domenica 28 dicembre 2014

All’Ilva resta buio su soldi e ambiente IL DECRETO, COME PREVISTO, SCEGLIE LA VIA “ALITALIA”: UNA GOOD COMPANY DA RIVENDERE TRA 2-3 ANNI


DUE MILIARDI”
Questo è l’intervento
pubblico a Taranto
secondo Renzi:
solo la bonifica
degli impianti, però,
ne costa poco meno
di Marco Palombi
L’ennesimo decreto “Salva Ilva” è arrivato nel
Consiglio dei ministri del 24 dicembre, esattamente
due anni dopo il primo, firmato da Mario
Monti. Allora si sancì che la fabbrica rimaneva
aperta contro la decisione della magistratura di
Taranto di chiuderla. Letta, poi, estromise i Riva
dalla gestione dell’acciaieria con la nomina di un
commissario. Oggi Renzi li fa fuori definitivamente
e si appresta a mettere in campo, da gennaio,
una nuova operazione Alitalia (“speriamo
che i risultati siano diversi”) ribadendo che bisogna
rispettare le disposizioni dell’Autorizza -
zione integrata ambientale - cioè fare in modo che
Ilva smetta di uccidere i tarantini - che comunque
sono in larga parte inattuate nonostante
il tempo passi.
LA VIA SCELTA dal governo
dunque - anche se il testo del decreto
non è ancora definitivo - è
quella dell’amministrazione
straordinaria grazie a quella particolare
forma di procedura della
legge Marzano” inaugurata
nel 2008 con la ex compagnia di
bandiera. Chi parla di “naziona -
lizzazione”, insomma, rischia di
non aver capito qual è il meccanismo
messo in campo. La procedura, attualmente,
prevede che gli azionisti chiedano questa forma
di intervento in stato di quasi-insolvenza. Stavolta
probabilmente toccherà all’attuale commissario
Piero Gnudi: a quel punto il governo può nominare
un amministratore straordinario (si fa il nome
di Andrea Guerra, ex Luxottica oggi consigliere
dell’inquilino di palazzo Chigi) che gestisca un
la “good company” (la parte sana di Ilva), mentre i
debiti pregressi e i rami d’azienda destinati alla
morte verranno lasciati nell’impresa originaria
(bad company) con la garanzia dello Stato.
Questa struttura societaria dovrebbe durare - secondo
le intenzioni del premier - tra i 18 e i 36 mesi
al termine dei quali la good company verrà venduta.
Se il gioco funziona - e gli 1,2 miliardi sequestrati
ai Riva resteranno a disposizione
per le bonifiche -
l’operazione sarà stata più o meno
in pareggio, altrimenti per
l’ennesima volta si saranno privatizzati
i guadagni e socializzate
le perdite. Il probabile acquirente
finale, peraltro, è la cordata
tra la multinazione Arcelor Mittal
e il gruppo Marcegaglia (probabilmente
con l’aiuto di Cdp),
che non se la passa benissimo ed
è pure in conflitto di interessi visto
che è uno dei principali clienti
di Ilva. Anche i soldi sono
uno di quei temi in cui circolano
alcune imprecisioni.
Pure Renzi ha parlato di un
intervento pubblico da 2 miliardi
facendo confusione.
GLI 800 MILIONI “già disponibili”
- destinati alla bonifica
di Taranto città e altre cosette
- citati dal premier lo
sono davvero, nel senso che li
hanno già messi sul piatto i
governi precedenti e non sono stati spesi nemmeno
nei dieci mesi del suo. Ora sicuramente partiranno
i cantieri. L’altro “miliardo e qualche centinaio
di milioni” di cui ha parlato Renzi sono i
soldi destinati alla bonifica degli impianti: non è
chiaro se ci si riferisca agli 1,8 miliardi che dovrebbe
costare la messa in sicurezza o degli 1,2 sequestrati
ai Riva a Milano e destinati proprio a
questo fine. Per capirlo bisognerà aspettare il testo
finale del decreto (ancora in via di scrittura), come
pure per conoscere il meccanismo di cessione di
Ilva: Mittal ha chiesto di fissare un prezzo subito e
poi salire con calma - con tanto di diritto di recesso
- vedendo come vanno le cose con bonifiche e cause
civili per i morti, cioè se l’azienda è ancora viva.
Se questa fosse la formula è probabile che la decisione
sul compratore sia già stata presa.
SABATO 27 DICEMBRE 2014
il E C ONO M I A Fatto Quotidiano


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