lunedì 22 settembre 2014

Roberti: connection «malaimpresa» e camorra Il business degli scarti

Una scudisciata. Altro che «delitti di mafia», i traffici illegali di rifiuti speciali, tossici e pericolosi vanno chiamati «delitti d’impresa». Mentre il legislatore sembra che lasci tutto sommato fare, se non addirittura dia una mano. La Procura nazionale antimafia va giù durissima. Lo fa con le parole del suo capo, Franco Roberti, e del suo esperto di crimini ambientali, il sostituto Roberto Pennisi. Durante il 'VI Forum internazionale sull’economia dei rifiuti' organizzato dal Polieco (il Consorzio per il riciclaggio dei rifiuti a base di polietilene) a Lacco Ameno, sull’isola d’Ischia.

Ecomafia?
 «Riduttivo»
La Dna ne ha per tutti, senza remore e davanti ai tanti parlamentari che partecipano al Forum. Punto di partenza di Roberti: «Ha subito colpi devastanti» e tuttavia «la criminalità organizzata è ancora molto forte», dice subito. Quindi continua: «È riduttivo parlare di 'ecomafie', perché si dà l’impressione che le mafie siano protagoniste di questo fenomeno del traffico illegale dei rifiuti e non è così». Le mafie, «soprattutto la camorra, hanno offerto servizi ai produttori disonesti, che per risparmiare e nascondere la quota in nero della propria produzione non potevano che rivolgersi a chi smaltiva illegalmente».


Ancora il Procuratore nazionale antimafia: «È stato calcolato che nel nostro Paese c’è «una produzione in nero pari al quarantasette per cento di quella complessiva e questo produce rifiuti in nero che devono essere smaltiti in nero». Morale? Certo «non possiamo più parlare di delitti di mafia», perché «questi sono delitti d’impresa». A proposito: le associazioni di categoria, «in particolare quelle che raggruppano gli imprenditori, devono vedere nei controlli e nella tracciabilità dei rifiuti non un freno alla libera iniziativa privata», ma piuttosto «quel valore aggiunto che ne consacra la funzione fondamentale che svolge nella
società».

Rifiuti. Con denaro e armi
I rifiuti vengono trafficati e contrabbandati verso l’Europa dell’est, verso la Cina, verso l’Africa: ovvio che i criminali non si facessero sfuggire l’opportunità di diversificare e moltiplicare i profitti. «Quasi sempre i traffici di rifiuti sono accompagnati da traffici di armi e soprattutto di denaro – racconta Roberti – da 'file finanziari' che sostengono i traffici di rifiuti, attraverso i quali si fa anche riciclaggio di denaro sporco». Anche qui allora bisogna andare a colpire durissimo, secondo Roberti: «Le triangolazioni finanziarie che sostengono questi traffici».

Potentati criminali
Nel 'decreto competivitità' «si è affermato un principio secondo il quale si può essere competitivi solo se viola la legalità», sottolinea il sostituto presso la Dna, Pennisi. E poi, ad esempio, «perché questa refrattarietà a controlli?». Con la legge che è stata approvata questa estate (la 116 dell’11 agosto 2014, «recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale» e altro, ndr), «mentre eravamo tutti intenti a guardare gli... 'inchini', a me sembra di vedere un’enorme corruzione legislativa».

Esistono «potentati criminali» – continua Pennisi – costituti da «centrali economico-finanziarie che in passato si sono ben distinte, proprio in materia di criminalità ambientale, per aver stretto rapporti con le organizzazioni di tipo mafioso». Risultato? «Quando il potere politico, emanando certe leggi, si mette a disposizione di quei potentati criminali, di fatto si mette a disposizione della mafia».

«Terribile strage»
Ricorda, il sostituto, come «giustamente » si celebri «anno dopo anno» per esempio l’attentato alle Torri gemelle, le stragi di Falcone e Borsellino e delle loro scorte: cioè le infamie di «terrorismo e mafia». Celebrazioni «che facciamo senza alcuna difficoltà e ci mancherebbe pure ne avessimo». Si ferma qualche istante. Poi continua, ben scandendo le parole: «Perché ci abbiamo messo tanto a ricordare lo scempio» che si è verificato nella Terra dei fuochi «per via di questo fondersi degli interessi del padrone crimine economico con quelli del servo crimine mafioso? Perché oggi anno non celebriamo anche questa terribile strage?».

Inquinare uccide
Quella legge dello scorso agosto non va giù. «Ha aperto le maglie alla illegalità – taglia corto Claudia Salvestrini, direttrice del Polieco – . Permettendo a chi opera nell’ecocriminalità di inquinare, danneggiare la salute e rovinare l’economia del Paese». Ultima annotazione che arriva da Giuseppe Chiné, capo di Gabinetto del ministero della Salute: «L’Or-ganizzazione mondiale della sanità (Oms) «ha stimato che i fattori di stress per l’ambiente sono responsabili per il quindici/venti per cento delle morti in cinquantatré Paesi europei».
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