici, bilanci
di
massa, relazioni di enti pubblici e soggetti privati e molto altro,
non sempre complete e/o
coerenti
tra loro.
In
data 31 maggio 2013, lo scrivente Perito, ha richiesto al Prof.
Belluco la seguente
documentazione
integrativa:
1)
Planimetria indicante sia i piezometri/pozzi esistenti ad oggi (sia
relativi al
monitoraggio
dell'area vasta che interni/esterni al “polder”) che i
piezometri/pozzi
dismessi
oggetto di campagne di indagine nel passato.
2)
Caratteristiche di ogni piezometro: finestratura, localizzazione,
quote testa pozzo,
profondità,
ecc.
3)
Campagne di misura dei livelli freatimetrici dei piezometri
4)
Planimetria e profilo dello sviluppo del diaframma/jet grouting
realizzato, riportante il
piano
di imposta e la sezione geologica.
5)
Tutti i dati e i documenti relativi ai controlli in corso d'opera
svolti sul diaframma
plastico
e jet grouting previsti dal progetto costruttivo.
6)
Planimetria indicante i pozzi di captazione percolato esistenti ad
oggi che i pozzi
dismessi.
7)
Caratteristiche di ogni pozzo di captazione percolato: finestratura,
localizzazione,
quote
testa pozzo, profondità, pompe installate e modalità di attivazione
ecc.
La
stessa è stata consegnata, sempre in formato digitale, il 15 luglio
2013.
Come
già indicato l’analisi della documentazione si è rivelata
estremamente complessa e
impegnativa.
Sfortunatamente,
dalla lettura dei documenti è emerso che, le opere di “bonifica”
realizzate
e gli strumenti di “monitoraggio ambientale” messi in opera nel
sito, non
permettevano
di rispondere ai quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice tramite una
semplice
indagine
chimico-sperimentale.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
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E’
stato infatti necessario svolgere una approfondita valutazione
critica delle opere e degli
strumenti
di monitoraggio a disposizione per potere attribuire il giusto peso
alle asserite
caratteristiche
delle prime e la reale rappresentatività delle informazioni
ricavabili dalle
seconde.
In altri termini, si è tentato di delineare un modello realistico
della possibile
dinamica
dei contaminanti e delle acque sotterranee nel sito allo scopo di
evitare di
raggiungere
le stesse valutazioni, non conclusive, proposte da altri soggetti
incaricati in
passato.
In
data 28 novembre 2013, completata l’analisi critica delle
documentazione lo scrivente
Perito
ha richiesto all’Ill.mo Sig. Giudice la nomina di ausiliari tecnici
(Chimico analista e
Geologo)
allo scopo di procedere alle attività sperimentali di campo.
A
fronte di richiesta da parte dell’Ill.mo Sig. Giudice, in data 24
gennaio 2014, di
chiarimenti
circa lo stato delle attività di perizia, lo scrivente ha trasmesso,
il giorno 8
febbraio
2014, una relazione preliminare di perizia sulle evidenze emerse
dalla complessa
analisi
documentale.
Nel
seguito, si fornisce la ricostruzione, emersa dalla lettura della
documentazione, della
situazione
del sito di discarica e del motivo per cui le informazioni
raccolte/prodotte da
diversi
soggetti non sono risultate sufficientemente chiarificatrici in
relazione al reale stato
ambientale
del sito.
Generalità
sul percolato di discarica
Per
una migliore comprensione dei fenomeni alla base dei potenziali
impatti ambientali
generati
dalle discariche, è utile svolgere le seguenti considerazioni circa
il processo di
formazione
di un percolato di discarica di RU essendo lo stesso principale
causa, e
mezzo,
della diffusione della contaminazione associata a tali impianti.
Il
percolato è il risultato complesso dei fenomeni di decomposizione
dei rifiuti depositati
nelle
discariche e dell’infiltrazione e lisciviazione, da parte delle
acque meteoriche e/o
sotterranee,
degli stessi.
In
caso di discariche con invasi impermeabilizzati, esso tende ad
accumularsi sul fondo
degli
stessi e da qui viene drenato attraverso sistemi di raccolta
approntati allo scopo,
mentre
in caso di invasi non impermeabilizzati tende a discendere
verticalmente nel suolo,
impregnandolo,
fino al raggiungimento delle acque sotterranee; da qui il percolato
si
diffonde
nelle acque seguendo la direzione di scorrimento della falda così
contaminando
le
matrici ambientali anche al di fuori del sedime della discarica.
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Le
discariche “reali” si trovano normalmente in una condizione
intermedia tra i due estremi
descritti
in funzione della vetustà delle stesse, dell’accuratezza della
progettazione e della
realizzazione,
delle modalità di gestione nonché - sicuramente – in funzione
della geologia
ed
idrogeologia del sito prescelto per la realizzazione.
Al
fine di valutare gli effetti ambientali del percolato, oltre alla
quantità e alla
localizzazione/migrazione
del percolato è di notevole importanza anche la composizione
dello
stesso. Essa dipende da svariati fattori: dalla natura del rifiuto
sversato, dalle
condizioni
ambientali, dal tempo trascorso dal conferimento dei rifiuti in
discarica.
Sicuramente
tra i percolati chimicamente più complessi, ma anche potenzialmente
più
dannosi
per l’ambiente, spicca il percolato di discarica di RU.
Infatti,
l’interazione tra il materiale biologico in putrefazione con le
frazioni inorganiche del
RU
in presenza dell’umidità - presente all’origine nel rifiuto
stesso, per imbibizione da
parte
delle acque di pioggia o di infiltrazione, o generata dalle reazioni
di degradazione -
produce
una “soluzione” ricca di sostanze organiche ed inorganiche che,
se lasciata
diffondere
nelle acque sotterranee, le contamina.
Va
inoltre ricordato che, col tempo, i rifiuti tendono a subire un
processo di
“biostabilizzazione”,
soprattutto ad opera dei batteri che si sviluppano nelle condizioni
di
messa
in discarica, e con questo processo mutano le caratteristiche
chimiche del
percolato.
La
“biostabilizzazione” dei rifiuti è descrivibile in quattro stadi
che in diverse porzioni di una
discarica
possono avvenire contemporaneamente in ragione dei diversi tempi di
deposizione
e delle condizioni ambientali e impiantistiche al contorno:
-
stadio
aerobico:
in cui, ad opera dell'ossigeno dell'aria, avviene dapprima la
degradazione
delle proteine ad aminoacidi seguita dalla decomposizione a anidride
carbonica
(CO2),
acqua, nitrati e solfati; i carboidrati (zuccheri e amidi) a CO2
e
acqua;
i
grassi ad acidi grassi e glicerina. Per effetto dell'idrolisi le
catene cellulosiche, che
costituiscono
una rilevante componente organica del rifiuto vengono anch’esse
solubilizzate
a zuccheri, che si degradano in CO2
e
acqua.
Tutti
i processi di degradazione sopra riportati si svolgono con
generazione di calore
per
questo, facilmente, nella massa di rifiuti si raggiungono temperature
attorno a 60-
70
C°.
In
questa fase la formazione di percolato è bassa, lo stesso si
presenta leggermente
acido
ed il rifiuto non può essere considerato stabilizzato.
Proc.
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-
stadio
anaerobico non metanigeno:
quando nella massa del rifiuto l’ossigeno è
consumato,
ha inizio la fase di respirazione anaerobica nel corso della quale
possono
essere
consumati anche eventuali composti ossigenati (nitrati, solfati)
presenti.
In
questa fase si possono formare acidi organici volatili (acetico,
propionico, butirrico
ecc.)
e, in generale, i cataboliti (prodotti di degradazione intermedi
della sostanza
biologica)
che si generano dipendono dal tipo di popolazioni batteriche
presenti.
Per
il completamento delle prime due fasi sono normalmente necessari 6-8
mesi dalla
chiusura
della cella della discarica.
-
stadio
anaerobico metanigeno instabile:
in questa fase ha inizio il processo di
decomposizione
anaerobica nel corso del quale una classe di batteri molto eterogenea
converte
la sostanza organica, già parzialmente degradata ,a metano (CH4)
e CO2.
Nel
corso di questa fase avviene anche la completa conversione in acido
acetico delle
catene
lunghe di acidi grassi. In conseguenza del consumo di acidi grassi
nel percolato
diminuisce
il valore del COD (domanda chimica di ossigeno, indicatore del grado
di
ossidabilità
residua del sistema) mentre si innalza, da acido verso la neutralità,
il valore
del
pH. La percentuale di metano nel gas tende ad aumentare e raggiunge
il suo
massimo
generalmente dopo 4 - 6 mesi dalla conclusione delle prime due fasi.
A
causa del consumo dei prodotti solubili impiegati quale alimento dai
batteri
metanigeni,
la produzione di metano è, in sostanza, controllata dalla velocità
di idrolisi
della
cellulosa.
-
stadio
anaerobico metanigeno stabile:
in questa fase la produzione di metano procede
regolarmente
con un rapporto CH4/CO2
abbastanza
regolare fino al completo consumo
del
substrato biodegradabile.
Tale
ultimo periodo può durare, con la formazione di un percolato sempre
più povero di
sostanze
in soluzione, ben oltre 50 anni.
Come
si ricava dalla sommaria descrizione del processo di formazione, le
caratteristiche
del
percolato variano caso per caso e nel tempo essendo influenzate oltre
dalle
caratteristiche
del rifiuto anche dall'età della discarica e
dal bilancio idrico che
ha portato
alla
produzione del percolato stesso.
Per
questi motivi nella letteratura tecnica, per i parametri più
significativi, sono riportati
valori
che differiscono tra loro anche di ordini di grandezza e sono sempre
da valutare e
correlare
in funzione delle caratteristiche specifiche della discarica.
Pertanto
al fine di caratterizzare il percolato di una discarica, il
riferimento alle
concentrazioni
di inquinanti deve essere sempre contestualizzato in relazione alle
Proc.
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modalità
di conduzione e all'età della discarica e le stesse non possono
essere valutate
senza
ponderazione delle condizioni al contorno.
In
questo senso, per la valutazione della bontà delle opere di
contenimento di una
discarica
è almeno necessario che, oltre ai risultati analitici in termini di
concentrazione dei
parametri
nel percolato, siano sempre riportate informazioni sui volumi di
percolato estratti,
sul
livello di contaminazione delle acque sotterranee e sulla dinamica
delle acque nel, e
sul,
sito.
Ne
consegue che, nel caso specifico del sito di Borgo Montello, dove le
acque di falda
possono
essere contaminate da percolati di età molto diverse è molto
difficile ricavare
informazioni
utili per la datazione del percolato in base ai soli dati
chimico-analitici.
Stato
dei luoghi prima degli interventi di “bonifica”
I
primi documenti presenti negli atti di causa in cui sono segnalati
problemi ambientali nel
sito
di Borgo Montello riportano le risultanze delle indagini condotte
dall'ENEA/UNICHIM
tra
il 1995 ed il 19989,
indagini che erano state commissionate agli enti citati dal Comune
di
Latina a seguito di pesanti fenomeni di contaminazione verificatisi
nelle aree a valle
della
discarica.
Nel
documento datato 1998 le informazioni più interessanti sono quelle
desumibili
dall’indagine
idrogeologica, risulta infatti che il suolo sottostante le discariche
possa
essere
considerato come un acquifero unico a permeabilità medio-bassa con
caratteristiche
di aquiclude (ovvero un sistema idrico non aperto) essendo poggiato
su un
banco
di argilla che si trova alla profondità di circa -10 -12 m sotto il
livello del mare. E’
segnalata,
nella zona della discarica, la probabile presenza nel sottosuolo di
alvei di
modesti
fossi asciutti che potrebbero fungere da vie preferenziali per il
deflusso delle
acque
sotterranee superficiali (cfr. pag.40 e segg.).
Risulterebbe,
ma lo scrivente non ha avuto riscontro sulla base di dati
inequivocabili, che
le
discariche S1, S2 e S3 siano state realizzate sulla superficie del
terreno senza
l’escavazione
di una vasca e che pertanto tutto l’ammasso di rifiuti sia
localizzato ad alcuni
metri
di distanza dalla sottostante falda acquifera. Questo fatto dovrebbe
garantire che
non
vi sia transito diretto delle acque sotterranee nel corpo di
discarica ma che l’apporto
9
ENEA
– UNICHIM Studio comparativo siti contaminati (1995).
ENEA
– Studio per l’individuazione dei siti idonei ad ospitare gli
impianti di smaltimento dei rifiuti nel territorio
del
Comune di Latina (1996).
ENEA
– Studio finalizzato alla progettazione per la bonifica e/o la
riconversione della discarica di Borgo
Montello
a Latina, relativamente ai Bacini S1, S2 e S3 (1998).
Proc.
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esterno
di acque possa avvenire solo attraverso le infiltrazioni dalla
superficie della
discarica.
Figura
1: Schema di infiltrazione delle acque in una discarica costruita
“sopra suolo”
Come
già ricordato la società ECOAMBIENTE, subentrata alla fallita
ECOMONT, è
divenuta
il gestore della discarica in tempi ragionevolmente recenti (agosto
1998) mentre
gli
abbancamenti di RU - negli invasi S1, S2 e S3 - sono stati effettuati
in precedenza da
altri
soggetti. In considerazione dei problemi esistenti nel sito per lo
smaltimento dei RU e
delle
diffide delle Amministrazioni locali coinvolte per la preoccupante
situazione
ambientale,
ECOAMBIENTE si è attivata presentando alla fine del 1998 un progetto
di
abbancamento,
a sedime invariato, di RU impegnandosi altresì a “bonificare” il
sito dove
erano
presenti gli altri invasi ormai esauriti S1, S2 ed S3.
Proc.
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Figura
2: Sezione del complesso delle discariche Ecoambiente al 2003,
rispetto alla situazione al
1998
sono presenti il lotto “Valletta” e le sopraelevazioni di “S3”
e “Valletta” - zone da 1 a 4 10
La
“bonifica” doveva consistere in un’opera di separazione fisica
mediante la realizzazione
di
una barriera continua in cemento lplatico ungo tutto il perimetro
delle discariche, fino a
collegarsi
alle argille basali, e la copertura impermeabilizzata della
superficie della
discarica
con questo impedendo da un lato il transito delle acque sotterranee
nel
sottosuolo
contaminato dal percolato e dall’altro impedendo alle acque
meteoriche di
generare
nuovo percolato attraversando l’ammasso dei rifiuti.
Infatti,
in assenza di una impermeabilizzazione basale e/o un sistema di
rimozione del
percolato
dal fondo della discarica, lo stesso si infiltra nel terreno
sottostante le discariche
e
da qui, raggiungendo le acque sotterranee, le contamina.
Il
fenomeno, a parità di natura dei rifiuti, è tanto più rilevante
quanto più è antica la
discarica
e quanto meno sono impermeabili il fondo e la superficie delle
discariche.
!
Figura
3: Schema di infiltrazione del percolato di discarica nelle acque
sotterranee.
10
La
figura è tratta dal documento: Collaudo tecnico-funzionale della
copertura della discarica controllata per
rifiuti
non pericolosi della Ecoambiente srl – Località Borgo Montello
(LT) – Certificato di collaudo, Gennaio
2012
a firma del dott. Ing. Carla Carnieri.
Proc.
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La
progettazione e la realizzazione delle opere di “bonifica”
La
proposta progettuale ha subito nel tempo aggiornamenti e nella
documentazione
riportata
in atti sono presenti varie integrazioni che tengono anche conto
delle
osservazioni
degli enti di controllo.
Senza
avere valore di esatta datazione e/o completezza cronologica, i
principali
documenti
dovrebbero essere:
-
Progetto per la bonifica degli invasi S1, S2 e S3 in località Borgo
Montello (mag. - dic.
1998)
-
Progetto integrativo per la creazione di ulteriori volumi di
abbancamento (dic. 1998 – lug.
1999)
-
Progetto costruttivo barriera impermeabile (nov. 2000 - nov. 2001).
ECOAMBIENTE
si è proposta di eseguire l'intervento con lo scopo di migliorare
l'affidabilità
dell'intero sedime, ricavare nuovi spazi per l'abbancamento di RU,
senza
incrementare
la superficie occupata dalla discarica stessa e risanare la
situazione
ambientale.
Gli
interventi più rilevanti previsti dovevano consistere:
-
nella rimozione del percolato presente con risagomatura e
sistemazione degli ammassi
di
RU;
-
nella preparazione di nuovi invasi adeguatamente realizzati ed
impermeabilizzati, onde
evitare
rischi per l'ambiente, allocati sui sedimi dei vecchi lotti di
discarica esauriti S1, S2
ed
S3. (Merita di essere segnalato che per evitare perdite di volumetria
utile
l’impermeabilizzazione
è stata, legittimamente, eseguita utilizzando guaine impermeabili a
più
strati e non un manto di argilla);
-
nella realizzazione del “polder” immorsato nelle argille con lo
scopo di creare una
barriera
impermeabile alla dispersione del percolato con cinturazione
completa, per circa
1,6
km lineari, della discarica - lotti S1, S2 e S3 - la cui superficie
complessiva è attorno a
10
ettari;
-
nella copertura di tutti gli invasi contenenti rifiuti, regimazione e
raccolta delle acque
meteoriche
che, qualora necessario, avrebbero dovuto essere depurate prima
dell'immissione
delle stesse nel fiume Astura;
-
nella realizzazione ed attivazione di un sistema di monitoraggio
delle acque sotterranee
e
di superficie.
Proc.
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Nel
corso degli anni, sono stati autorizzati ampliamenti sia su aree
intercluse (Area
Valletta)
che sovrastanti i vecchi lotti, S1, S2 e S3.
Per
tale motivo gli aspetti realizzativi e autorizzativi connessi alla
copertura delle aree di
discarica
sono stati scissi da quelli della cinturazione verticale del sito.
E’
importante segnalare che nel progetto di bonifica si è assunta
sufficiente, a evitare la
dispersione
del percolato nel sottosuolo a valle della discarica, la copertura
impermeabilizzante
della superficie dei vecchi invasi esauriti (cd. capping).
Questo
- presumibilmente - poiché si è assunto per certo che i rifiuti,
anche negli invasi più
vecchi,
siano stati “appoggiati” sulla superficie del terreno
preesistente, eventualmente
contenendoli
lateralmente con argini in terreno realizzati allo scopo (solo per
S3), e non
sversati
in vasche ricavate sotto al piano di campagna ovvero, in altri
termini, assumendo
per
certo che anche i RU localizzati a quota più bassa non avrebbero mai
potuto entrare in
contatto
(o ancor peggio essere attraversati) dalla falda sotterranea anche in
caso di
rilevanti
escursioni della stessa11.
Inoltre,
nel progetto, è stato considerato che il fondo dei vecchi invasi,
anche a seguito
dell’avvenuta
mineralizzazione dei RU di più vecchia collocazione, potesse essere
considerato
sufficientemente impermeabile così da non richiedere specifici
interventi12
pertanto
non sono state considerate opere di impermeabilizzazione basale,
seppure siano
state
elencate come ipotesi di lavoro 13.
La separazione e l’isolamento delle discariche
dall’ambiente
circostante era stato, quindi, affidato unicamente al diaframma di
cinturazione
verticale e alle opere di copertura impermeabile.
Sebbene
la realizzazione di una impermeabilizzazione basale su discariche già
riempite
sia
un’opera tutt’altro che semplice, si ritiene che una indagine
dell’effettivo stato del suolo
sottostante
le discariche, ad esempio mediante carotaggi inclinati, avrebbe
dovuto essere
svolta.
Inoltre
a fronte della certamente ingente, in termini di costi sostenuti e
attività svolte, opera
di
realizzazione del cd. “polder”, l'approfondimento progettuale -
ad avviso dello scrivente -
non
è stato sufficiente, tanto è vero che solo durante la realizzazione
(cfr. verbale n°3 del
collaudo
in corso d'opera a firma del Prof. Gavasci) ci si è resi conto
dell’impossibilità
pratica
di dare esecuzione a quanto inizialmente ipotizzato (realizzazione di
un diaframma
plastico
attestato per 2 – 4 m nell’argilla basale14),
asseritamente, per la complessità della
11
Addendum
al progetto integrativo, integrazioni richieste dalla Regione Lazio -
Lug. 1999 pag. 16.
12
Progetto
di bonifica 1998, pag. 51
13
Progetto
di bonifica 1998, pag. 60 - 61
14
Progetto
di bonifica 1998, pag 106, poi ridotto a 1 m nel progetto integrativo
dic 1998 pag. 22.
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geologia
locale del sito, complessità peraltro chiaramente segnalata dallo
studio ENEA
(1995-1998).
La
parte più critica dell’opera, ovvero la zona inferiore diaframma
plastico continuo avente
funzione
di barriera fisica per le acque sotteranee - per difficoltà tecniche
connesse
all’eccessiva
durezza di una formazione rocciosa asseritamente riscontrata15
-
è stato
sostituito
da jet-grouting (iniezioni di cemento fluido nel suolo), tecnica
realizzativa
profondamente
diversa e non equivalente a quella inizialmente prospettata.
La
tecnica del jet-grouting è certamente efficace per il consolidamento
statico di un
terreno,
ma non è raccomandata per operazioni d’impermeabilizzazione. Essa
può essere
considerata,
nel migliore dei casi, un’opera di consolidamento propedeutica alla
realizzazione
di altri interventi finalizzati a conseguire una buona
impermeabilizzazione.
Si
nutrono inoltre fortissimi dubbi sul fatto che questa tecnica possa
essere considerata
idonea
a risolvere problemi connessi alla “durezza” del substrato,
asseritamente riscontrati
durante
la realizzazione del cd. “polder”.
In
relazione a questo basti solo fare riferimento al documento US EPA
(agenzia per la
protezione
dell’ambiente statunitense) del 1999, e quindi già ben noto
all’epoca della
progettazione,
sui sistemi di contenimento sotterranei 16
che
indica chiaramente che
“L’iniezione
di cemento può essere usata in tipi di suolo che vanno dalla ghiaia
all’argilla,
ma
il tipo di suolo può alterare il diametro della colonna iniettata.
Le proprietà del suolo
sono
anche correlate all’efficienza. Per esempio l’iniezione
nell’argilla è meno efficiente
che
nella sabbia”17.
O
ancora, tra gli svantaggi della tecnica, sono elencati i seguenti
punti:
��
“Difficoltà
a garantire la continuità dei pannelli (la verticalità è critica
per garantire
l’assenza
di vuoti fra i pannelli)
��
I
fori di iniezione possono disallinearsi
��
L’ostruzione
degli iniettori può essere un problema
��
Tipi
e densità differenti di suoli condizionano la possibilità di
inezione.”
15
Testualmente:
“si
riscontra l’impossibilità di realizzare la barriera plastica
impermeabile (polder) così come
era
previsto in progetto a causa della presenza ad una profondità di
circa 20 metri dal piano di campagna di
una
formazione rocciosa estremamente dura che impedisce lo scavo della
trincea”.
16
U.S.
Environmental Protection Agency - Office of Solid Waste and Emergency
Response.
Subsurface
Containment and Monitoring Systems: Barriers and Beyond (Overview
Report) - March 1999
(autore
L. Pearlman) pagg. 22-28.
17
“Jet
grouting can be used in soil types ranging from gravel to clay, but
the soil type can alter the diameter
of
the grout column. Soil properties also are related to the efficiency.
For instance, jet grouting in clay is less
efficient
than in sand”
Proc.
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“Una
soluzione a molti degli svantaggi è l’iniezione di due cinture
sovrapposte di
barriere.”18
Risulta
che la stessa non sia una tecnica indicata in substrati rocciosi, per
quanto friabili
possano
essere, dato che, per poter iniettare del cemento fluido nel suolo e
sfruttarne
l’effetto
legante, il terreno deve essere costituito da un substato
relativamente sciolto (cioè
non
coerente).
Non
si ritiene, pertanto, che il rinvenimento di formazioni rocciose,
tanto consistenti da non
essere
aggredibili con la prevista benna mordente, possa indirizzare verso
l’impiego del
jet-grouting
come tecnica sostitutiva del diaframma continuo plastico, per di più
garantendone
equivalente efficacia in termini di tenuta idraulica del manufatto
realizzato.
Si
aggiunga che, dai documenti relativi ai profili geologici e delle
profondità delle opere di
cinturazione
prodotti a corredo dell’opera (raccolti in Allegato 2.), appare che
il jet grouting
piuttosto
che il diaframma plastico, siano stati impiegati indifferentemente in
matrici aventi
caratteristiche
geotecniche diverse (vedi legenda del “Profilo geologico
semplificato –
profondità
di attestazione del polder – as built” presente in Allegato 2.)
senza una
apparente
correlazione alla natura del substrato19.
La
planimetria dell’opera di cinturazione è riportata in Allegato 3.
Il
documento descrittivo dello scostamento effettuato dal progetto
iniziale è l’elaborato
prodotto,
ex
post,
col nome “progetto costruttivo della barriera impermeabile
(polder)” del
nov.
2001, coevo all’atto di collaudo della stessa opera.
Detto
documento, tecnicamente assai esile non dimostra, in alcun punto, che
il risultato
inizialmente
ricercato, a seguito della modifica radicale delle modalità
realizzative, sia
stato
comunque raggiunto.
La
consultazione dei verbali del collaudo in corso d'opera non fornisce
utili chiarimenti,
anzi
desta sincera preoccupazione quanto scritto nel verbale n°8, e ancor
più la relazione
di
collaudo finale20.
18
“Difficult
to ensure panel continuity (verticality is critical to ensure that
gaps will not occur between panels)
-
Boreholes can become misaligned - Obstruction of jet nozzle can be a
problem - Different soil types and
densities
affect ability to grout.”
“A
solution to many of the disadvantages is to inject two overlapping
rows of barrier material.”
19
Pannelli
da 282 a 291 (da 772,90 m a 795,90 m) infissi fino a oltre 20 m nelle
unità calcarenitiche a medioalta
resistenza,
mentre 1 pannelli 101 a 129 (da 283,13 m a 360,14 m) infissi a 8,5 m
o meno nelle “sabbie
argille
e tufi compatti superiori”.
20
Verbale
di collaudo del 4 dicembre 2001 pag. 18 “il tratto di terreno
trattato … con jet grouting, per quanto
è
stato possibile accertare, ha creato uno schermo della permeabilità
voluta”.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
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Ciò
che suscita maggiori perplessità sull’efficacia delle opere, ad
avviso dello scrivente, è
la
modifica portata al progetto originario senza che a questa sia
seguita, quantomeno,
l’adeguamento
delle procedure di verifica dell’effettiva tenuta idraulica
dell’opera.
Invero,
dai documenti di collaudo non risulterebbe che siano state effettuate
alcune
fondamentali
verifiche di tenuta inizialmente previste per l’opera completata21.
Si
rimarca, inoltre, che il limite superiore delle argille, matrice
sotto la quale avrebbe
dovuto
immorsarsi il diaframma plastico impermeabile, è stato “fissato”,
apparentemente di
nuovo
ex
post, nel
Progetto costruttivo del nov. 2001 alla profondità in cui nei
campioni
puntuali
prelevati durante le attività preliminari di indagine, è stata
riscontrata una
presenza
del 10% in argilla22
e
tale substrato è stato raggiunto solo dal jet-grouting.
Tale
ulteriore modifica alle opere inizialmente progettate, a fronte della
variabilità della
geologia
del sito, avrebbe dovuto far propendere ad aggiuntivi controlli
sperimentali delle
soluzioni
adottate in corso d’opera, per documentare l’auspicata tenuta
idraulica del
manufatto
realizzato.
Come
sopra ricordato, nella realizzazione della cinturazione, per i
terreni più sciolti e/o
prossimi
alla superficie è stata utilizzata una benna mordente e, dopo
l'asportazione del
terreno,
è stata colata la miscela cemento-bentonite, mentre per le zone
sottostanti dove
la
benna, asseritamente, non riusciva ad operare, per la “durezza”
del suolo, è stata
pompata
malta cementizia, ad alta pressione, dopo avere eseguito perforazioni
lineari del
sottosuolo.
Così
procedendo si è auspicato di ottenere, nella parte basale,
“colonnati”, le cui “colonne”
intersecandosi
verticalmente tra loro avrebbero dovuto costituire una struttura
impermeabile
alle acque.
Al
variare delle modalità operative i diametri delle colonne
“iniettate”, avrebbero dovuto
essere
compresi tra 0,6 e 0,9 m (interasse ipotizzato 0,7 m, erroneamente
indicato 1,4 m
nel
verbale del collaudatore n. 6).
Si
è quindi ritenuto che la buona tenuta del diaframma potesse essere
raggiunta mediante
la
parziale sovrapposizione delle singole colonne di cemento bentonitico
senza però aver
condotto,
almeno dai documenti di collaudo, alcuna verifica dell’effettivo
diametro delle
colonne
di jet-grouting alle differenti profondità e nelle differenti
matrici presenti nel
sottosuolo.
21
Progetto
di bonifica 1998 , pag. 109-111
22
Si
ricorda che il progetto originale prevedeva l’immorsamento del
diaframma 2 – 4 m nell’argilla basale
(Progetto
di bonifica 1998, pag 106), ridotto a 1 solo m nel successivo
Progetto Integrativo dic 1998 pag. 22
ma
sempre in relazione alla matrice “argille”.
Proc.
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E’
però del tutto improbabile che il trattamento con iniezioni di
cemento bentonitico,
quantomeno
nelle matrici rocciose che avevano impedito l’escavazione con la
benna
mordente,
sia stato sufficiente a garantire la continuità della barriera.
Questi
dubbi non nascono da semplici “opinioni” ma, al di là dei dati
di letteratura, sono
state
direttamente verificate in altri, non positivi, tentativi di
conterminazione ambientale
mediante
jet-grouting con gradi di intersecazione maggiori e addirittura con
tre cinture
sovrapposte
di barriere (esempio italiano: l'ACNA di Cengio).
Risulta
inoltre, dai documenti forniti, che siano state eseguite molte prove
su campioni di
materiali
e manufatti ma non indagini sull’effettiva “tenuta” dell’opera,
ad esempio
verificando
la compenetrazione delle colonne di jet-grouting realizzate.
Soprattutto
nei documenti di collaudo, e nelle autorizzazioni rilasciate, non
compaiono,
almeno
negli atti forniti allo scrivente, motivazioni o chiarimenti sulla
mancata esecuzione
dei
controlli di tenuta del cd. “polder” previsti nel progetto
originario (cfr. pag. 109-111) né
alcuna
valutazione tecnica circa la notevole modifica, posta in essere,
rispetto al progetto
approvato.
Il
monitoraggio delle acque sotterranee e delle opere di “bonifica”
Nonostante
le molteplici attività di indagine svolte non è stata raggiunta la
certezza
sull'isolamento
idraulico del cd. “polder” rispetto alla falda, ma ci si è,
sostanzialmente,
limitati
a prendere atto dei livelli di concentrazione di inquinanti ritrovati
nelle acque di
falda.
Dal
complesso dei numerosissimi dati analitici raccolti risulta che la
qualità delle acque,
anche
a monte della discarica, è scadente e che la stessa peggiori
ulteriormente dopo
l’attraversamento
del sito. Per la natura degli analiti presenti non è però possibile
svolgere
valutazioni
conclusive sulla paternità (ed età) delle contaminazioni.
Dal
testo del progetto originario (1998) si ricava che i controlli a
opera conclusa sulla
tenuta
del diaframma avrebbero dovuto essere eseguiti utilizzando -
principalmente -
piezometri
interni ed esterni all'opera realizzata e operando in maniera
opportuna sui pozzi
di
raccolta del percolato all’interno dei singoli invasi.
Il
collaudo delle varie opere si è protratto nel tempo e, anche nel
2012, il gestore ha
elaborato
nuovi documenti che non risultano conclusivi anche se, negli stessi,
si afferma
che
si sia in presenza di una riduzione generalizzata del carico
inquinante.
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Le
verifiche eseguite da tecnici che hanno operato sia per conto della
Pubblica
Amministrazione,
sia per conto dell'Autorità Giudiziaria, che per conto dell'Impresa,
non
portano
a conclusioni definitive sia per obiettive difficoltà dovute alla
complessità del
sistema
ma soprattutto per l’inadeguatezza del posizionamento e della
realizzazione dei
piezometri
di controllo.
Esiste
infatti un ostacolo rilevante al fine di permettere, allo scrivente,
di considerare le
campagne
di monitoraggio analitico, svolte indifferentemente dai diversi
soggetti sulle
acque
del sito, idonee a rappresentare l’effettivo grado di
contaminazione dello stesso.
Detto
ostacolo è costituito dal fatto che l’assoluta maggioranza dei
piezometri destinati al
controllo
delle acque (ma anche buona parte di quelli destinati al controllo
della tenuta
della
parete impermeabile) sono stati spinti finanche alla profondità di
circa 40 m rispetto
al
piano di campagna (che lo scrivente ricorda essere, con l’esclusione
dei rilievi costituiti
dalle
discariche, tra i 12 e 30 m s.l.m.), ma che la finestratura (ovvero
il tratto forato e
permeabile
alle acque sotterranee) ha generalmente interessato solo la parte più
profonda
del
piezometro (spesso i 20 m più profondi dei piezometri/pozzi spia).
Questa
inusuale scelta realizzativa, oltre ad essere difforme alle norme di
buona tecnica
appare
in contrasto con le modalità costruttive riportate nel “[Piano di]
Monitoraggio
idrogeologico
finalizzato al collaudo ambientale delle opere di messa in sicurezza
realizzate
e alle valutazione dell’impatto dell’opera sul sito in esame”
redatto da ARPA
Lazio
il 22/1/2004 nelle more delle prescirizioni per la concessione di
ulteriori volumetrie .
Detto
piano prevedeva sia per i piezometri esistenti che per i piezometri
nuovi (punti 3 e
punto
4 rispettivamente) che gli stessi dovessero presentare una
finestratura lungo tutta la
zona
satura (ove è presente costantemente acqua sotterranea) e nella zona
insatura
interessata
dalle fluttuazioni della falda.
Il
mancato rispetto della buona prassi, e dell’esplicita prescrizione,
non appare essere
stata
rilevata da ISPRA e dalla stessa ARPA Lazio neppure nelle relazioni
annuali di
monitoraggio
nelle quali, pur tabulando dati di finestratura dei pozzi chiaramente
inidonei
al
monitoraggio, non hanno ritenuto – inspiegabilmente - la questione
di alcun interesse.
Questo
fatto è ancor più sorprendente posto che ben 6 tecnici qualificati
(Chimici,
Ingegneri
e Geologi) di ISPRA e ARPA LAZIO hanno sottoscritto le suddette
relazioni23.
La
criticità della circostanza risiede nel fatto che la contaminazione
del sito dipende da
sorgenti
localizzate in prossimità della superficie, mentre i piezometri così
realizzati
23
Ad
esempio: Prot. 2146/2007 - “Relazione annuale 2007” (relativa a
lug. 2005 set. 2006) pag. 26, 29 -
Prot.
20387/2012 “Monitoraggio II triennio 2009-2011” pag. 8-9 e 14;
Prot. 95013/2013 “Terzo rapporto
attività
di monitoraggio – 2012-2013” pag. 7-9;
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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possono
fornire informazioni al più rappresentative della qualità della
porzione più
profonda
(e quindi meno interessata dalla contaminazione) delle acque
sotterranee.
Negli
schizzi seguenti sono rappresentate le due condizioni di
campionamento.
Figura
4: Piezometro con finestratura idonea, intercetta la contaminazione
della falda correttamente
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
Pag
22 di 39
Figura
5: Piezometro con finestratura non idonea, non intercetta
completamente la contaminazione
della
falda
Appare
evidente che, campionando da piezometri realizzati secondo la seconda
modalità
ottengo
informazioni, prevalentemente, indicative della qualità della zona
inferiore
dell’acquifero
e non informazioni indicative della parte sommitale più prossimo
alla
sorgente
di contaminazione di interesse.
In
ultimo, desta sincera perplessità il fatto che, posto che l’opera
di cinturazione delle
vecchie
discariche S1, S2 ed S3, il cd. “polder”, è stata la principale
opera di bonifica, o
meglio
di “messa in sicurezza permanente” realizzata nel distretto delle
discariche, le
autorità
non abbiano ritenuto strategico il monitoraggio dei pozzi spia,
interni ed esterni al
cd.
“polder” per verificarne l’effettiva tenuta.
Qualità
e quantità del percolato prodotto dalla discarica
Risultano
particolarmente elevati i volumi di percolato smaltiti dall’impianto
e modesto il
loro
grado di contaminazione.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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23 di 39
In
relazione alla qualità del percolato del vecchio invaso, risulta,
dalla valutazione dei dati
campioni
degli anni 2011-2012, analizzati ai fini dello smaltimento, che le
caratteristiche
siano
quelle riportate nella seguente tabella.
!
! Campioni!2011! Campioni!2012!
!
!
590/2011!
1499/2011! 2278/2011! 203/2012! 748/2012! 1357/2012! 1963/2012!
Parametro!
unità! !! !! !! !! !! !! !!
Conducibilità!
μS/cm! 10600! 7300! 10010! 12500! 8200! 17160! 13200!
Residuo!a!105!°C!
mg/l! 2600! 3600! 4700! 6000! 4000! 7700! 6900!
COD!
mg!O2/l! 1421! 850! 1400! 1360! 790! 4000! 1590!
BOD5!
mg!O2/l! 780! 470! 777! 750! 430! 2170! 864!
Rapp.!BOD/COD!
H! 0,55! 0,55! 0,56! 0,55! 0,54! 0,54! 0,54!
Ammoniaca!
mg/l! 826,7! 507,1! 704,4! 1079,7! 505,2! 1627,7! 1050,9!
Cloruri!
mg/l! 569,5! 977,4! 1504,2! 1839! 1349,1! 2648,5! 2099!
Solfati!
mg/l! 34,3! 60,6! 34! 63,1! 43! 15,5! 33,4!
Tabella
1: Parametri salienti dei percolati misti dal vecchio invaso, nel
2011-2012.
In
considerazione del fatto che le ultime attività di smaltimento del
vecchio invaso sono
terminate
nell’anno 2009 i valori di COD e BOD5,
pur nella loro variabilità, appaiono
modesti
(con la sola eccezione del campione 1357/2012) e fanno ipotizzare la
commistione
con acque non di percolazione.
Considerando
che il complesso delle discariche è dotato di una
impermeabilizzazione
superficiale
appena completata e che gli invasi S1, S2 e S3, sono tutti
localizzati al di
sopra
del livello delle acque sotterranee, l’infiltrazione di “acque
fresche” per generare
percolato
è largamente inferiore al 27% della piovosità dichiarato nel testo
delle relazioni
annuali24.
In
realtà, questa stima di percolato prodotto non corrisponde a quanto
desumibile dai
valori
tabulati nelle relazioni annuali. Nel seguito si riportano i dati
della Relazione 2013,
relativa
all’anno 2012, anno in cui il complesso delle discariche (S1, S2,
S3 e
sopraelevazioni
a sedime invariato) è sicuramente completamente impermeabilizzato.
Anno$2012$
mm$di$pioggia$ Kg$percolato$vecchio$
invaso$
Gennaio
35,4
837.020
Febbraio
124,2
1.904.220
Marzo
5,8
1.028.980
Aprile
78,2
926.360
24
Si
veda ad esempio la “Relazione Annuale – anno 2012 prodotta da
Ecoambiente in conformità alle
previsioni
del Dlgs. 36/2003. Pag.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
Pag
24 di 39
Maggio
56,6
912.040
Giugno
56,0
648.820
Luglio
36,2
780.380
Agosto
57,2
560.360
Settembre
172,0
1.066.220
Ottobre
123,4
1.065.640
Novembre
42,2
1.220.440
Dicembre
91,6
1.554.960
Annuo
878,8
12.505.440
Tabella
2: Piovosità (in mm) e percolato (in kg) generati dal vecchio invaso
Il
quantitativo di percolato smaltito è, per una discarica “in
rilevato” quale quella di Borgo
Montello25,
straordinariamente elevato e non giustificabile.
In
considerazione del fatto che la superficie totale del complesso delle
vecchie discariche
è
pari a 110.000 m2,
impiegando i dati sopra riportati la stima della produzione di
percolato
dovrebbe
essere il 13% circa della piovosità indicata26.
Detto
valore, sebbene sensibilmente inferiore a quanto riportato nel testo
della relazione
annuale,
non è compatibile con i dati di infiltrazione efficace assunti in
letteratura27
che
danno,
per una matrice in argilla/sabbia limosa un valore compreso tra
l’1,6% e il 7%.
Si
rammenta che la discarica ha una copertura superficiale, sottoposta a
positivo collaudo
nel
gennaio 2012, che prevede 0,5 m di Argilla o geomembrana equivalente,
e pertanto la
differenza
di produzione di percolato tra un valore prossimo a quello inferiore
stimato dell’
1,6%
e quello effettivo del 13%, deve essere necessariamente attribuita
all’autoproduzione
da parte dei rifiuti abbancati o ad altre
cause,
e non può certo essere
correlata
a “copiose” infiltrazioni dalla superficie.
Invero
i dati meteoclimatici messi a disposizione dall’Istituto
Idrografico e Mareografico
della
Regione Lazio danno, per l’anno 2012 per l’area di Borgo
Montello, una piovosità di
soli
466,4 mm28.
Detta piovosità, se da un lato porta la stima della produzione del
percolato,
rispetto alle piogge, a circa il 24% (dato più prossimo a quello di
27% dichiarato
nel
testo) fa attribuire, tramite la correlazione all’infiltrazione
efficace teorica per una
matrice
in argilla/sabbia limosa un valore di percolato attribuibile alle
piogge compreso tra
25
Ovvero
senza la possibilità di infiltrazione, da parte delle acque
sotterranee, nel corpo di discarica.
26
Considerando
una densità pari a 1, il percolato prodotto in un anno è pari a
circa 12.500 m3,
questo valore
diviso
il quantitativo di acqua piovuto sulla superficie della discarica in
un anno circa 96.500 m3
(0,878
mpioggia/m2
superficie
della discarica moltiplicato
110.000 m2)
il valore che si ottiene è circa 13%
27
Si
veda, ad esempio, il documento APAT “Criteri metodologici per
l'applicazione dell'analisi assoluta di
rischio
ai siti contaminati” - Revisione 2 - Marzo 2008, che prevede una
Ief
(in
cm/anno) pari a
0,0009*Piovosità2
(in
cm/anno) per il SILT, mentre una Ief
(in
cm/anno) pari a 0,00018*Piovosità2
(in
cm/anno)
per l’ARGILLA.
28
http://www.idrografico.roma.it/annali/
Stazione:
Borgo Montello - Anno: 2012 – Totale annuo: 466,4
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
Pag
25 di 39
l’0,8%
e il 4,2%, dati che rendono ancor meno giustificabili gli ingenti
volumi di percolato
smaltito.
Se
a questa considerazione si aggiunge la moderata concentrazione di
contaminanti
presente
nel percolato smaltito, appare verosimile che sia in corso un
emungimento delle
acque
sotterranee all’interno del cd. “polder” al fine di limitare la
fuoriuscita di contaminanti
dalla
barriera, asseritamente, impermeabile.
Di
detta pratica si è avuta evidenza durante le attività di campo,
trattate in successivo
paragrafo.
Anche
in relazione alla singolarità della quantità/qualità del
percolato, non
appare
che gli
enti
di controllo abbiano posto la necessaria attenzione al monitoraggio
del livello della
falda
all’interno ed all’esterno del diaframma in relazione alle
fluttuazioni della stessa o,
molto
più semplicemente, alla verifica dell’esistenza di un emungimento
delle acque
sotterranee
dai pozzi spia, nominalmente di monitoraggio, realizzati all’interno
della
“barriera
impermeabile”, circostanza invece pacificamente emersa durante le
attività di
campo
svolte dallo scrivente, e che avrebbe dovuto essere riscontrata anche
dai
controllori,
osservando lo stabile posizionamento di una pompa fissa, in ogni
pozzo spia
interno,
destinata all’emungimento delle acque sotterranee.
In
assenza di emungimento, la misura delle variazioni dei livelli delle
acque nelle coppie di
pozzi
spia, interno ed esterno, a fronte delle oscillazioni stagionali o ad
opera delle acque
di
pioggia sarebbero state lo
strumento più semplice per chiarire l’efficacia della tenuta del
diaframma,
piuttosto
che la realizzazione di campagne chimico analitiche nella rete di
piezometri
esterni, per di più finestrati in maniera inidonea o, addirittura,
non nota29.
Criticità
individuate nella documentazione in atti
Le
criticità maggiori individuate dallo studio degli atti a
disposizione, in relazione
all’intervento
di “bonifica” della discariche S1, S2 e S3, sono risultate
essere:
1)
Avere sostituito in corso d’opera, per una porzione rilevante e -
per di più - nella
parte
più sensibile dell’opera, la realizzazione di un diaframma
plastico continuo in
cemento
con iniezioni di cemento (cd. “jet-grouting”);
2)
Avere assunto che la sovrapposizione del 30%, teorica e mai valutata
con verifiche
mirate,
tra una singola cintura di “colonne” di jet-grouting, per di più
in matrici di
29
Pozzi
della rete interna di monitoraggio MWP4 e MW7 bis, rete esterna di
monitoraggio MWE2, MWE3,
MWE5,
MWE7, MWE11, MWE12, MWE13, MWE14, MWE15.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
Pag
26 di 39
suolo
in cui il jet-grouting non è indicato come tecnologia di
trattamento, fosse
sufficiente
a garantire la creazione di una parete impermeabile;
3)
Avere assunto, in difformità al progetto originario ma anche alla
variante di progetto,
che
l’immorsamento delle opere di fondo potesse essere considerato
sufficiente
raggiunto
il 10% di contenuto di argilla nel substrato, anziché il
raggiungimento
dell’effettivo
strato basale di argilla;
4)
Non avere previsto una approfondita verifica in fase di collaudo
della tenuta
idraulica
di questa soluzione radicalmente modificativa del progetto;
5)
Non avere messo in opera, neppure, le verifiche inizialmente previste
per la verifica
della
tenuta idraulica della barriera secondo il progetto originario (in
principio
applicabili
anche al manufatto così come realizzato);
6)
Non avere effettuato un controllo sistematico, dopo il completamento
dell’opera e
nel
tempo, delle quote di falda all’interno ed all’esterno del cd.
“polder” misurando -
ad
esempio - le differenze tra i livelli dei piezometri spia, anche
attraverso
registrazioni
continue;
7)
Avere realizzato e impiegato piezometri di controllo, e pozzi spia,
incapaci di
monitorare
le acque sotterranee nella zona più prossima alla sorgente di
contaminazione
(attuale e/o storica) ma idonei a misurare solo la zona più profonda
e
quindi meno contaminata dell’acquifero.
Le
indagini di campo e sperimentali
Le
attività di indagine sono state, necessariamente, un compromesso tra
la necessità di
ricavare
informazioni quanto più esaurienti per rispondere ai quesiti posti
dall’Ill.mo Sig.
Giudice,
senza però prevedere la realizzazione di una nuova idonea rete di
monitoraggio,
né
procedere con verifiche invasive circa la tenuta idraulica delle
opere.
Questo
poiché i costi degli interventi sarebbero stati assolutamente
rilevanti e perché, a
parere
dello scrivente, dette verifiche potranno essere svolte in seguito,
con l’auspicabile
imposizione
alla società ECOAMBIENTE dell’effettiva realizzazione delle opere
funzionali
alle
verifiche previste dagli atti autorizzativi, nonché al richiamo
degli Enti di controllo allo
svolgimento
di attività di monitoraggio efficaci, e non solo formali.
Il
piano di indagini sperimentali era stato sintetizzato in appendice
alla relazione
preliminare,
trasmessa all’Ill.mo Sig. Giudice in data 8 febbraio 2014, lo
stesso, insieme
alle
offerte delle società individuate per svolgere materialmente lo
stesso, è stato
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
Pag
27 di 39
trasmesso
in data 28 febbraio 2014, ma l’organizzazione della stessa, sia per
l’impegno
economico
connesso a una campagna complessa su molteplici pozzi e piezometri,
sia
perché,
dopo una preliminare disponibilità di massima, ARPALAZIO Dip. di
Latina ha
ritirato
la sua disponibilità allo svolgimento delle indagini per motivi di
natura logisticoorganizzativa,
le
attività di campo sono potute procedere solamente dal giorno 9
giugno
2014
e si sono protratte, nel sito della discarica, fino al 13 giugno
2014. Le attività chimico
analitiche
di laboratorio sono continuate fino al giorno 24 luglio 2014.
Il
piano, per le attività di campo, inizialmente prevedeva:
1.
Misura del livello delle acque sotterranee da n. 24 piezometri/pozzi
da aree interne
al
perimetro della discarica + n. 3 piezometri esterni (di monte)
appartenenti alla
rete
di monitoraggio ARPA Lazio.
2.
Misura del livello del percolato da n. 13 pozzi di raccolta.
Nel
caso in cui siano presenti pompe in emungimento, la misura del
livello sarà
effettuata
sia in emungimento che a riposo.
3.
Campionamento delle acque dai 27 piezometri/pozzi, ove permesso dalla
modalità
realizzativa,
a profondità diverse anche all’interno dello stesso piezometro.
Prevedendo,
in totale, 35 campioni di acqua sotterranea.
4.
Campionamento da 13 pozzi di raccolta percolato + 2 campioni dalla
vasca di
accumulo
percolato presente in impianto.
5.
La misura i parametri chimico fisici delle acque/percolati
(Conducibilità elettrica,
temperatura
e potenziale redox) allo scopo di procedere ai campionamenti solo
raggiunta
sufficiente stazionarietà dei parametri, quantomeno, temperatura e
conducibilità
elettrica.
Per
evitare ogni interferenza nei dati analitici, condizionamento delle
pompe di prelievo
e
cambio integrale del tubo della pompa per ogni piezometro.
Il
piano, per le attività di chimico analitiche, inizialmente prevedeva
determinazioni degli
stessi
parametri sia sulle acque sotterranee che sui percolati,
specificamente:
Conducibilità
elettrica;
Richiesta
Chimica di Ossigeno (COD);
Salinità;
Azoto
Ammoniacale (NH3);
Cationi
(Ca2+;
Mg2+;
Na+;
K+)
Anioni
(Cl-;
SO4
2-;
HCO3
-,
CO3
2-;
NO3
-;
PO4
3-);
Solventi
Clorurati.
Le
attività di campo e sperimentali hanno richiesto l’impiego di
personale esperto, mezzi e
modalità
di campionamento idonei, allo scopo di effettuare campionamenti delle
acque
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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28 di 39
sotterranee/percolati
quanto più possibili privi di errori sistematici e interferenze,
nonché si
è
posto particolare cura ed attenzione nella gestione dei campioni per
le successive
analisi
di laboratorio.
Allo
scopo, lo scrivente si è avvalso del personale e delle attrezzature
della società Ireos
Laboratori,
per la parte relativa alle attività di campo, della società
Agrochimica Pontina,
per
la parte analitica, nonché del coordinamento e supervisione delle
attività di laboratorio,
da
parte del dott. Fabrizio Martinelli, ausiliario del perito.
Le
indagini di campo, iniziate il giorno 9 giugno 2014 e terminate il
giorno 13 giugno 2014
(verbali
in Allegato 1.) hanno previsto la realizzazione di misure dei livelli
di alcuni
piezometri
di monitoraggio, dei pozzi spia interni ed esterni (la cui posizione
è riportata in
Allegato
3.), dei pozzi di raccolta percolato (la cui posizione è riportata
in Allegato 4.)
nonché
i campionamenti di acque sotterranee e percolati per le successive
verifiche
chimico
analitiche.
I
punti di indagine sono stati meno di quelli inizialmente previsti,
quelli effettivamente
monitorati
sono riportati nella planimetria in Allegato 5.
I
punti di indagine sono suddivisibili fondamentalmente in 3 zone,
piezometri di “monte”,
pozzi
spia del cd. “polder”, piezometri di “valle”.
I
pozzi spia sono ulteriormente suddivisibili in “interni” ed
“esterni”.
Si
è proceduto pertanto a campionare le acque sotterranee:
dai
piezometri MWE3, MWE5, MW28, MW30 (zona a “monte” della
discarica);
dai
pozzi spia A2, B2, C2, D2, E2, F2, G2 (“interni” al cd.
“polder”);
dai
pozzi spia A1, B1, C1, D1, E1, F1, G1 (“esterni” al cd.
“polder”);
dai
piezometri MW4, MWP4, MW23, MW24, MW25 (zona a “valle” della
discarica).
I
piezometri MW4 e MW24 sono stati campionati a due quote diverse per
verificare se,
anche
con i limiti connessi alle finestrature errate, potevano essere
tratte conclusioni
dirette
sulla contaminazione del sito.
Si
è inoltre proceduto al campionamento di 3 pozzi del percolato
presenti nel corpo di
discarica,
PeS2, PeZ9B e PeV2, e si è provveduto a realizzare un campione del
percolato
presente
nella vasca di accumulo propedeutica allo smaltimento esterno.
Per
tutti i piezometri, i pozzi di raccolta percolato e i pozzi di
monitoraggio interni ed
esterni
al cd. “polder”, sono state effettuate, quando possibile, misure
della quota relativa
della
testa del pozzo rispetto al piano campagna, della quota del fondo
pozzo, della
soggiacenza
delle acque sotterranee/percolati.
Le
misure effettuate durante le attività di campo sono riportate in
Allegato 6.
Proc.
Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
Pag
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Nella
tabella seguente sono riportati i dati di campo di maggiore
interesse.
opera
Quota
testa
pozzo
(m.
s.l.m.)
Profondità
inizio
filtro (m
da
p.c.)
Soggiacenza
misurata
giugno
2014
Differenza
tra
finestratura
e
soggiacenza
(+
= tratto cieco)
Quota
falda
giu
2014
(m.s.l.m)
monte
MWE3
30,67
? 17,20 13,47
MWE5
28,84
16,00 15,00 1,00 13,84
MW28
(ex MW 26) 30,73
15,00 17,84 -2,84 12,89
MW30
(ex MW 28) 28,26
11,00 15,75 -4,75 12,51
esterni
polder
A1
(o MW7) 29,73
18,30 16,89 1,41 12,84
B1
25,90
23,30 13,31 9,99 12,59
C1
21,73
17,00 9,57 7,43 12,16
MW3
(o D1) 20,58
14,50 8,95 5,55 11,63
E1
18,23
18,00 7,60 10,40 10,63
F1
20,87
18,00 9,56 8,44 11,31
G1
26,97
15,00 14,13 0,87 12,84
interni
polder
MWP3
(o A2) 33,19
22,00 / / /
B2
33,78
25,00 / / /
C2
28,04
25,00 16,80 8,20 11,24
MWP1
(o D2) 28,08
25,00 16,75 8,25 11,33
E2
22,15
22,00 11,27 10,73 10,88
F2
25,05
25,00 15,99 9,01 9,06
G2
30,44
18,00 16,20 1,80 14,24
valle
MWP4
29,30
16,50 17,68 -1,18 11,62
MW4
18,46
6,00 8,87 -2,87 9,59
MW23
12,61
2,00 3,40 -1,40 9,21
MW24
12,80
3,00 3,63 -0,63 9,17
MW25
16,42
4,00 6,33 -2,33 10,09
Tabella
3: Soggiacenze e dati caratteristici dei pozzi/piezometri misurati,
in giallo le finestrature
sicuramente
inidonee al monitoraggio, in arancione i pozzi di cui non si hanno
stratigrafie.
Dalla
lettura dei dati di soggiacenza, anche in considerazione del fatto
che le oscillazioni di
falda
tra i mesi secchi e i mesi piovosi sono dell’ordine di circa 2
metri e che all’epoca delle
attività
di campo si è in prossimità dei minimi di falda emerge chiaramente
che la
finestratura
realizzata per i pozzi spia sia, forse con l’unica eccezione dei
pozzi A1/A2 e
G1/G2
sostanzialmente inidonea per un monitoraggio del cd. “polder”.
In
riferimento alla realizzazione “subottimale” dei pozzi spia, si
rimanda alla figura
sottostante
nella quale è sovraimpressa, per il pozzo F1, al profilo delle
sezioni più
prossime
di realizzazione del cd. “polder”, il livello di falda misurato
durante le attività di
campo
e lo schema di realizzazione del pozzo spia con l’indicazione della
zona finestrata.
Proc.
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Pozzo
Spia esterno F1
Quota
falda a Giugno 2014 ~11,30 m
Figura
6: In figura sono riportati i pannelli e i punti di inezione del
jet-grouting più prossimi al pozzo
spia
esterno F1, la quota di falda misurata e il profilo di realizzazione
del pozzo spia (la larghezza non
è
in scala) in rosso è rappresentato il tratto cieco, mentre in
azzurro quello finestrato.
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E’
chiaramente evidente che il tratto finestrato non si sovrappone né
alla quota di falda, né
alla
totalità della zona in cui è presente il jet grouting.
In
Allegato 7. è riportato lo schema relativo a ogni singolo pozzo spia
esterno.
Prime
evidenze dalle attività di campo
La
principale “scoperta” durante le attività di campo è stato
l’inaspettato rinvenimento di
pompe
fisse in tutti i pozzi spia interni, da A2 a G2, al cd. “polder”.
Dette
pompe erano perfettamente operative e stavano emungendo le acque
sotterranee,
presenti
all’interno del cd. “polder”, sottostanti la discarica.
A
esplicita richiesta dello scrivente perito, è stato comunicato che
non esiste alcun
riscontro
documentale sulle modalità di esercizio di queste pompe.
A
esplicita richiesta dello scrivente perito, il direttore
dell’impianto dichiara che “il
funzionamento
delle pompe è di alcune ore/giorno e che l’operatività di queste
è verificata
ciclicamente
dagli operatori, il quantitativo annuo emunto è stimato in circa
1000 m3.
Le
stesse sono esercite ponendo le pompe a una quota di – 0,5 m
rispetto alla
soggiacenza
misurata nei pozzi spia esterni (piezometri da A1 a G1
rispettivamente)
regolandone
la portata manualmente.”
Nessuna
delle pompe è però dotata né di un registratore di portata, né di
un misuratore di
consumi
elettrici, né di un contatore volumetrico.
In
aggiunta, dette pompe non sono neppure dotate di una rete autonoma di
collettamento
delle
acque sotterranee emunte ma piuttosto si innestano nella rete di
trasferimento del
percolato
o, addirittura, sono convogliate direttamente nei pozzi del percolato
presenti nel
corpo
della discarica e, da qui, sono gestite insieme ai percolati emunti.
Lo
scrivente perito ritiene possibile che i quantitativi di acque
sotterranee, stimati dal
direttore
dell’impianto, siano largamente inferiori a quelli realmente
prelevati e che le
stesse
acque, miscelandosi con il percolato endogeno della discarica e la
modesta
infiltrazione
meteorica, siano la reale causa degli ingenti quantitativi, e delle
modeste
concentrazioni
di inquinanti riscontrate nello stesso.
Quanto
posto in essere è evidentemente, una modalità di gestione del tutto
“irrituale”
sia
per
quanto riguarda il percolato, perché viene diluito e miscelato con
acque sotterranee,
che
per le acque sotterranee, poiché se il cd. “polder” fosse
realmente efficace non
dovrebbe
esservi alcuna necessità di emungere con continuità acque
dall’interno dello
stesso.
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Deve
aggiungersi che, sebbene la possibilità di emungere acque dalle zone
interne al
polder
fosse stato comunicato come opzione percorribile, nel luglio 1999,
all’interno del
documento
di risposta alle richieste di integrazioni da parte della Regione
Lazio, Risposta
al
Quesito 3, tale
procedura temporanea doveva terminare con la realizzazione del
capping.
Quello
che invece si è realizzata e si sta esercendo appare essere una
barriera idraulica
senza,
almeno dai documenti resi disponibili allo scrivente, alcuna
verifica funzionale,
gestionale
e, evidentemente,
autorizzazione.
In
considerazione di queste evidenze, e del fatto che la presenza delle
pompe impediva il
rilievo
dell’effettiva soggiacenza all’interno dei pozzi, si è proceduto
al campionamento
dinamico
delle acque sotterranee dei pozzi, da A2 a G2, direttamente dalle
pompe in
emungimento.
Lo
scrivente perito ha quindi richiesto lo spegnimento e poi, a causa
del fatto che i corpi
delle
pompe impedivano qualsiasi attività di misura, la rimozione delle
stesse, per potere
svolgere
le misure statiche programmate.
I
pozzi interni, da C2 a G2, sono stati pertanto campionati anche in
condizioni statiche.
Non
è stato possibile procedere ai campionamenti dei pozzi A2 e B2,
poiché non è stato
possibile
rimuovere la pompa presente a causa della deformazione del pozzo
assai
presumibilmente
per l’assestamento del corpo della discarica.
Evidenze
dai riscontri chimico analitici
I
certificati analitici, e una tabella riassuntiva, sono riportati in
Allegato 8.
Come
rilevato nei paragrafi relativi all’analisi documentale, le
modalità di realizzazione dei
pozzi/piezometri,
specificamente la finestratura inidonea compromettono in maniera
sostanziale
la qualità delle informazioni ricavabili dalle determinazioni
chimico analitiche.
Sebbene
siano presenti nelle acque sottostanti o prossime al cd. “polder”
e nelle acque di
alcuni
piezometri, modesti superamenti di alcuni metalli rispetto alle CSC
previste dalla
norma
per le acque sotterranee si ritiene che comunque detti dati non
possano essere
considerati
rappresentativi della reale situazione ambientale e del reale impatto
del
complesso
delle discariche, al fine di avere una verifica di questi è
assolutamente
necessario
realizzare pozzi spia e piezometri di monitoraggio idonei.
Ciò
non ostante dai dati di campo è possibile ottenere alcune
informazioni significative per
dare
una compiuta risposta ai quesiti.
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Tabella
4: Estratto dei dati relativi ai piezometri di monte
I
pozzi di monte MWE3 e MWE5, di cui non è nota la stratigrafia (e
pertanto la finestratura)
mostrano
una conducibilità e salinità sensibilmente maggiore, confrontati
con quelli subito
a
valle MW28 MW30.
Escludendo
la possibilità di una rilevante infiltrazione di acque dolci nella
zona compresa
tra
via Monfalcone ed il nuovo invaso della discarica ECOAMBIENTE, si
ritiene che la
motivazione
della differenza possa essere attribuita a una non corretta
finestratura dei
piezometri
MWE3 ed MWE5.
Posto
che le acque, nell’area vasta, risentono sicuramente dell’elevata
salinità dei suoli30
non
è improbabile che la parte più profonda dell’acquifero possa
avere tenori salini più
elevati
rispetto a quella superficiale che risente maggiormente degli apporti
meteorici,
pertanto
in condizioni di finestratura non ottimale è ipotizzabile
l’ottenimento di dati, che
introducono
elementi confondenti nel quadro di valutazione (elevati tenori
salini).
In
termini generali, la salinità delle acque sotterranee introduce
elementi confondenti per
l’individuazione
del percolato nelle acque, poiché quest’ultimo ha sempre
caratteristiche di
salinità
elevate e pertanto la salinità “naturale” delle acque ostacola
il suo tracciamento
nelle
acque sotterranee.
In
relazione ai pozzi spia del cd. “polder”, posto che l’emungimento
della falda operato
tramite
le pompe attivate nei pozzi spia interni, necessariamente, crea una
perturbazione
delle
acque sotterranee, richiamando le stesse verso tali pozzi, il
confronto tra le
caratteristiche
chimiche delle acque in condizioni di prelievo dinamico (pompe
presenti e
attive)
e le successive verifiche in condizioni statiche (pompe rimosse), ci
può indicare se
l’emungimento
riguarda le sole acque contaminate sottostanti al cd. “polder” e
pertanto
dovremmo
trovare, localmente, valori simili oppure se, quantomeno in alcuni
dei pozzi,
esiste
un trasferimento di “acque fresche” dall’esterno verso
l’interno dello stesso.
30
Cfr.
ENEA “Studio finalizzato alla progettazione per la bonifica e/o la
riconversione della discarica di Borgo
Montello
a Latina, relativamente ai Bacini S1, S2 e S3” Giugno 1998, pag.
18.
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Evidentemente,
non conoscendo la portata di emungimento, né il tempo per cui tale
emungimento
era in atto, prima delle attività di campo, dati simili tra i due
campionamenti
non
possono permettere di escludere l’esistenza di vie di trasferimento
tra l’interno e
l’esterno
del cd. “polder”, invece le differenze tra le due coppie di
misure, soprattutto se
rilevanti,
indicano con estrema problabilità l’esistenza di tali vie.
In
relazione a questo si propongono le seguenti tabelle relative al
confronto tra le
caratteristiche
chimiche delle acque negli stessi pozzi spia interni, in condizioni
di
emungimento
con le pompe fisse e in condizioni di campionamento a basso flusso
attraverso
l’impiego dell’attrezzatura di campo.
Tabella
5: Confronto campioni pozzi spia C2 (pompa in emungimento) e C2
(pompa assente)
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Tabella
6: Confronto campioni pozzi spia D2 (pompa in emungimento) e D2
(pompa assente)
Tabella
7: Confronto campioni pozzi spia E2 (pompa in emungimento) e E2
(pompa assente)
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Tabella
8: Confronto campioni pozzi spia F2 (pompa in emungimento) e F2
(pompa assente)
Tabella
9: Confronto campioni pozzi spia G2 (pompa in emungimento) e G2
(pompa assente)
Sebbene
i dati non siano da soli conclusivi, anche perché il tempo trascorso
tra il primo ed
il
secondo campionamento non è, ragionevolmente sufficiente per far
ritornare il sistema
perturbato
in condizioni di equilibrio, emergono evidenti differenze tra i due
assetti di
campionamento
che fanno ritenere probabile, l’esistenza di un trasferimento di
acque tra
l’interno
e l’esterno del polder.
Il
confronto dei dati relativi ai percolati, quello prelevato
dall’accumulo ove convergono
anche
le acque sotterranee di emungimento e quelli relativi ai pozzi PeV2
(relativo al lotto
Valletta
impermeabilizzato), PeS2 (relativo al lotto S2, solo parzialmente
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impermeabilizzato)
e PeZ9B (pozzo relativo alla zona 9 di sopraelevazione, totalmente
impermeabilizzato)
sono riportati nel seguito.
Tabella
10: Campioni del percolato medio presente nei serbatoi di accumulo e
da alcuni dei pozzi
presenti
nella discarica (PeV, PeS2, PeZ9B).
Le
caratteristiche del percolato presente nella vasca di accumulo sono
compatibili con
quelli
riportati in Tabella 1 relativa ai percolati medi smaltiti nel
2011-2012, ciò indica che
l’assetto
di impianto riscontrato durante il sopralluogo, ovvero con le pompe
nei pozzi spia
interni
attive, è ragionevolmente la condizione di funzionamento “normale”
della discarica.
Le
caratteristiche chimiche dei percolati, prelevati nei pozzi di
emungimento, seppur
variabili
nelle loro caratteristiche e non rappresentativi della totalità del
“percolato vero”
estratto
dalla discarica sono, con l’eccezione di quello proveniente da
PeZ9B, sono
sensibilmente
più concentrati del percolato medio.
La
motivazione di questo è da ricercare,
ad avviso dello scrivente, nell’ingente
quantitativo
di
acque sotterranee che vengono emunte dal cd. “polder”
con finalità di barriera idraulica,
e
che sono avviate a smalitmento come percolato.
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Dalle
valutazioni connesse alla struttura “fuori terra” del complesso
delle discariche,
all’infiltrazione
efficace teorica attraverso la copertura stimata e dalle
concentrazioni di
contaminanti
del percolato medio smaltito, rispetto a quanto ragionevole
attendersi e
riscontrato,
a campione in alcuni pozzi, è da ritenere che le acque sotterranee
emunte
contribuiscano
per oltre il 50% dei volumi smaltiti come percolato.
La
limitata concentrazione dei contaminanti nel percolato PeZ9B, più
che ad una
infiltrazione
delle acque meteoriche, comunque possibile in considerazione della
posizione
della
zona di sopraelevazione 9 rispetto alla copertura superficiale, è da
correlare alla
pratica
di rilanciare nei pozzi di percolato le acque sotterranee emunte,
stante l’assenza di
una
rete dedicata di collettamento delle stesse.
Conclusioni
1)
La sostituizione in corso d’opera, per una porzione rilevante e -
per di più - nella
parte
più sensibile dell’opera, del previsto diaframma plastico continuo
in cemento
immorsato
fino a 2-4 metri nelle argille basali, con un “jet-grouting” fino
a 1 metro
sotto
ove si riscontra il 10% medio di argille, non
è considerabile modifica non
sostanziale
e pertanto l’opera risulta essere stata realizzata in radicale
difformità
rispetto
a quanto inizialmente progettato e autorizzato;
2)
La
mancata esecuzione di parte dei collaudi
inizialmente previsti, nonché la
mancata
introduzione di nuove idonee verifiche di quanto variato in corso
d’opera, e
in
particolare del jet-grouting, fanno
ritenere che l’opera non sia stata correttamente
collaudata.
3)
La realizzazione di piezometri
di controllo, e pozzi spia, inidonei al monitoraggio
delle
acque sotterranee nella zona più prossima alla sorgente di
contaminazione
(attuale
e/o storica) non
possono essere ritenuti strumenti efficaci per le previste
verifiche.
4)
L’inidoneità del jet-grouting quale barriera è sostanziata sia
dai riscontri chimico
analitici
delle acque sotterranee presenti nel cd. “polder”, al variare
degli assetti di
campionamento,
sia dalle ingenti quantità di acque sotterranee contaminate
emunte
e allontanate dal sito insieme al percolato della discarica.
5)
Sebbene, in principio, il mantenimento di una barriera idraulica
possa essere una
soluzione
condivisibile per la messa in sicurezza di una discarica, le garanzie
Proc.
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ambientali
che possono essere fornite da una barriera priva di specifica
progettazione,
collaudo e autorizzazione non paiono soddisfacenti.
Risposte
ai quesiti
1)
Sebbene le modalità realizzative dei pozzi e piezometri di
monitoraggio ostacolino
l’accertamento
del reale contributo alla contaminazione della falda acquifera da
parte delle
discariche
S1, S2 e S3, è possibile ritenere che esista un loro contributo
effettivo al
deterioramento
dello stato generale delle acque sotterranee. L’accertata rimozione
di
acque
sotterranee dai pozzi spia interni al cd. “polder” indica che
vi sia contezza di un
effetto
negativo sull’ambiente delle discariche.
2)
Dalla
verifica documentale, nonché dai riscontri di campo, è emerso che
le opere di
bonifica,
segnatamente il cd. “polder” di cinturazione delle discariche
S1, S2 e S3, non
sono
state né correttamente realizzate, né idoneamente collaudate, né
dotate di presidi
funzionali
al monitoraggio ambientale delle stesse.
Genova
26/10/2014
In
fede
Tomaso
Munari
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