martedì 28 ottobre 2014

Latina I residui tossici della crisi Depositi di materiale inquinante abbandonati da decenni

Paoil, Arcobaleno, Ex Pozzi e tutte le altre storie «non classificate» ma esp l o s
Fusti, amianto, residui chimici che passano nelle
falde, ruggine, polvere e dormitori di fortuna,
bombe ecologiche non calcolate né monitorate:
ecco cosa altro resta della crisi economica. Il volto
nascosto e diverso lasciato dai licenziamenti dei lavoratori
e dai fallimenti delle aziende è una montagna di
rifiuti pericolosi, chimici ed «esplosivi» che da 15, 18
anche 20 anni stanno nelle vecchie fabbriche abbandonate,
affidati alle curatele fallimentari e nessuno sa
dove prendere i soldi per la bonifica né a chi attribuire
la responsabilità ormai palesemente penale per lo
stoccaggio illecito e prolungato. L’ultimo caso è stato
scoperto a Pontinia nella fabbrica di conserve di
pomodoro abbandonata da 16 anni.
DI GRAZIELLA DI MAMBRO
Quando ad aprile scorso sindacati e
lavoratori hanno fatto l’ennesimo
picchetto della speranza davanti
al cancelli di Paoil a Cisterna di Latina
hanno dovuto ammettere che, forse, il
problema più importante non era la cassa
integrazione da rinnovare e neppure la
ricerca di un nuovo acquirente per lo
stabilimento. No, il vero paradosso e il
rischio maggiore erano rappresentati dai
depositi di residui di lavorazione, che per
uno stabilimento che produceva olii, non
è un elemento da sottovalutare. Da quando
la Paoil è fallita ed entrata in regime
di curatela fallimentare le sue sorti sono
sganciate dalla volontà di lavoratori e
residenti ma si trovano nelle sole mani
del super creditore Unicredit Leasing,
che vuole solo recuperare il denaro dato
in prestito ai falliti e non ha mai preso in
considerazione il lato ambientale. I depositi
della Paoil sono ubicati all’interno di
un agglomerato semi urbano che conta
oggi circa diecimila abitanti. Così anche
la Paoil è diventata un cimitero di veleni
pericolosi; sempre ad aprile il sindaco ha
emesso un’ordinanza con cui intimava
alla Unicredit di procedere agli interventi
di messa in sicurezza. In altri termini
dovevano essere svuotati entrambi i depositi
ma in realtà non è successo nulla.
E anche l’Arpa (Agenzia per la protezione
dell’ambiente) deve aver dimenticato
di controllare se ci sono stati gli interventi
richiesti. Questa azienda come molte
altre appare destinata a restare sotto
curatela fallimentare per molto tempo
ancora ma si va aggiungendo ad un
elenco sempre più lungo di stabilimenti
produttivi abbandonati che col tempo si
trasformano in siti pericolosi per l’am -
biente e la salute dei residenti. E sui quali
è difficile persino ricostruire le responsabilità
perché le società che vi hanno
operato sono fallite, hanno lasciato debiti,
lavoratori in mobilità e veleni in libera
uscita. Non c’è solo la vicenda Paoil a
fungere da prova, perché una storia assai
simile si è appena registrata a Pontinia,
dove gli agenti del Corpo Forestale hanno
sequestrato mille fusti di vecchie
conserve e resti di lavorazione abbandonati
da tutte le società che hanno lavorato
nella ex Arcobaleno e che dopo il fallimento
sono diventate fantasmi insolventi
sul piano finanziario. Ad oggi non si sa
chi e come può recuperare l’impatto
ambientale delle fabbriche abbandonate
con all’interno resti di lavorazione conservati
male e potenzialmente pericolosi
anche per i nuclei abitati vicini. Recuperare
o vendere siti industriali di questo
tipo è, nei fatti, impossibile, tali e tanti
sono i costi di bonifica che probabilmente
alla fine saranno a carico dei Comuni
o della Regione.
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IL QUOTIDIANO - Lunedì 27 Ottobre 2014

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