sabato 13 dicembre 2014

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Tribunale di Latina
Proc. Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P.
Giudice: Dott. G. Marcelli
Relazione Finale
Dott. Chim. Tomaso Munari
Sommario
Premessa e ricostruzione delle informazioni disponibili ....................................................... 1! I quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice .................................................................................... 5! Le attività peritali .................................................................................................................. 6! Generalità sul percolato di discarica .................................................................................... 8! Stato dei luoghi prima degli interventi di “bonifica” ............................................................ 11! La progettazione e la realizzazione delle opere di “bonifica” ............................................. 14! Il monitoraggio delle acque sotterranee e delle opere di “bonifica” ................................... 19! Qualità e quantità del percolato prodotto dalla discarica ................................................... 22! Criticità individuate nella documentazione in atti ............................................................... 25! Le indagini di campo e sperimentali ................................................................................... 26! Prime evidenze dalle attività di campo ............................................................................... 31! Evidenze dai riscontri chimico analitici ............................................................................... 32! Valutazioni conclusive ........................................................................................................ 38! Risposte ai quesiti .............................................................................................................. 39!
Premessa e ricostruzione delle informazioni disponibili
La deposizione dei rifiuti urbani (nel seguito RU) nel sito di Borgo Montello è iniziata nei
primi anni '70 per decisione del Comune di Latina (discarica S0); nel tempo si sono
succeduti nella gestione delle discariche (S1, S2 e S3) numerosi soggetti che hanno
operato in base alle autorizzazioni ottenute, all'evolversi della normativa del settore
nonché dei problemi ambientali che si sono manifestati.
Attualmente operano nel sito due società, ECOAMBIENTE e INDECO, alle quali è affidata
la gestione di due diverse contigue ma separate aree di discarica.
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La documentazione riguardante l’area ECOAMBIENTE (oggetto del presente giudizio),
acquisita dal fascicolo e resa disponibile dal consulente degli indagati Prof. Umberto
Belluco (riportata nel disco in allegato fuori testo), è estremamente corposa, con alcuni
doppioni, ma non può essere ritenuta esauriente per chiarire il reale stato ambientale del
sito.
Risultano, infatti, poco illuminanti sia le cartografie dello stato attuale dei manufatti e delle
opere, con particolare riferimento ai sistemi di gestione delle acque e dei percolati, sia le
modalità di gestione e controllo messe in atto rispetto a quelle previste nei progetti e nelle
autorizzazioni delle opere. Queste informazioni sono rilevanti per comprendere quale sia
l’attuale situazione di utilizzo e/o di gestione dei singoli invasi che costituiscono la
discarica.
Assai limitate appaiono inoltre le informazioni relative ai pozzi di raccolta percolato, né
appare siano mai state prodotte informazioni circa le caratteristiche chimiche, o le
produttività, dei percolati raccolti dai singoli pozzi di raccolta.
La ricostruzione della geologia del sottosuolo, certamente assai complessa sia per cause
naturali che per le alterazioni indotte dalle attività umane - sia in tempi precedenti alla
realizzazione delle discariche sia conseguenti all'attuale uso del sito - non fornisce
elementi sicuri di valutazione circa la congruità delle “opere di bonifica”1 e altrettanto
inconclusive e/o insufficientemente informative, risultano le indagini chimiche ed
idrologiche condotte negli anni.
Si rammenta che dette indagini sono state realizzate da molteplici soggetti, tra cui ARPA
LAZIO che ha, tra l'altro, elaborato un modello per descrivere la circolazione delle acque di
falda nel sottosuolo della discarica2 ma, a causa della complessa geologia e dei limiti
conoscitivi sulla reale natura del sito e delle opere realizzate, il modello non può essere
considerato pienamente soddisfacente.
Prima di addentrarsi nell’analisi dei problemi esistenti, è opportuno ricordare che la società
ECOAMBIENTE, a fronte della preesistente conclamata contaminazione delle acque
sotterranee, già dal 1998 aveva presentato un progetto di “bonifica” dell'area che
prevedeva la realizzazione di un diaframma plastico con cemento bentonitico (una barriera
fisica) allo scopo di eliminare le fuoriuscite di percolato che si erano manifestate nel sito e
che avevano costretto l'amministrazione ad intervenire con provvedimenti di diffida ai
1 Più propriamente “messa in sicurezza”, vedi nel seguito del testo.
2ARPA LAZIO “Discarica di B.go Montello - Monitoraggio idrogeologico finalizzato al collaudo ambientale
delle opere di messa in sicurezza realizzate e alla valutazione dell’impatto dell’opera sul sito - Relazione
finale Luglio 2005 – Luglio 2008”.
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precedenti gestori dell’impianto, realizzando quindi un opera di “messa in sicurezza
permanente” del sito3.
Il progetto di bonifica iniziale ha subito numerose modifiche ed integrazioni sia per la
necessità di avere la disponibilità di nuovi spazi per lo smaltimento di RU prodotti dal
circondario di Latina che per contemplare l’adeguamento a sopraggiunte e più stringenti
normative, quali il Dlgs. 13 gennaio 2003 n. 36.
In conseguenza delle necessità di smaltimento di RU del comprensorio, nell'ambito del
progetto per l'intervento di bonifica, sono state previste (e poi create) nuove volumetrie,
disponibili per i rifiuti, a sedime invariato4.
La parte più impegnativa dell'intervento di “bonifica” doveva essere la realizzazione di un
diaframma impermeabile (cd. “polder”) attorno agli invasi delle discariche S1, S2, S3
avente uno sviluppo di circa 1600 metri lineari. Detto diaframma doveva essere spinto nel
sottosuolo fino ad immorsarsi sul fondo argilloso5. Lo spessore del manufatto doveva
essere compreso tra 0,6 e 0,8 metri mentre lo sviluppo lineare dell’opera si doveva
ottenere attraverso la realizzazione di “pannelli” di cemento colati all’interno di trincee
verticali realizzate mediante una benna mordente, i “pannelli” così realizzati dovevano
essere collegati tra loro con giunzioni sovrapposte per circa 0,4 - 0,5 metri.
Detto “polder”, come già rammentato, avrebbe dovuto racchiudere i 3 invasi di discarica
contigui contrassegnati dalle sigle S1, S2 ed S3.
Non sono state comprese all’interno del cd. “polder” né la discarica S0 (la più antica
dell’area) né le discariche INDECO, né i successivi lotti ECOAMBIENTE - già realizzati e/o
in progetto - diversi dalle sopraelevazioni concesse a sedime invariato.
In relazione alle informazioni sulle preesistenti discariche, risulta che la discarica S0 sia
stata realizzata priva di impermeabilizzazione sia sulle pareti laterali che sul fondo e
altrettanto privi di protezione risultano il fondo e le pareti laterali dell'invaso S1 mentre
l'impermeabilizzazione del fondo del lotto S2 dovrebbe essere solo parziale.
Con il diaframma, che a progetto doveva essere immorsato nelle argille impermeabili
basali, ci si proponeva di impedire fisicamente il transito delle acque sotterranee nel
terreno sottostante gli abbancamenti di rifiuti ostacolando così la diffusione del percolato
dall’area sottostante le discariche nel sottosuolo al di fuori dell’area sottostante le
discariche.
3 “Progetto di bonifica degli invasi S1, S2, S3 in località Borgo Montello – Relazione tecnica” - 1998
4 “Progetto integrativo del progetto per la bonifica e la sistemazione definitiva degli abbancamenti S1 S2 S3
per la creazione di ulteriori volumi di abbancamento – Relazione tecnica” – 1998 e successive relazioni
2004 e 2006.
5 Progetto di bonifica 1998
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Nel corso delle opere di realizzazione del diaframma plastico verticale si sono presentate
problematiche tali da costringere la Direzione Lavori a una modifica del progetto 6
sostituendo, nella parte inferiore del diaframma, il cd. “polder”, la prevista barriera continua
impermeabile in cemento bentonitico con iniezioni di cemento ad alta pressione, cd. “jet
grouting”7.
Le opere realizzate sono state descritte in una relazione di “progetto costruttivo” nel
novembre 2001 e collaudate in data dicembre 2001.
Nel progetto di “bonifica” sono state altresì previste, e realizzate, opere complementari
quali un sistema di drenaggio e recupero del percolato, la copertura orizzontale
impermeabilizzante dei bacini - onde limitare le infiltrazioni di acque meteoriche nel corpo
della discarica e quindi la generazione di percolato - la regimazione delle acque di
ruscellamento e la riprofilazione delle sponde degli invasi.
Il completamento della maggior parte delle opere è avvenuto dal 2004 ed il collaudo
tecnico funzionale è stato eseguito per lotti, essendo questo vincolato all’esaurimento e
chiusura dei singoli lotti di discarica.
Contestualmente all'esecuzione di questi lavori di messa in sicurezza, per far fronte alle
necessità di spazio per lo smaltimento di RU sono state ricavate nuove volumetrie
abbancabili, sia a sedime invariato (sopraelevazione degli invasi già colmi di rifiuti), sia
ricavando successivamente nuovi invasi per lo smaltimento di RU in aree prossime a
quelle già utilizzate8.
Solo nel 2012 risultano collaudate tutte le opere di copertura dell’insieme delle discariche
S1, S2 ed S3 e di tutti gli ampliamenti (sopraelevazioni a sedime invariato), pertanto
l’insieme delle discariche oggetto delle presenti indagini è oggi nelle condizioni di gestione
post operativa prevista dal Dlgs 36/2003 ovvero nelle condizioni ottimali di minimizzazione
delle infiltrazioni delle acque.
Con lo scopo di verificare lo stato d’inquinamento delle aree e l'efficacia delle attività di
bonifica, numerosi soggetti, nel tempo, hanno svolto attività di controllo analitico e prodotto
un notevole volume di dati (soprattutto Arpa Lazio).
Le indagini eseguite hanno permesso di stabilire che nell'area di Borgo Montello la qualità
delle acque di falda e superficiali risente della presenza delle discariche ma, a giudizio
degli autori, non è possibile distinguere se la contaminazione abbia avuto origine recente
6 Verbale di collaudo in corso d’opera n. 3 del 25 settembre 2001 redatto dal Prof. Ing. Renato Gavasci.
7 Verbale di collaudo in corso d’opera n. 6 del 1 dicembre 2001 redatto dal Prof. Ing. Renato Gavasci.
8 Con filosofie costruttive “moderne” e in linea con le previsioni normative attuali, sebbene lo scrivente non
abbia approfondito le verifiche su queste aree.
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(dopo il 2001 per la poca efficacia degli interventi effettuati - quali l’impermeabilizzazione
dei nuovi lotti e la realizzazione del cd. “polder”) o se sia l’inevitabile conseguenza del fatto
che nel sedime, da circa 30 anni, siano state realizzate discariche per RU senza
l’adozione di idonei accorgimenti per scongiurare la contaminazione delle acque
(soprattutto S0, S1 e S2).
I problemi rilevati hanno causato l'intervento della Magistratura poiché, a fronte della
situazione di fatto, potevano certamente sussistere problematiche aventi rilevanza penale.
Il Tribunale di Latina ha affidato nel 2005 ai dott. Ottaviani e Ziemacki una complessa
perizia la cui consegna è avvenuta circa tre anni dopo.
Le conclusioni della perizia sono sostanzialmente in accordo con quanto segnalato da
ARPA.
In particolare si afferma che:
a) è molto probabile l'esistenza di un contatto idraulico tra l'esterno e l'acquifero confinato
dal cd. “polder” e questo può essere avvenuto perché il cd. “polder” non è stato
realizzato correttamente o, pur essendo stato correttamente realizzato, la realtà
stratigrafica e/o litologica, malgrado l'accuratezza degli studi, è differente da quella
prevista in progetto.
b) in base alle analisi chimiche effettuate sulle acque sotterranee si nota un gradiente di
concentrazione di alcuni parametri lungo la direttrice E-W cioè lungo la direzione del
flusso di falda verso il fiume Astura che è il corpo ricettore delle acque sotterranee che
scorrono sotto la discarica.
c) solo dopo il completamento delle opere (in allora) in corso sarà possibile verificare se
le opere sono state correttamente realizzate.
Preso atto di queste risultanze non conclusive l’Ill.mo Sig. Giudice del Tribunale di Latina,
dott. G. Marcelli, ha ordinato una nuova perizia ed ha affidato l'incarico, in data 12
Dicembre 2012, allo scrivente dott. Chim. Tomaso Munari.
I quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice
attesa la non concludenza degli atti investigativi fino ad ora compiuti, procedere a
nuova perizia che accerti, con riferimento ai bacini S1, S2, S3:
- mediante prelievi sui pozzi interessati, l'esistenza di eventuali contaminazioni chimiche e
microbiologiche della falda acquifera;
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- in caso positivo, se tale contaminazione sia etiologicamente riconducibile a negligenze o
imperizia o comunque a condotta colposa ascrivibile alla ECOAMBIENTE nella
realizzazione delle opere di impermeabilizzazione dei siti che ha o ha avuto in gestione.
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Le attività peritali
Il giorno 15 gennaio 2013, hanno avuto inizio le attività peritali con un sopralluogo presso il
sito di discarica (vedi verbali in Allegato 1.).
In occasione dell’incontro lo scrivente Perito ha richiesto copia della seguente
documentazione:
1) Relazione di progettazione / realizzazione / collaudi delle opere di
impermeabilizzazione dei bacini di interesse (S1, S2 e S3)
2) Autorizzazioni/prescrizioni attuali e pregresse comprendenti:
a. Gli interventi da realizzare sul sito;
b. I monitoraggi interni e le modalità di esecuzione;
c. Modalità di esecuzione dei pozzi (di monitoraggio e non) e stratigrafie degli
stessi.
3) Monitoraggi trasmessi agli enti di controllo e relazioni annuali;
4) Monitoraggi pubblici delle acque sull’area vasta;
5) Ubicazione dei pozzi ad uso idropotabile e irriguo, nell’area vasta, con dati chimico
analitici ed eventuali divieti di utilizzo delle acque;
6) Eventuali relazioni relative alla qualità delle acque in periodi precedenti alla gestione
Ecoambiente dei bacini S1, S2 e S3;
7) Planimetrie e sezioni storiche ed attuali che evidenzino l’evoluzione nel tempo dei
bacini S1, S2 e S3;
8) Relazione geologiche a corredo dei progetti degli interventi;
9) Planimetrie storiche comprendenti le aree destinate a discarica (anche esterne al sito
Ecoambiente) comprensive dei piezometri;
10) Documentazione relativa all’attuale area di coltivazione della discarica Ecoambiente
correlata ad eventuali informazioni di tipo geologico ed idrogeologico sul sito;
11) Gestione del percolato nel tempo (dati chimico analitici, quantitativi e modalità di
stoccaggio - dati integrati e scomposti se esistenti);
12) Ricostruzione della cronologia del sito comprendente gli aspetti societari e gestionali e
degli incarichi ricoperti dai soggetti indagati;
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13) Scarichi idrici e acque meteoriche: controlli da parte degli enti e altra documentazione;
14) Chiusura dei bacini S1, S2 e S3: modalità e tempistica;
15) Impianti di captazione biogas, realizzazione modifiche e produttività;
16) Dati meteo sulle precipitazioni nell’area e controlli;
17) Attuale situazione e storia di S0.
In data 21 febbraio 2013 sono stati trasmessi, via archivio digitale, dal Prof. Belluco, i
documenti richiesti.
La lettura dei documenti non è stata né celere né agevole essendo costituita da documenti
e tavole di progetto spesso difficilmente leggibili, atti autorizzativi, certificati analitici, bilanci
di massa, relazioni di enti pubblici e soggetti privati e molto altro, non sempre complete e/o
coerenti tra loro.
In data 31 maggio 2013, lo scrivente Perito, ha richiesto al Prof. Belluco la seguente
documentazione integrativa:
1) Planimetria indicante sia i piezometri/pozzi esistenti ad oggi (sia relativi al
monitoraggio dell'area vasta che interni/esterni al “polder”) che i piezometri/pozzi
dismessi oggetto di campagne di indagine nel passato.
2) Caratteristiche di ogni piezometro: finestratura, localizzazione, quote testa pozzo,
profondità, ecc.
3) Campagne di misura dei livelli freatimetrici dei piezometri
4) Planimetria e profilo dello sviluppo del diaframma/jet grouting realizzato, riportante il
piano di imposta e la sezione geologica.
5) Tutti i dati e i documenti relativi ai controlli in corso d'opera svolti sul diaframma
plastico e jet grouting previsti dal progetto costruttivo.
6) Planimetria indicante i pozzi di captazione percolato esistenti ad oggi che i pozzi
dismessi.
7) Caratteristiche di ogni pozzo di captazione percolato: finestratura, localizzazione,
quote testa pozzo, profondità, pompe installate e modalità di attivazione ecc.
La stessa è stata consegnata, sempre in formato digitale, il 15 luglio 2013.
Come già indicato l’analisi della documentazione si è rivelata estremamente complessa e
impegnativa.
Sfortunatamente, dalla lettura dei documenti è emerso che, le opere di “bonifica”
realizzate e gli strumenti di “monitoraggio ambientale” messi in opera nel sito, non
permettevano di rispondere ai quesiti posti dall’Ill.mo Sig. Giudice tramite una semplice
indagine chimico-sperimentale.
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E’ stato infatti necessario svolgere una approfondita valutazione critica delle opere e degli
strumenti di monitoraggio a disposizione per potere attribuire il giusto peso alle asserite
caratteristiche delle prime e la reale rappresentatività delle informazioni ricavabili dalle
seconde. In altri termini, si è tentato di delineare un modello realistico della possibile
dinamica dei contaminanti e delle acque sotterranee nel sito allo scopo di evitare di
raggiungere le stesse valutazioni, non conclusive, proposte da altri soggetti incaricati in
passato.
In data 28 novembre 2013, completata l’analisi critica delle documentazione lo scrivente
Perito ha richiesto all’Ill.mo Sig. Giudice la nomina di ausiliari tecnici (Chimico analista e
Geologo) allo scopo di procedere alle attività sperimentali di campo.
A fronte di richiesta da parte dell’Ill.mo Sig. Giudice, in data 24 gennaio 2014, di
chiarimenti circa lo stato delle attività di perizia, lo scrivente ha trasmesso, il giorno 8
febbraio 2014, una relazione preliminare di perizia sulle evidenze emerse dalla complessa
analisi documentale.
Nel seguito, si fornisce la ricostruzione, emersa dalla lettura della documentazione, della
situazione del sito di discarica e del motivo per cui le informazioni raccolte/prodotte da
diversi soggetti non sono risultate sufficientemente chiarificatrici in relazione al reale stato
ambientale del sito.
Generalità sul percolato di discarica
Per una migliore comprensione dei fenomeni alla base dei potenziali impatti ambientali
generati dalle discariche, è utile svolgere le seguenti considerazioni circa il processo di
formazione di un percolato di discarica di RU essendo lo stesso principale causa, e
mezzo, della diffusione della contaminazione associata a tali impianti.
Il percolato è il risultato complesso dei fenomeni di decomposizione dei rifiuti depositati
nelle discariche e dell’infiltrazione e lisciviazione, da parte delle acque meteoriche e/o
sotterranee, degli stessi.
In caso di discariche con invasi impermeabilizzati, esso tende ad accumularsi sul fondo
degli stessi e da qui viene drenato attraverso sistemi di raccolta approntati allo scopo,
mentre in caso di invasi non impermeabilizzati tende a discendere verticalmente nel suolo,
impregnandolo, fino al raggiungimento delle acque sotterranee; da qui il percolato si
diffonde nelle acque seguendo la direzione di scorrimento della falda così contaminando
le matrici ambientali anche al di fuori del sedime della discarica.
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Le discariche “reali” si trovano normalmente in una condizione intermedia tra i due estremi
descritti in funzione della vetustà delle stesse, dell’accuratezza della progettazione e della
realizzazione, delle modalità di gestione nonché - sicuramente – in funzione della geologia
ed idrogeologia del sito prescelto per la realizzazione.
Al fine di valutare gli effetti ambientali del percolato, oltre alla quantità e alla
localizzazione/migrazione del percolato è di notevole importanza anche la composizione
dello stesso. Essa dipende da svariati fattori: dalla natura del rifiuto sversato, dalle
condizioni ambientali, dal tempo trascorso dal conferimento dei rifiuti in discarica.
Sicuramente tra i percolati chimicamente più complessi, ma anche potenzialmente più
dannosi per l’ambiente, spicca il percolato di discarica di RU.
Infatti, l’interazione tra il materiale biologico in putrefazione con le frazioni inorganiche del
RU in presenza dell’umidità - presente all’origine nel rifiuto stesso, per imbibizione da
parte delle acque di pioggia o di infiltrazione, o generata dalle reazioni di degradazione -
produce una “soluzione” ricca di sostanze organiche ed inorganiche che, se lasciata
diffondere nelle acque sotterranee, le contamina.
Va inoltre ricordato che, col tempo, i rifiuti tendono a subire un processo di
biostabilizzazione”, soprattutto ad opera dei batteri che si sviluppano nelle condizioni di
messa in discarica, e con questo processo mutano le caratteristiche chimiche del
percolato.
La “biostabilizzazione” dei rifiuti è descrivibile in quattro stadi che in diverse porzioni di una
discarica possono avvenire contemporaneamente in ragione dei diversi tempi di
deposizione e delle condizioni ambientali e impiantistiche al contorno:
- stadio aerobico: in cui, ad opera dell'ossigeno dell'aria, avviene dapprima la
degradazione delle proteine ad aminoacidi seguita dalla decomposizione a anidride
carbonica (CO2), acqua, nitrati e solfati; i carboidrati (zuccheri e amidi) a CO2 e acqua;
i grassi ad acidi grassi e glicerina. Per effetto dell'idrolisi le catene cellulosiche, che
costituiscono una rilevante componente organica del rifiuto vengono anch’esse
solubilizzate a zuccheri, che si degradano in CO2 e acqua.
Tutti i processi di degradazione sopra riportati si svolgono con generazione di calore
per questo, facilmente, nella massa di rifiuti si raggiungono temperature attorno a 60-
70 C°.
In questa fase la formazione di percolato è bassa, lo stesso si presenta leggermente
acido ed il rifiuto non può essere considerato stabilizzato.
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- stadio anaerobico non metanigeno: quando nella massa del rifiuto l’ossigeno è
consumato, ha inizio la fase di respirazione anaerobica nel corso della quale possono
essere consumati anche eventuali composti ossigenati (nitrati, solfati) presenti.
In questa fase si possono formare acidi organici volatili (acetico, propionico, butirrico
ecc.) e, in generale, i cataboliti (prodotti di degradazione intermedi della sostanza
biologica) che si generano dipendono dal tipo di popolazioni batteriche presenti.
Per il completamento delle prime due fasi sono normalmente necessari 6-8 mesi dalla
chiusura della cella della discarica.
- stadio anaerobico metanigeno instabile: in questa fase ha inizio il processo di
decomposizione anaerobica nel corso del quale una classe di batteri molto eterogenea
converte la sostanza organica, già parzialmente degradata ,a metano (CH4) e CO2.
Nel corso di questa fase avviene anche la completa conversione in acido acetico delle
catene lunghe di acidi grassi. In conseguenza del consumo di acidi grassi nel percolato
diminuisce il valore del COD (domanda chimica di ossigeno, indicatore del grado di
ossidabilità residua del sistema) mentre si innalza, da acido verso la neutralità, il valore
del pH. La percentuale di metano nel gas tende ad aumentare e raggiunge il suo
massimo generalmente dopo 4 - 6 mesi dalla conclusione delle prime due fasi.
A causa del consumo dei prodotti solubili impiegati quale alimento dai batteri
metanigeni, la produzione di metano è, in sostanza, controllata dalla velocità di idrolisi
della cellulosa.
- stadio anaerobico metanigeno stabile: in questa fase la produzione di metano procede
regolarmente con un rapporto CH4/CO2 abbastanza regolare fino al completo consumo
del substrato biodegradabile.
Tale ultimo periodo può durare, con la formazione di un percolato sempre più povero di
sostanze in soluzione, ben oltre 50 anni.
Come si ricava dalla sommaria descrizione del processo di formazione, le caratteristiche
del percolato variano caso per caso e nel tempo essendo influenzate oltre dalle
caratteristiche del rifiuto anche dall'età della discarica e dal bilancio idrico che ha portato
alla produzione del percolato stesso.
Per questi motivi nella letteratura tecnica, per i parametri più significativi, sono riportati
valori che differiscono tra loro anche di ordini di grandezza e sono sempre da valutare e
correlare in funzione delle caratteristiche specifiche della discarica.
Pertanto al fine di caratterizzare il percolato di una discarica, il riferimento alle
concentrazioni di inquinanti deve essere sempre contestualizzato in relazione alle
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modalità di conduzione e all'età della discarica e le stesse non possono essere valutate
senza ponderazione delle condizioni al contorno.
In questo senso, per la valutazione della bontà delle opere di contenimento di una
discarica è almeno necessario che, oltre ai risultati analitici in termini di concentrazione dei
parametri nel percolato, siano sempre riportate informazioni sui volumi di percolato estratti,
sul livello di contaminazione delle acque sotterranee e sulla dinamica delle acque nel, e
sul, sito.
Ne consegue che, nel caso specifico del sito di Borgo Montello, dove le acque di falda
possono essere contaminate da percolati di età molto diverse è molto difficile ricavare
informazioni utili per la datazione del percolato in base ai soli dati chimico-analitici.
Stato dei luoghi prima degli interventi di “bonifica”
I primi documenti presenti negli atti di causa in cui sono segnalati problemi ambientali nel
sito di Borgo Montello riportano le risultanze delle indagini condotte dall'ENEA/UNICHIM
tra il 1995 ed il 19989, indagini che erano state commissionate agli enti citati dal Comune
di Latina a seguito di pesanti fenomeni di contaminazione verificatisi nelle aree a valle
della discarica.
Nel documento datato 1998 le informazioni più interessanti sono quelle desumibili
dall’indagine idrogeologica, risulta infatti che il suolo sottostante le discariche possa
essere considerato come un acquifero unico a permeabilità medio-bassa con
caratteristiche di aquiclude (ovvero un sistema idrico non aperto) essendo poggiato su un
banco di argilla che si trova alla profondità di circa -10 -12 m sotto il livello del mare. E’
segnalata, nella zona della discarica, la probabile presenza nel sottosuolo di alvei di
modesti fossi asciutti che potrebbero fungere da vie preferenziali per il deflusso delle
acque sotterranee superficiali (cfr. pag.40 e segg.).
Risulterebbe, ma lo scrivente non ha avuto riscontro sulla base di dati inequivocabili, che
le discariche S1, S2 e S3 siano state realizzate sulla superficie del terreno senza
l’escavazione di una vasca e che pertanto tutto l’ammasso di rifiuti sia localizzato ad alcuni
metri di distanza dalla sottostante falda acquifera. Questo fatto dovrebbe garantire che
non vi sia transito diretto delle acque sotterranee nel corpo di discarica ma che l’apporto
9 ENEA – UNICHIM Studio comparativo siti contaminati (1995).
ENEA – Studio per l’individuazione dei siti idonei ad ospitare gli impianti di smaltimento dei rifiuti nel territorio
del Comune di Latina (1996).
ENEA – Studio finalizzato alla progettazione per la bonifica e/o la riconversione della discarica di Borgo
Montello a Latina, relativamente ai Bacini S1, S2 e S3 (1998).
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esterno di acque possa avvenire solo attraverso le infiltrazioni dalla superficie della
discarica.
Figura 1: Schema di infiltrazione delle acque in una discarica costruita “sopra suolo”
Come già ricordato la società ECOAMBIENTE, subentrata alla fallita ECOMONT, è
divenuta il gestore della discarica in tempi ragionevolmente recenti (agosto 1998) mentre
gli abbancamenti di RU - negli invasi S1, S2 e S3 - sono stati effettuati in precedenza da
altri soggetti. In considerazione dei problemi esistenti nel sito per lo smaltimento dei RU e
delle diffide delle Amministrazioni locali coinvolte per la preoccupante situazione
ambientale, ECOAMBIENTE si è attivata presentando alla fine del 1998 un progetto di
abbancamento, a sedime invariato, di RU impegnandosi altresì a “bonificare” il sito dove
erano presenti gli altri invasi ormai esauriti S1, S2 ed S3.
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Figura 2: Sezione del complesso delle discariche Ecoambiente al 2003, rispetto alla situazione al
1998 sono presenti il lotto “Valletta” e le sopraelevazioni di “S3” e “Valletta” - zone da 1 a 4 10
La “bonifica” doveva consistere in un’opera di separazione fisica mediante la realizzazione
di una barriera continua in cemento lplatico ungo tutto il perimetro delle discariche, fino a
collegarsi alle argille basali, e la copertura impermeabilizzata della superficie della
discarica con questo impedendo da un lato il transito delle acque sotterranee nel
sottosuolo contaminato dal percolato e dall’altro impedendo alle acque meteoriche di
generare nuovo percolato attraversando l’ammasso dei rifiuti.
Infatti, in assenza di una impermeabilizzazione basale e/o un sistema di rimozione del
percolato dal fondo della discarica, lo stesso si infiltra nel terreno sottostante le discariche
e da qui, raggiungendo le acque sotterranee, le contamina.
Il fenomeno, a parità di natura dei rifiuti, è tanto più rilevante quanto più è antica la
discarica e quanto meno sono impermeabili il fondo e la superficie delle discariche.
! Figura 3: Schema di infiltrazione del percolato di discarica nelle acque sotterranee.
10 La figura è tratta dal documento: Collaudo tecnico-funzionale della copertura della discarica controllata per
rifiuti non pericolosi della Ecoambiente srl – Località Borgo Montello (LT) – Certificato di collaudo, Gennaio
2012 a firma del dott. Ing. Carla Carnieri.
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La progettazione e la realizzazione delle opere di “bonifica”
La proposta progettuale ha subito nel tempo aggiornamenti e nella documentazione
riportata in atti sono presenti varie integrazioni che tengono anche conto delle
osservazioni degli enti di controllo.
Senza avere valore di esatta datazione e/o completezza cronologica, i principali
documenti dovrebbero essere:
- Progetto per la bonifica degli invasi S1, S2 e S3 in località Borgo Montello (mag. - dic.
1998)
- Progetto integrativo per la creazione di ulteriori volumi di abbancamento (dic. 1998 – lug.
1999)
- Progetto costruttivo barriera impermeabile (nov. 2000 - nov. 2001).
ECOAMBIENTE si è proposta di eseguire l'intervento con lo scopo di migliorare
l'affidabilità dell'intero sedime, ricavare nuovi spazi per l'abbancamento di RU, senza
incrementare la superficie occupata dalla discarica stessa e risanare la situazione
ambientale.
Gli interventi più rilevanti previsti dovevano consistere:
- nella rimozione del percolato presente con risagomatura e sistemazione degli ammassi
di RU;
- nella preparazione di nuovi invasi adeguatamente realizzati ed impermeabilizzati, onde
evitare rischi per l'ambiente, allocati sui sedimi dei vecchi lotti di discarica esauriti S1, S2
ed S3. (Merita di essere segnalato che per evitare perdite di volumetria utile
l’impermeabilizzazione è stata, legittimamente, eseguita utilizzando guaine impermeabili a
più strati e non un manto di argilla);
- nella realizzazione del “polder” immorsato nelle argille con lo scopo di creare una
barriera impermeabile alla dispersione del percolato con cinturazione completa, per circa
1,6 km lineari, della discarica - lotti S1, S2 e S3 - la cui superficie complessiva è attorno a
10 ettari;
- nella copertura di tutti gli invasi contenenti rifiuti, regimazione e raccolta delle acque
meteoriche che, qualora necessario, avrebbero dovuto essere depurate prima
dell'immissione delle stesse nel fiume Astura;
- nella realizzazione ed attivazione di un sistema di monitoraggio delle acque sotterranee
e di superficie.
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Nel corso degli anni, sono stati autorizzati ampliamenti sia su aree intercluse (Area
Valletta) che sovrastanti i vecchi lotti, S1, S2 e S3.
Per tale motivo gli aspetti realizzativi e autorizzativi connessi alla copertura delle aree di
discarica sono stati scissi da quelli della cinturazione verticale del sito.
E’ importante segnalare che nel progetto di bonifica si è assunta sufficiente, a evitare la
dispersione del percolato nel sottosuolo a valle della discarica, la copertura
impermeabilizzante della superficie dei vecchi invasi esauriti (cd. capping).
Questo - presumibilmente - poiché si è assunto per certo che i rifiuti, anche negli invasi più
vecchi, siano stati “appoggiati” sulla superficie del terreno preesistente, eventualmente
contenendoli lateralmente con argini in terreno realizzati allo scopo (solo per S3), e non
sversati in vasche ricavate sotto al piano di campagna ovvero, in altri termini, assumendo
per certo che anche i RU localizzati a quota più bassa non avrebbero mai potuto entrare in
contatto (o ancor peggio essere attraversati) dalla falda sotterranea anche in caso di
rilevanti escursioni della stessa11.
Inoltre, nel progetto, è stato considerato che il fondo dei vecchi invasi, anche a seguito
dell’avvenuta mineralizzazione dei RU di più vecchia collocazione, potesse essere
considerato sufficientemente impermeabile così da non richiedere specifici interventi12
pertanto non sono state considerate opere di impermeabilizzazione basale, seppure siano
state elencate come ipotesi di lavoro 13. La separazione e l’isolamento delle discariche
dall’ambiente circostante era stato, quindi, affidato unicamente al diaframma di
cinturazione verticale e alle opere di copertura impermeabile.
Sebbene la realizzazione di una impermeabilizzazione basale su discariche già riempite
sia un’opera tutt’altro che semplice, si ritiene che una indagine dell’effettivo stato del suolo
sottostante le discariche, ad esempio mediante carotaggi inclinati, avrebbe dovuto essere
svolta.
Inoltre a fronte della certamente ingente, in termini di costi sostenuti e attività svolte, opera
di realizzazione del cd. “polder”, l'approfondimento progettuale - ad avviso dello scrivente -
non è stato sufficiente, tanto è vero che solo durante la realizzazione (cfr. verbale n°3 del
collaudo in corso d'opera a firma del Prof. Gavasci) ci si è resi conto dell’impossibilità
pratica di dare esecuzione a quanto inizialmente ipotizzato (realizzazione di un diaframma
plastico attestato per 2 – 4 m nell’argilla basale14), asseritamente, per la complessità della
11 Addendum al progetto integrativo, integrazioni richieste dalla Regione Lazio - Lug. 1999 pag. 16.
12 Progetto di bonifica 1998, pag. 51
13 Progetto di bonifica 1998, pag. 60 - 61
14 Progetto di bonifica 1998, pag 106, poi ridotto a 1 m nel progetto integrativo dic 1998 pag. 22.
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geologia locale del sito, complessità peraltro chiaramente segnalata dallo studio ENEA
(1995-1998).
La parte più critica dell’opera, ovvero la zona inferiore diaframma plastico continuo avente
funzione di barriera fisica per le acque sotteranee - per difficoltà tecniche connesse
all’eccessiva durezza di una formazione rocciosa asseritamente riscontrata15 - è stato
sostituito da jet-grouting (iniezioni di cemento fluido nel suolo), tecnica realizzativa
profondamente diversa e non equivalente a quella inizialmente prospettata.
La tecnica del jet-grouting è certamente efficace per il consolidamento statico di un
terreno, ma non è raccomandata per operazioni d’impermeabilizzazione. Essa può essere
considerata, nel migliore dei casi, un’opera di consolidamento propedeutica alla
realizzazione di altri interventi finalizzati a conseguire una buona impermeabilizzazione.
Si nutrono inoltre fortissimi dubbi sul fatto che questa tecnica possa essere considerata
idonea a risolvere problemi connessi alla “durezza” del substrato, asseritamente riscontrati
durante la realizzazione del cd. “polder”.
In relazione a questo basti solo fare riferimento al documento US EPA (agenzia per la
protezione dell’ambiente statunitense) del 1999, e quindi già ben noto all’epoca della
progettazione, sui sistemi di contenimento sotterranei 16 che indica chiaramente che
L’iniezione di cemento può essere usata in tipi di suolo che vanno dalla ghiaia all’argilla,
ma il tipo di suolo può alterare il diametro della colonna iniettata. Le proprietà del suolo
sono anche correlate all’efficienza. Per esempio l’iniezione nell’argilla è meno efficiente
che nella sabbia”17.
O ancora, tra gli svantaggi della tecnica, sono elencati i seguenti punti:
�� Difficoltà a garantire la continuità dei pannelli (la verticalità è critica per garantire
l’assenza di vuoti fra i pannelli)
�� I fori di iniezione possono disallinearsi
�� L’ostruzione degli iniettori può essere un problema
�� Tipi e densità differenti di suoli condizionano la possibilità di inezione.”
15 Testualmente: “si riscontra l’impossibilità di realizzare la barriera plastica impermeabile (polder) così come
era previsto in progetto a causa della presenza ad una profondità di circa 20 metri dal piano di campagna di
una formazione rocciosa estremamente dura che impedisce lo scavo della trincea”.
16 U.S. Environmental Protection Agency - Office of Solid Waste and Emergency Response.
Subsurface Containment and Monitoring Systems: Barriers and Beyond (Overview Report) - March 1999
(autore L. Pearlman) pagg. 22-28.
17 “Jet grouting can be used in soil types ranging from gravel to clay, but the soil type can alter the diameter
of the grout column. Soil properties also are related to the efficiency. For instance, jet grouting in clay is less
efficient than in sand”
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Una soluzione a molti degli svantaggi è l’iniezione di due cinture sovrapposte di
barriere.”18
Risulta che la stessa non sia una tecnica indicata in substrati rocciosi, per quanto friabili
possano essere, dato che, per poter iniettare del cemento fluido nel suolo e sfruttarne
l’effetto legante, il terreno deve essere costituito da un substato relativamente sciolto (cioè
non coerente).
Non si ritiene, pertanto, che il rinvenimento di formazioni rocciose, tanto consistenti da non
essere aggredibili con la prevista benna mordente, possa indirizzare verso l’impiego del
jet-grouting come tecnica sostitutiva del diaframma continuo plastico, per di più
garantendone equivalente efficacia in termini di tenuta idraulica del manufatto realizzato.
Si aggiunga che, dai documenti relativi ai profili geologici e delle profondità delle opere di
cinturazione prodotti a corredo dell’opera (raccolti in Allegato 2.), appare che il jet grouting
piuttosto che il diaframma plastico, siano stati impiegati indifferentemente in matrici aventi
caratteristiche geotecniche diverse (vedi legenda del “Profilo geologico semplificato –
profondità di attestazione del polder – as built” presente in Allegato 2.) senza una
apparente correlazione alla natura del substrato19.
La planimetria dell’opera di cinturazione è riportata in Allegato 3.
Il documento descrittivo dello scostamento effettuato dal progetto iniziale è l’elaborato
prodotto, ex post, col nome “progetto costruttivo della barriera impermeabile (polder)” del
nov. 2001, coevo all’atto di collaudo della stessa opera.
Detto documento, tecnicamente assai esile non dimostra, in alcun punto, che il risultato
inizialmente ricercato, a seguito della modifica radicale delle modalità realizzative, sia
stato comunque raggiunto.
La consultazione dei verbali del collaudo in corso d'opera non fornisce utili chiarimenti,
anzi desta sincera preoccupazione quanto scritto nel verbale n°8, e ancor più la relazione
di collaudo finale20.
18 “Difficult to ensure panel continuity (verticality is critical to ensure that gaps will not occur between panels)
- Boreholes can become misaligned - Obstruction of jet nozzle can be a problem - Different soil types and
densities affect ability to grout.”
A solution to many of the disadvantages is to inject two overlapping rows of barrier material.”
19 Pannelli da 282 a 291 (da 772,90 m a 795,90 m) infissi fino a oltre 20 m nelle unità calcarenitiche a medioalta
resistenza, mentre 1 pannelli 101 a 129 (da 283,13 m a 360,14 m) infissi a 8,5 m o meno nelle “sabbie
argille e tufi compatti superiori”.
20 Verbale di collaudo del 4 dicembre 2001 pag. 18 “il tratto di terreno trattato … con jet grouting, per quanto
è stato possibile accertare, ha creato uno schermo della permeabilità voluta”.
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Ciò che suscita maggiori perplessità sull’efficacia delle opere, ad avviso dello scrivente, è
la modifica portata al progetto originario senza che a questa sia seguita, quantomeno,
l’adeguamento delle procedure di verifica dell’effettiva tenuta idraulica dell’opera.
Invero, dai documenti di collaudo non risulterebbe che siano state effettuate alcune
fondamentali verifiche di tenuta inizialmente previste per l’opera completata21.
Si rimarca, inoltre, che il limite superiore delle argille, matrice sotto la quale avrebbe
dovuto immorsarsi il diaframma plastico impermeabile, è stato “fissato”, apparentemente di
nuovo ex post, nel Progetto costruttivo del nov. 2001 alla profondità in cui nei campioni
puntuali prelevati durante le attività preliminari di indagine, è stata riscontrata una
presenza del 10% in argilla22 e tale substrato è stato raggiunto solo dal jet-grouting.
Tale ulteriore modifica alle opere inizialmente progettate, a fronte della variabilità della
geologia del sito, avrebbe dovuto far propendere ad aggiuntivi controlli sperimentali delle
soluzioni adottate in corso d’opera, per documentare l’auspicata tenuta idraulica del
manufatto realizzato.
Come sopra ricordato, nella realizzazione della cinturazione, per i terreni più sciolti e/o
prossimi alla superficie è stata utilizzata una benna mordente e, dopo l'asportazione del
terreno, è stata colata la miscela cemento-bentonite, mentre per le zone sottostanti dove
la benna, asseritamente, non riusciva ad operare, per la “durezza” del suolo, è stata
pompata malta cementizia, ad alta pressione, dopo avere eseguito perforazioni lineari del
sottosuolo.
Così procedendo si è auspicato di ottenere, nella parte basale, “colonnati”, le cui “colonne”
intersecandosi verticalmente tra loro avrebbero dovuto costituire una struttura
impermeabile alle acque.
Al variare delle modalità operative i diametri delle colonne “iniettate”, avrebbero dovuto
essere compresi tra 0,6 e 0,9 m (interasse ipotizzato 0,7 m, erroneamente indicato 1,4 m
nel verbale del collaudatore n. 6).
Si è quindi ritenuto che la buona tenuta del diaframma potesse essere raggiunta mediante
la parziale sovrapposizione delle singole colonne di cemento bentonitico senza però aver
condotto, almeno dai documenti di collaudo, alcuna verifica dell’effettivo diametro delle
colonne di jet-grouting alle differenti profondità e nelle differenti matrici presenti nel
sottosuolo.
21 Progetto di bonifica 1998 , pag. 109-111
22 Si ricorda che il progetto originale prevedeva l’immorsamento del diaframma 2 – 4 m nell’argilla basale
(Progetto di bonifica 1998, pag 106), ridotto a 1 solo m nel successivo Progetto Integrativo dic 1998 pag. 22
ma sempre in relazione alla matrice “argille”.
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E’ però del tutto improbabile che il trattamento con iniezioni di cemento bentonitico,
quantomeno nelle matrici rocciose che avevano impedito l’escavazione con la benna
mordente, sia stato sufficiente a garantire la continuità della barriera.
Questi dubbi non nascono da semplici “opinioni” ma, al di là dei dati di letteratura, sono
state direttamente verificate in altri, non positivi, tentativi di conterminazione ambientale
mediante jet-grouting con gradi di intersecazione maggiori e addirittura con tre cinture
sovrapposte di barriere (esempio italiano: l'ACNA di Cengio).
Risulta inoltre, dai documenti forniti, che siano state eseguite molte prove su campioni di
materiali e manufatti ma non indagini sull’effettiva “tenuta” dell’opera, ad esempio
verificando la compenetrazione delle colonne di jet-grouting realizzate.
Soprattutto nei documenti di collaudo, e nelle autorizzazioni rilasciate, non compaiono,
almeno negli atti forniti allo scrivente, motivazioni o chiarimenti sulla mancata esecuzione
dei controlli di tenuta del cd. “polder” previsti nel progetto originario (cfr. pag. 109-111) né
alcuna valutazione tecnica circa la notevole modifica, posta in essere, rispetto al progetto
approvato.
Il monitoraggio delle acque sotterranee e delle opere di “bonifica”
Nonostante le molteplici attività di indagine svolte non è stata raggiunta la certezza
sull'isolamento idraulico del cd. “polder” rispetto alla falda, ma ci si è, sostanzialmente,
limitati a prendere atto dei livelli di concentrazione di inquinanti ritrovati nelle acque di
falda.
Dal complesso dei numerosissimi dati analitici raccolti risulta che la qualità delle acque,
anche a monte della discarica, è scadente e che la stessa peggiori ulteriormente dopo
l’attraversamento del sito. Per la natura degli analiti presenti non è però possibile svolgere
valutazioni conclusive sulla paternità (ed età) delle contaminazioni.
Dal testo del progetto originario (1998) si ricava che i controlli a opera conclusa sulla
tenuta del diaframma avrebbero dovuto essere eseguiti utilizzando - principalmente -
piezometri interni ed esterni all'opera realizzata e operando in maniera opportuna sui pozzi
di raccolta del percolato all’interno dei singoli invasi.
Il collaudo delle varie opere si è protratto nel tempo e, anche nel 2012, il gestore ha
elaborato nuovi documenti che non risultano conclusivi anche se, negli stessi, si afferma
che si sia in presenza di una riduzione generalizzata del carico inquinante.
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Le verifiche eseguite da tecnici che hanno operato sia per conto della Pubblica
Amministrazione, sia per conto dell'Autorità Giudiziaria, che per conto dell'Impresa, non
portano a conclusioni definitive sia per obiettive difficoltà dovute alla complessità del
sistema ma soprattutto per l’inadeguatezza del posizionamento e della realizzazione dei
piezometri di controllo.
Esiste infatti un ostacolo rilevante al fine di permettere, allo scrivente, di considerare le
campagne di monitoraggio analitico, svolte indifferentemente dai diversi soggetti sulle
acque del sito, idonee a rappresentare l’effettivo grado di contaminazione dello stesso.
Detto ostacolo è costituito dal fatto che l’assoluta maggioranza dei piezometri destinati al
controllo delle acque (ma anche buona parte di quelli destinati al controllo della tenuta
della parete impermeabile) sono stati spinti finanche alla profondità di circa 40 m rispetto
al piano di campagna (che lo scrivente ricorda essere, con l’esclusione dei rilievi costituiti
dalle discariche, tra i 12 e 30 m s.l.m.), ma che la finestratura (ovvero il tratto forato e
permeabile alle acque sotterranee) ha generalmente interessato solo la parte più profonda
del piezometro (spesso i 20 m più profondi dei piezometri/pozzi spia).
Questa inusuale scelta realizzativa, oltre ad essere difforme alle norme di buona tecnica
appare in contrasto con le modalità costruttive riportate nel “[Piano di] Monitoraggio
idrogeologico finalizzato al collaudo ambientale delle opere di messa in sicurezza
realizzate e alle valutazione dell’impatto dell’opera sul sito in esame” redatto da ARPA
Lazio il 22/1/2004 nelle more delle prescirizioni per la concessione di ulteriori volumetrie .
Detto piano prevedeva sia per i piezometri esistenti che per i piezometri nuovi (punti 3 e
punto 4 rispettivamente) che gli stessi dovessero presentare una finestratura lungo tutta la
zona satura (ove è presente costantemente acqua sotterranea) e nella zona insatura
interessata dalle fluttuazioni della falda.
Il mancato rispetto della buona prassi, e dell’esplicita prescrizione, non appare essere
stata rilevata da ISPRA e dalla stessa ARPA Lazio neppure nelle relazioni annuali di
monitoraggio nelle quali, pur tabulando dati di finestratura dei pozzi chiaramente inidonei
al monitoraggio, non hanno ritenuto – inspiegabilmente - la questione di alcun interesse.
Questo fatto è ancor più sorprendente posto che ben 6 tecnici qualificati (Chimici,
Ingegneri e Geologi) di ISPRA e ARPA LAZIO hanno sottoscritto le suddette relazioni23.
La criticità della circostanza risiede nel fatto che la contaminazione del sito dipende da
sorgenti localizzate in prossimità della superficie, mentre i piezometri così realizzati
23 Ad esempio: Prot. 2146/2007 - “Relazione annuale 2007” (relativa a lug. 2005 set. 2006) pag. 26, 29 -
Prot. 20387/2012 “Monitoraggio II triennio 2009-2011” pag. 8-9 e 14; Prot. 95013/2013 “Terzo rapporto
attività di monitoraggio – 2012-2013” pag. 7-9;
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possono fornire informazioni al più rappresentative della qualità della porzione più
profonda (e quindi meno interessata dalla contaminazione) delle acque sotterranee.
Negli schizzi seguenti sono rappresentate le due condizioni di campionamento.
Figura 4: Piezometro con finestratura idonea, intercetta la contaminazione della falda correttamente
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Figura 5: Piezometro con finestratura non idonea, non intercetta completamente la contaminazione
della falda
Appare evidente che, campionando da piezometri realizzati secondo la seconda modalità
ottengo informazioni, prevalentemente, indicative della qualità della zona inferiore
dell’acquifero e non informazioni indicative della parte sommitale più prossimo alla
sorgente di contaminazione di interesse.
In ultimo, desta sincera perplessità il fatto che, posto che l’opera di cinturazione delle
vecchie discariche S1, S2 ed S3, il cd. “polder”, è stata la principale opera di bonifica, o
meglio di “messa in sicurezza permanente” realizzata nel distretto delle discariche, le
autorità non abbiano ritenuto strategico il monitoraggio dei pozzi spia, interni ed esterni al
cd. “polder” per verificarne l’effettiva tenuta.
Qualità e quantità del percolato prodotto dalla discarica
Risultano particolarmente elevati i volumi di percolato smaltiti dall’impianto e modesto il
loro grado di contaminazione.
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In relazione alla qualità del percolato del vecchio invaso, risulta, dalla valutazione dei dati
campioni degli anni 2011-2012, analizzati ai fini dello smaltimento, che le caratteristiche
siano quelle riportate nella seguente tabella.
! ! Campioni!2011! Campioni!2012!
! !
590/2011! 1499/2011! 2278/2011! 203/2012! 748/2012! 1357/2012! 1963/2012!
Parametro! unità! !! !! !! !! !! !! !!
Conducibilità! μS/cm! 10600! 7300! 10010! 12500! 8200! 17160! 13200!
Residuo!a!105!°C! mg/l! 2600! 3600! 4700! 6000! 4000! 7700! 6900!
COD! mg!O2/l! 1421! 850! 1400! 1360! 790! 4000! 1590!
BOD5! mg!O2/l! 780! 470! 777! 750! 430! 2170! 864!
Rapp.!BOD/COD! H! 0,55! 0,55! 0,56! 0,55! 0,54! 0,54! 0,54!
Ammoniaca! mg/l! 826,7! 507,1! 704,4! 1079,7! 505,2! 1627,7! 1050,9!
Cloruri! mg/l! 569,5! 977,4! 1504,2! 1839! 1349,1! 2648,5! 2099!
Solfati! mg/l! 34,3! 60,6! 34! 63,1! 43! 15,5! 33,4!
Tabella 1: Parametri salienti dei percolati misti dal vecchio invaso, nel 2011-2012.
In considerazione del fatto che le ultime attività di smaltimento del vecchio invaso sono
terminate nell’anno 2009 i valori di COD e BOD5, pur nella loro variabilità, appaiono
modesti (con la sola eccezione del campione 1357/2012) e fanno ipotizzare la
commistione con acque non di percolazione.
Considerando che il complesso delle discariche è dotato di una impermeabilizzazione
superficiale appena completata e che gli invasi S1, S2 e S3, sono tutti localizzati al di
sopra del livello delle acque sotterranee, l’infiltrazione di “acque fresche” per generare
percolato è largamente inferiore al 27% della piovosità dichiarato nel testo delle relazioni
annuali24.
In realtà, questa stima di percolato prodotto non corrisponde a quanto desumibile dai
valori tabulati nelle relazioni annuali. Nel seguito si riportano i dati della Relazione 2013,
relativa all’anno 2012, anno in cui il complesso delle discariche (S1, S2, S3 e
sopraelevazioni a sedime invariato) è sicuramente completamente impermeabilizzato.
Anno$2012$ mm$di$pioggia$ Kg$percolato$vecchio$
invaso$
Gennaio 35,4 837.020
Febbraio 124,2 1.904.220
Marzo 5,8 1.028.980
Aprile 78,2 926.360
24 Si veda ad esempio la “Relazione Annuale – anno 2012 prodotta da Ecoambiente in conformità alle
previsioni del Dlgs. 36/2003. Pag.
Proc. Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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Maggio 56,6 912.040
Giugno 56,0 648.820
Luglio 36,2 780.380
Agosto 57,2 560.360
Settembre 172,0 1.066.220
Ottobre 123,4 1.065.640
Novembre 42,2 1.220.440
Dicembre 91,6 1.554.960
Annuo 878,8 12.505.440
Tabella 2: Piovosità (in mm) e percolato (in kg) generati dal vecchio invaso
Il quantitativo di percolato smaltito è, per una discarica “in rilevato” quale quella di Borgo
Montello25, straordinariamente elevato e non giustificabile.
In considerazione del fatto che la superficie totale del complesso delle vecchie discariche
è pari a 110.000 m2, impiegando i dati sopra riportati la stima della produzione di percolato
dovrebbe essere il 13% circa della piovosità indicata26.
Detto valore, sebbene sensibilmente inferiore a quanto riportato nel testo della relazione
annuale, non è compatibile con i dati di infiltrazione efficace assunti in letteratura27 che
danno, per una matrice in argilla/sabbia limosa un valore compreso tra l’1,6% e il 7%.
Si rammenta che la discarica ha una copertura superficiale, sottoposta a positivo collaudo
nel gennaio 2012, che prevede 0,5 m di Argilla o geomembrana equivalente, e pertanto la
differenza di produzione di percolato tra un valore prossimo a quello inferiore stimato dell’
1,6% e quello effettivo del 13%, deve essere necessariamente attribuita
all’autoproduzione da parte dei rifiuti abbancati o ad altre cause, e non può certo essere
correlata a “copiose” infiltrazioni dalla superficie.
Invero i dati meteoclimatici messi a disposizione dall’Istituto Idrografico e Mareografico
della Regione Lazio danno, per l’anno 2012 per l’area di Borgo Montello, una piovosità di
soli 466,4 mm28. Detta piovosità, se da un lato porta la stima della produzione del
percolato, rispetto alle piogge, a circa il 24% (dato più prossimo a quello di 27% dichiarato
nel testo) fa attribuire, tramite la correlazione all’infiltrazione efficace teorica per una
matrice in argilla/sabbia limosa un valore di percolato attribuibile alle piogge compreso tra
25 Ovvero senza la possibilità di infiltrazione, da parte delle acque sotterranee, nel corpo di discarica.
26 Considerando una densità pari a 1, il percolato prodotto in un anno è pari a circa 12.500 m3, questo valore
diviso il quantitativo di acqua piovuto sulla superficie della discarica in un anno circa 96.500 m3 (0,878
mpioggia/m2
superficie della discarica moltiplicato 110.000 m2) il valore che si ottiene è circa 13%
27 Si veda, ad esempio, il documento APAT “Criteri metodologici per l'applicazione dell'analisi assoluta di
rischio ai siti contaminati” - Revisione 2 - Marzo 2008, che prevede una Ief (in cm/anno) pari a
0,0009*Piovosità2 (in cm/anno) per il SILT, mentre una Ief (in cm/anno) pari a 0,00018*Piovosità2 (in
cm/anno) per l’ARGILLA.
28 http://www.idrografico.roma.it/annali/ Stazione: Borgo Montello - Anno: 2012 – Totale annuo: 466,4
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l’0,8% e il 4,2%, dati che rendono ancor meno giustificabili gli ingenti volumi di percolato
smaltito.
Se a questa considerazione si aggiunge la moderata concentrazione di contaminanti
presente nel percolato smaltito, appare verosimile che sia in corso un emungimento delle
acque sotterranee all’interno del cd. “polder” al fine di limitare la fuoriuscita di contaminanti
dalla barriera, asseritamente, impermeabile.
Di detta pratica si è avuta evidenza durante le attività di campo, trattate in successivo
paragrafo.
Anche in relazione alla singolarità della quantità/qualità del percolato, non appare che gli
enti di controllo abbiano posto la necessaria attenzione al monitoraggio del livello della
falda all’interno ed all’esterno del diaframma in relazione alle fluttuazioni della stessa o,
molto più semplicemente, alla verifica dell’esistenza di un emungimento delle acque
sotterranee dai pozzi spia, nominalmente di monitoraggio, realizzati all’interno della
barriera impermeabile”, circostanza invece pacificamente emersa durante le attività di
campo svolte dallo scrivente, e che avrebbe dovuto essere riscontrata anche dai
controllori, osservando lo stabile posizionamento di una pompa fissa, in ogni pozzo spia
interno, destinata all’emungimento delle acque sotterranee.
In assenza di emungimento, la misura delle variazioni dei livelli delle acque nelle coppie di
pozzi spia, interno ed esterno, a fronte delle oscillazioni stagionali o ad opera delle acque
di pioggia sarebbero state lo strumento più semplice per chiarire l’efficacia della tenuta del
diaframma, piuttosto che la realizzazione di campagne chimico analitiche nella rete di
piezometri esterni, per di più finestrati in maniera inidonea o, addirittura, non nota29.
Criticità individuate nella documentazione in atti
Le criticità maggiori individuate dallo studio degli atti a disposizione, in relazione
all’intervento di “bonifica” della discariche S1, S2 e S3, sono risultate essere:
1) Avere sostituito in corso d’opera, per una porzione rilevante e - per di più - nella
parte più sensibile dell’opera, la realizzazione di un diaframma plastico continuo in
cemento con iniezioni di cemento (cd. “jet-grouting”);
2) Avere assunto che la sovrapposizione del 30%, teorica e mai valutata con verifiche
mirate, tra una singola cintura di “colonne” di jet-grouting, per di più in matrici di
29 Pozzi della rete interna di monitoraggio MWP4 e MW7 bis, rete esterna di monitoraggio MWE2, MWE3,
MWE5, MWE7, MWE11, MWE12, MWE13, MWE14, MWE15.
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suolo in cui il jet-grouting non è indicato come tecnologia di trattamento, fosse
sufficiente a garantire la creazione di una parete impermeabile;
3) Avere assunto, in difformità al progetto originario ma anche alla variante di progetto,
che l’immorsamento delle opere di fondo potesse essere considerato sufficiente
raggiunto il 10% di contenuto di argilla nel substrato, anziché il raggiungimento
dell’effettivo strato basale di argilla;
4) Non avere previsto una approfondita verifica in fase di collaudo della tenuta
idraulica di questa soluzione radicalmente modificativa del progetto;
5) Non avere messo in opera, neppure, le verifiche inizialmente previste per la verifica
della tenuta idraulica della barriera secondo il progetto originario (in principio
applicabili anche al manufatto così come realizzato);
6) Non avere effettuato un controllo sistematico, dopo il completamento dell’opera e
nel tempo, delle quote di falda all’interno ed all’esterno del cd. “polder” misurando -
ad esempio - le differenze tra i livelli dei piezometri spia, anche attraverso
registrazioni continue;
7) Avere realizzato e impiegato piezometri di controllo, e pozzi spia, incapaci di
monitorare le acque sotterranee nella zona più prossima alla sorgente di
contaminazione (attuale e/o storica) ma idonei a misurare solo la zona più profonda
e quindi meno contaminata dell’acquifero.
Le indagini di campo e sperimentali
Le attività di indagine sono state, necessariamente, un compromesso tra la necessità di
ricavare informazioni quanto più esaurienti per rispondere ai quesiti posti dall’Ill.mo Sig.
Giudice, senza però prevedere la realizzazione di una nuova idonea rete di monitoraggio,
né procedere con verifiche invasive circa la tenuta idraulica delle opere.
Questo poiché i costi degli interventi sarebbero stati assolutamente rilevanti e perché, a
parere dello scrivente, dette verifiche potranno essere svolte in seguito, con l’auspicabile
imposizione alla società ECOAMBIENTE dell’effettiva realizzazione delle opere funzionali
alle verifiche previste dagli atti autorizzativi, nonché al richiamo degli Enti di controllo allo
svolgimento di attività di monitoraggio efficaci, e non solo formali.
Il piano di indagini sperimentali era stato sintetizzato in appendice alla relazione
preliminare, trasmessa all’Ill.mo Sig. Giudice in data 8 febbraio 2014, lo stesso, insieme
alle offerte delle società individuate per svolgere materialmente lo stesso, è stato
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trasmesso in data 28 febbraio 2014, ma l’organizzazione della stessa, sia per l’impegno
economico connesso a una campagna complessa su molteplici pozzi e piezometri, sia
perché, dopo una preliminare disponibilità di massima, ARPALAZIO Dip. di Latina ha
ritirato la sua disponibilità allo svolgimento delle indagini per motivi di natura logisticoorganizzativa,
le attività di campo sono potute procedere solamente dal giorno 9 giugno
2014 e si sono protratte, nel sito della discarica, fino al 13 giugno 2014. Le attività chimico
analitiche di laboratorio sono continuate fino al giorno 24 luglio 2014.
Il piano, per le attività di campo, inizialmente prevedeva:
1. Misura del livello delle acque sotterranee da n. 24 piezometri/pozzi da aree interne
al perimetro della discarica + n. 3 piezometri esterni (di monte) appartenenti alla
rete di monitoraggio ARPA Lazio.
2. Misura del livello del percolato da n. 13 pozzi di raccolta.
Nel caso in cui siano presenti pompe in emungimento, la misura del livello sarà
effettuata sia in emungimento che a riposo.
3. Campionamento delle acque dai 27 piezometri/pozzi, ove permesso dalla modalità
realizzativa, a profondità diverse anche all’interno dello stesso piezometro.
Prevedendo, in totale, 35 campioni di acqua sotterranea.
4. Campionamento da 13 pozzi di raccolta percolato + 2 campioni dalla vasca di
accumulo percolato presente in impianto.
5. La misura i parametri chimico fisici delle acque/percolati (Conducibilità elettrica,
temperatura e potenziale redox) allo scopo di procedere ai campionamenti solo
raggiunta sufficiente stazionarietà dei parametri, quantomeno, temperatura e
conducibilità elettrica.
Per evitare ogni interferenza nei dati analitici, condizionamento delle pompe di prelievo
e cambio integrale del tubo della pompa per ogni piezometro.
Il piano, per le attività di chimico analitiche, inizialmente prevedeva determinazioni degli
stessi parametri sia sulle acque sotterranee che sui percolati, specificamente:
Conducibilità elettrica;
Richiesta Chimica di Ossigeno (COD);
Salinità;
Azoto Ammoniacale (NH3);
Cationi (Ca2+; Mg2+; Na+; K+)
Anioni (Cl-; SO4
2-; HCO3
-, CO3
2-; NO3
-; PO4
3-);
Solventi Clorurati.
Le attività di campo e sperimentali hanno richiesto l’impiego di personale esperto, mezzi e
modalità di campionamento idonei, allo scopo di effettuare campionamenti delle acque
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sotterranee/percolati quanto più possibili privi di errori sistematici e interferenze, nonché si
è posto particolare cura ed attenzione nella gestione dei campioni per le successive
analisi di laboratorio.
Allo scopo, lo scrivente si è avvalso del personale e delle attrezzature della società Ireos
Laboratori, per la parte relativa alle attività di campo, della società Agrochimica Pontina,
per la parte analitica, nonché del coordinamento e supervisione delle attività di laboratorio,
da parte del dott. Fabrizio Martinelli, ausiliario del perito.
Le indagini di campo, iniziate il giorno 9 giugno 2014 e terminate il giorno 13 giugno 2014
(verbali in Allegato 1.) hanno previsto la realizzazione di misure dei livelli di alcuni
piezometri di monitoraggio, dei pozzi spia interni ed esterni (la cui posizione è riportata in
Allegato 3.), dei pozzi di raccolta percolato (la cui posizione è riportata in Allegato 4.)
nonché i campionamenti di acque sotterranee e percolati per le successive verifiche
chimico analitiche.
I punti di indagine sono stati meno di quelli inizialmente previsti, quelli effettivamente
monitorati sono riportati nella planimetria in Allegato 5.
I punti di indagine sono suddivisibili fondamentalmente in 3 zone, piezometri di “monte”,
pozzi spia del cd. “polder”, piezometri di “valle”.
I pozzi spia sono ulteriormente suddivisibili in “interni” ed “esterni”.
Si è proceduto pertanto a campionare le acque sotterranee:
dai piezometri MWE3, MWE5, MW28, MW30 (zona a “monte” della discarica);
dai pozzi spia A2, B2, C2, D2, E2, F2, G2 (“interni” al cd. “polder”);
dai pozzi spia A1, B1, C1, D1, E1, F1, G1 (“esterni” al cd. “polder”);
dai piezometri MW4, MWP4, MW23, MW24, MW25 (zona a “valle” della discarica).
I piezometri MW4 e MW24 sono stati campionati a due quote diverse per verificare se,
anche con i limiti connessi alle finestrature errate, potevano essere tratte conclusioni
dirette sulla contaminazione del sito.
Si è inoltre proceduto al campionamento di 3 pozzi del percolato presenti nel corpo di
discarica, PeS2, PeZ9B e PeV2, e si è provveduto a realizzare un campione del percolato
presente nella vasca di accumulo propedeutica allo smaltimento esterno.
Per tutti i piezometri, i pozzi di raccolta percolato e i pozzi di monitoraggio interni ed
esterni al cd. “polder”, sono state effettuate, quando possibile, misure della quota relativa
della testa del pozzo rispetto al piano campagna, della quota del fondo pozzo, della
soggiacenza delle acque sotterranee/percolati.
Le misure effettuate durante le attività di campo sono riportate in Allegato 6.
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Nella tabella seguente sono riportati i dati di campo di maggiore interesse.
opera
Quota testa
pozzo (m.
s.l.m.)
Profondità
inizio filtro (m
da p.c.)
Soggiacenza
misurata giugno
2014
Differenza tra
finestratura e
soggiacenza
(+ = tratto cieco)
Quota falda
giu 2014
(m.s.l.m)
monte
MWE3 30,67 ? 17,20 13,47
MWE5 28,84 16,00 15,00 1,00 13,84
MW28 (ex MW 26) 30,73 15,00 17,84 -2,84 12,89
MW30 (ex MW 28) 28,26 11,00 15,75 -4,75 12,51
esterni polder
A1 (o MW7) 29,73 18,30 16,89 1,41 12,84
B1 25,90 23,30 13,31 9,99 12,59
C1 21,73 17,00 9,57 7,43 12,16
MW3 (o D1) 20,58 14,50 8,95 5,55 11,63
E1 18,23 18,00 7,60 10,40 10,63
F1 20,87 18,00 9,56 8,44 11,31
G1 26,97 15,00 14,13 0,87 12,84
interni polder
MWP3 (o A2) 33,19 22,00 / / /
B2 33,78 25,00 / / /
C2 28,04 25,00 16,80 8,20 11,24
MWP1 (o D2) 28,08 25,00 16,75 8,25 11,33
E2 22,15 22,00 11,27 10,73 10,88
F2 25,05 25,00 15,99 9,01 9,06
G2 30,44 18,00 16,20 1,80 14,24
valle
MWP4 29,30 16,50 17,68 -1,18 11,62
MW4 18,46 6,00 8,87 -2,87 9,59
MW23 12,61 2,00 3,40 -1,40 9,21
MW24 12,80 3,00 3,63 -0,63 9,17
MW25 16,42 4,00 6,33 -2,33 10,09
Tabella 3: Soggiacenze e dati caratteristici dei pozzi/piezometri misurati, in giallo le finestrature
sicuramente inidonee al monitoraggio, in arancione i pozzi di cui non si hanno stratigrafie.
Dalla lettura dei dati di soggiacenza, anche in considerazione del fatto che le oscillazioni di
falda tra i mesi secchi e i mesi piovosi sono dell’ordine di circa 2 metri e che all’epoca delle
attività di campo si è in prossimità dei minimi di falda emerge chiaramente che la
finestratura realizzata per i pozzi spia sia, forse con l’unica eccezione dei pozzi A1/A2 e
G1/G2 sostanzialmente inidonea per un monitoraggio del cd. “polder”.
In riferimento alla realizzazione “subottimale” dei pozzi spia, si rimanda alla figura
sottostante nella quale è sovraimpressa, per il pozzo F1, al profilo delle sezioni più
prossime di realizzazione del cd. “polder”, il livello di falda misurato durante le attività di
campo e lo schema di realizzazione del pozzo spia con l’indicazione della zona finestrata.
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Pozzo Spia esterno F1
Quota falda a Giugno 2014 ~11,30 m
Figura 6: In figura sono riportati i pannelli e i punti di inezione del jet-grouting più prossimi al pozzo
spia esterno F1, la quota di falda misurata e il profilo di realizzazione del pozzo spia (la larghezza non
è in scala) in rosso è rappresentato il tratto cieco, mentre in azzurro quello finestrato.
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E’ chiaramente evidente che il tratto finestrato non si sovrappone né alla quota di falda, né
alla totalità della zona in cui è presente il jet grouting.
In Allegato 7. è riportato lo schema relativo a ogni singolo pozzo spia esterno.
Prime evidenze dalle attività di campo
La principale “scoperta” durante le attività di campo è stato l’inaspettato rinvenimento di
pompe fisse in tutti i pozzi spia interni, da A2 a G2, al cd. “polder”.
Dette pompe erano perfettamente operative e stavano emungendo le acque sotterranee,
presenti all’interno del cd. “polder”, sottostanti la discarica.
A esplicita richiesta dello scrivente perito, è stato comunicato che non esiste alcun
riscontro documentale sulle modalità di esercizio di queste pompe.
A esplicita richiesta dello scrivente perito, il direttore dell’impianto dichiara che “il
funzionamento delle pompe è di alcune ore/giorno e che l’operatività di queste è verificata
ciclicamente dagli operatori, il quantitativo annuo emunto è stimato in circa 1000 m3.
Le stesse sono esercite ponendo le pompe a una quota di – 0,5 m rispetto alla
soggiacenza misurata nei pozzi spia esterni (piezometri da A1 a G1 rispettivamente)
regolandone la portata manualmente.”
Nessuna delle pompe è però dotata né di un registratore di portata, né di un misuratore di
consumi elettrici, né di un contatore volumetrico.
In aggiunta, dette pompe non sono neppure dotate di una rete autonoma di collettamento
delle acque sotterranee emunte ma piuttosto si innestano nella rete di trasferimento del
percolato o, addirittura, sono convogliate direttamente nei pozzi del percolato presenti nel
corpo della discarica e, da qui, sono gestite insieme ai percolati emunti.
Lo scrivente perito ritiene possibile che i quantitativi di acque sotterranee, stimati dal
direttore dell’impianto, siano largamente inferiori a quelli realmente prelevati e che le
stesse acque, miscelandosi con il percolato endogeno della discarica e la modesta
infiltrazione meteorica, siano la reale causa degli ingenti quantitativi, e delle modeste
concentrazioni di inquinanti riscontrate nello stesso.
Quanto posto in essere è evidentemente, una modalità di gestione del tutto “irrituale” sia
per quanto riguarda il percolato, perché viene diluito e miscelato con acque sotterranee,
che per le acque sotterranee, poiché se il cd. “polder” fosse realmente efficace non
dovrebbe esservi alcuna necessità di emungere con continuità acque dall’interno dello
stesso.
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Deve aggiungersi che, sebbene la possibilità di emungere acque dalle zone interne al
polder fosse stato comunicato come opzione percorribile, nel luglio 1999, all’interno del
documento di risposta alle richieste di integrazioni da parte della Regione Lazio, Risposta
al Quesito 3, tale procedura temporanea doveva terminare con la realizzazione del
capping.
Quello che invece si è realizzata e si sta esercendo appare essere una barriera idraulica
senza, almeno dai documenti resi disponibili allo scrivente, alcuna verifica funzionale,
gestionale e, evidentemente, autorizzazione.
In considerazione di queste evidenze, e del fatto che la presenza delle pompe impediva il
rilievo dell’effettiva soggiacenza all’interno dei pozzi, si è proceduto al campionamento
dinamico delle acque sotterranee dei pozzi, da A2 a G2, direttamente dalle pompe in
emungimento.
Lo scrivente perito ha quindi richiesto lo spegnimento e poi, a causa del fatto che i corpi
delle pompe impedivano qualsiasi attività di misura, la rimozione delle stesse, per potere
svolgere le misure statiche programmate.
I pozzi interni, da C2 a G2, sono stati pertanto campionati anche in condizioni statiche.
Non è stato possibile procedere ai campionamenti dei pozzi A2 e B2, poiché non è stato
possibile rimuovere la pompa presente a causa della deformazione del pozzo assai
presumibilmente per l’assestamento del corpo della discarica.
Evidenze dai riscontri chimico analitici
I certificati analitici, e una tabella riassuntiva, sono riportati in Allegato 8.
Come rilevato nei paragrafi relativi all’analisi documentale, le modalità di realizzazione dei
pozzi/piezometri, specificamente la finestratura inidonea compromettono in maniera
sostanziale la qualità delle informazioni ricavabili dalle determinazioni chimico analitiche.
Sebbene siano presenti nelle acque sottostanti o prossime al cd. “polder” e nelle acque di
alcuni piezometri, modesti superamenti di alcuni metalli rispetto alle CSC previste dalla
norma per le acque sotterranee si ritiene che comunque detti dati non possano essere
considerati rappresentativi della reale situazione ambientale e del reale impatto del
complesso delle discariche, al fine di avere una verifica di questi è assolutamente
necessario realizzare pozzi spia e piezometri di monitoraggio idonei.
Ciò non ostante dai dati di campo è possibile ottenere alcune informazioni significative per
dare una compiuta risposta ai quesiti.
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Tabella 4: Estratto dei dati relativi ai piezometri di monte
I pozzi di monte MWE3 e MWE5, di cui non è nota la stratigrafia (e pertanto la finestratura)
mostrano una conducibilità e salinità sensibilmente maggiore, confrontati con quelli subito
a valle MW28 MW30.
Escludendo la possibilità di una rilevante infiltrazione di acque dolci nella zona compresa
tra via Monfalcone ed il nuovo invaso della discarica ECOAMBIENTE, si ritiene che la
motivazione della differenza possa essere attribuita a una non corretta finestratura dei
piezometri MWE3 ed MWE5.
Posto che le acque, nell’area vasta, risentono sicuramente dell’elevata salinità dei suoli30
non è improbabile che la parte più profonda dell’acquifero possa avere tenori salini più
elevati rispetto a quella superficiale che risente maggiormente degli apporti meteorici,
pertanto in condizioni di finestratura non ottimale è ipotizzabile l’ottenimento di dati, che
introducono elementi confondenti nel quadro di valutazione (elevati tenori salini).
In termini generali, la salinità delle acque sotterranee introduce elementi confondenti per
l’individuazione del percolato nelle acque, poiché quest’ultimo ha sempre caratteristiche di
salinità elevate e pertanto la salinità “naturale” delle acque ostacola il suo tracciamento
nelle acque sotterranee.
In relazione ai pozzi spia del cd. “polder”, posto che l’emungimento della falda operato
tramite le pompe attivate nei pozzi spia interni, necessariamente, crea una perturbazione
delle acque sotterranee, richiamando le stesse verso tali pozzi, il confronto tra le
caratteristiche chimiche delle acque in condizioni di prelievo dinamico (pompe presenti e
attive) e le successive verifiche in condizioni statiche (pompe rimosse), ci può indicare se
l’emungimento riguarda le sole acque contaminate sottostanti al cd. “polder” e pertanto
dovremmo trovare, localmente, valori simili oppure se, quantomeno in alcuni dei pozzi,
esiste un trasferimento di “acque fresche” dall’esterno verso l’interno dello stesso.
30 Cfr. ENEA “Studio finalizzato alla progettazione per la bonifica e/o la riconversione della discarica di Borgo
Montello a Latina, relativamente ai Bacini S1, S2 e S3” Giugno 1998, pag. 18.
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Evidentemente, non conoscendo la portata di emungimento, né il tempo per cui tale
emungimento era in atto, prima delle attività di campo, dati simili tra i due campionamenti
non possono permettere di escludere l’esistenza di vie di trasferimento tra l’interno e
l’esterno del cd. “polder”, invece le differenze tra le due coppie di misure, soprattutto se
rilevanti, indicano con estrema problabilità l’esistenza di tali vie.
In relazione a questo si propongono le seguenti tabelle relative al confronto tra le
caratteristiche chimiche delle acque negli stessi pozzi spia interni, in condizioni di
emungimento con le pompe fisse e in condizioni di campionamento a basso flusso
attraverso l’impiego dell’attrezzatura di campo.
Tabella 5: Confronto campioni pozzi spia C2 (pompa in emungimento) e C2 (pompa assente)
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Tabella 6: Confronto campioni pozzi spia D2 (pompa in emungimento) e D2 (pompa assente)
Tabella 7: Confronto campioni pozzi spia E2 (pompa in emungimento) e E2 (pompa assente)
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Tabella 8: Confronto campioni pozzi spia F2 (pompa in emungimento) e F2 (pompa assente)
Tabella 9: Confronto campioni pozzi spia G2 (pompa in emungimento) e G2 (pompa assente)
Sebbene i dati non siano da soli conclusivi, anche perché il tempo trascorso tra il primo ed
il secondo campionamento non è, ragionevolmente sufficiente per far ritornare il sistema
perturbato in condizioni di equilibrio, emergono evidenti differenze tra i due assetti di
campionamento che fanno ritenere probabile, l’esistenza di un trasferimento di acque tra
l’interno e l’esterno del polder.
Il confronto dei dati relativi ai percolati, quello prelevato dall’accumulo ove convergono
anche le acque sotterranee di emungimento e quelli relativi ai pozzi PeV2 (relativo al lotto
Valletta impermeabilizzato), PeS2 (relativo al lotto S2, solo parzialmente
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impermeabilizzato) e PeZ9B (pozzo relativo alla zona 9 di sopraelevazione, totalmente
impermeabilizzato) sono riportati nel seguito.
Tabella 10: Campioni del percolato medio presente nei serbatoi di accumulo e da alcuni dei pozzi
presenti nella discarica (PeV, PeS2, PeZ9B).
Le caratteristiche del percolato presente nella vasca di accumulo sono compatibili con
quelli riportati in Tabella 1 relativa ai percolati medi smaltiti nel 2011-2012, ciò indica che
l’assetto di impianto riscontrato durante il sopralluogo, ovvero con le pompe nei pozzi spia
interni attive, è ragionevolmente la condizione di funzionamento “normale” della discarica.
Le caratteristiche chimiche dei percolati, prelevati nei pozzi di emungimento, seppur
variabili nelle loro caratteristiche e non rappresentativi della totalità del “percolato vero”
estratto dalla discarica sono, con l’eccezione di quello proveniente da PeZ9B, sono
sensibilmente più concentrati del percolato medio.
La motivazione di questo è da ricercare, ad avviso dello scrivente, nell’ingente quantitativo
di acque sotterranee che vengono emunte dal cd. “polder” con finalità di barriera idraulica,
e che sono avviate a smalitmento come percolato.
Proc. Penale n. 849/05 R.G.N.R. 2259/05 R.G.I.P. Giudice: Dott. G. Marcelli Relazione Finale Dott. Cnim. Tomaso Munari
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Dalle valutazioni connesse alla struttura “fuori terra” del complesso delle discariche,
all’infiltrazione efficace teorica attraverso la copertura stimata e dalle concentrazioni di
contaminanti del percolato medio smaltito, rispetto a quanto ragionevole attendersi e
riscontrato, a campione in alcuni pozzi, è da ritenere che le acque sotterranee emunte
contribuiscano per oltre il 50% dei volumi smaltiti come percolato.
La limitata concentrazione dei contaminanti nel percolato PeZ9B, più che ad una
infiltrazione delle acque meteoriche, comunque possibile in considerazione della posizione
della zona di sopraelevazione 9 rispetto alla copertura superficiale, è da correlare alla
pratica di rilanciare nei pozzi di percolato le acque sotterranee emunte, stante l’assenza di
una rete dedicata di collettamento delle stesse.
Conclusioni
1) La sostituizione in corso d’opera, per una porzione rilevante e - per di più - nella
parte più sensibile dell’opera, del previsto diaframma plastico continuo in cemento
immorsato fino a 2-4 metri nelle argille basali, con un “jet-grouting” fino a 1 metro
sotto ove si riscontra il 10% medio di argille, non è considerabile modifica non
sostanziale e pertanto l’opera risulta essere stata realizzata in radicale difformità
rispetto a quanto inizialmente progettato e autorizzato;
2) La mancata esecuzione di parte dei collaudi inizialmente previsti, nonché la
mancata introduzione di nuove idonee verifiche di quanto variato in corso d’opera, e
in particolare del jet-grouting, fanno ritenere che l’opera non sia stata correttamente
collaudata.
3) La realizzazione di piezometri di controllo, e pozzi spia, inidonei al monitoraggio
delle acque sotterranee nella zona più prossima alla sorgente di contaminazione
(attuale e/o storica) non possono essere ritenuti strumenti efficaci per le previste
verifiche.
4) L’inidoneità del jet-grouting quale barriera è sostanziata sia dai riscontri chimico
analitici delle acque sotterranee presenti nel cd. “polder”, al variare degli assetti di
campionamento, sia dalle ingenti quantità di acque sotterranee contaminate
emunte e allontanate dal sito insieme al percolato della discarica.
5) Sebbene, in principio, il mantenimento di una barriera idraulica possa essere una
soluzione condivisibile per la messa in sicurezza di una discarica, le garanzie
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ambientali che possono essere fornite da una barriera priva di specifica
progettazione, collaudo e autorizzazione non paiono soddisfacenti.
Risposte ai quesiti
1) Sebbene le modalità realizzative dei pozzi e piezometri di monitoraggio ostacolino
l’accertamento del reale contributo alla contaminazione della falda acquifera da parte delle
discariche S1, S2 e S3, è possibile ritenere che esista un loro contributo effettivo al
deterioramento dello stato generale delle acque sotterranee. L’accertata rimozione di
acque sotterranee dai pozzi spia interni al cd. “polder” indica che vi sia contezza di un
effetto negativo sull’ambiente delle discariche.
2) Dalla verifica documentale, nonché dai riscontri di campo, è emerso che le opere di
bonifica, segnatamente il cd. “polder” di cinturazione delle discariche S1, S2 e S3, non
sono state né correttamente realizzate, né idoneamente collaudate, né dotate di presidi
funzionali al monitoraggio ambientale delle stesse.
Genova 26/10/2014
In fede
Tomaso Munari


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