venerdì 25 luglio 2014

Energia, cosa c’è nel pacchetto europeo?

Cambiare strada. Le grandi imprese dei vecchi settori «fossili» hanno constatato che rinnovabili ed efficienza cominciano a diventare dei seri concorrenti
il dibat­tito ita­liano intorno al seme­stre euro­peo si parla poco o nulla di quella che sarà la deci­sione più impor­tante che l’Italia dovrà gestire nel corso dei pros­simi mesi.

Par­liamo del Pac­chetto Ener­gia e Clima 2030: il suc­ces­sore del famoso pac­chetto 20/20/20, che nel 2007 dette l’avvio a una straor­di­na­ria cre­scita di nuovi attori nel campo della pro­du­zione ener­ge­tica e ini­ziò a dare con­cre­tezza al sogno di un mondo senza fos­sili — oltre a ridurre le emis­sioni e a pro­durre cen­ti­naia di migliaia di nuovi posti di lavoro e imprese.
Le grandi imprese dei vec­chi set­tori «fos­sili» hanno visto che rin­no­va­bili ed effi­cienza comin­cia­vano a diven­tare dei seri con­cor­renti e non solo dei sim­pa­tici gio­chetti per ric­chi «radical-chic»: dopo lo scop­pio della crisi, è par­tita la con­trof­fen­siva, faci­li­tata dal fatto che la «rivo­lu­zione ener­ge­tica» non è ancora irreversibile.
In un primo tempo, c’è stata la cam­pa­gna con­tro gli incen­tivi alle rin­no­va­bili, appro­fit­tando degli eccessi che in alcuni paesi come Spa­gna e Ita­lia si sono veri­fi­cati; più recen­te­mente si è cer­cato di fare pas­sare l’idea che per assi­cu­rare un approv­vi­gio­na­mento a buon prezzo con­tro tutti i Putin di que­sto mondo, fosse neces­sa­rio tor­nare al fos­sile e lasciar per­dere costose uto­pie fatte di sole e vento: costruire nuovi rigas­si­fi­ca­tori per impor­tare il gas ame­ri­cano, inve­stire miliardi in tec­no­lo­gie dub­bie come il frac­king (per estrarre gas di sci­sto), tri­vel­lare il Medi­ter­ra­neo e fare resu­sci­tare il Ccs (sepa­ra­zione e con­fi­na­mento della CO2), altra tec­no­lo­gia costo­sis­sima e non ancora a punto che dovrebbe ser­vire a ren­dere «pulito» il carbone.
In un primo tempo, c’è stata la cam­pa­gna con­tro gli incen­tivi alle rin­no­va­bili, appro­fit­tando degli eccessi che in alcuni paesi come Spa­gna e Ita­lia si sono veri­fi­cati; più recen­te­mente si è cer­cato di fare pas­sare l’idea che per assi­cu­rare un approv­vi­gio­na­mento a buon prezzo con­tro tutti i Putin di que­sto mondo, fosse neces­sa­rio tor­nare al fos­sile e lasciar per­dere costose uto­pie fatte di sole e vento: costruire nuovi rigas­si­fi­ca­tori per impor­tare il gas ame­ri­cano, inve­stire miliardi in tec­no­lo­gie dub­bie come il frac­king (per estrarre gas di sci­sto), tri­vel­lare il Medi­ter­ra­neo e fare resu­sci­tare il Ccs (sepa­ra­zione e con­fi­na­mento della CO2), altra tec­no­lo­gia costo­sis­sima e non ancora a punto che dovrebbe ser­vire a ren­dere «pulito» il carbone.
E' que­sta la posta in gioco che si nasconde nei nume­retti del Pac­chetto Clima Ener­gia 2030, pre­sen­tati dalla Com­mis­sione nel gen­naio scorso1, pro­po­sta pro­fon­da­mente emen­data dal Par­la­mento europeo2 e che attende ora la deci­sione del Con­si­glio euro­peo di otto­bre: la lotta per le risorse e gli inve­sti­menti pub­blici e pri­vati fra ener­gie rin­no­va­bili ed effi­cienza da un lato, e nucleare, vec­chi e nuovi «fos­sili» dall’altro.
Sarà sem­plice capire da che parte andrà l’Europa a otto­bre, al momento della deci­sione sul Pac­chetto Clima ed ener­gia 2030: se ci sarà l’accordo su tre obiet­tivi vin­co­lanti di ridu­zione delle emis­sioni di Co2 (almeno il 40%), di per­cen­tuali di con­sumo da rin­no­va­bili (almeno il 40%) e di effi­cienza ener­ge­tica (almeno il 40%), allora sapremo che l’Ue è seria­mente in pista per gui­dare da una posi­zione di avan­guar­dia il nego­ziato sul Clima pre­vi­sto alla Cop di Parigi nel 2015. Se a otto­bre si pun­terà invece su un mero tar­get di ridu­zione del 40% delle emis­sioni e dei numeri asso­lu­ta­mente insuf­fi­cienti e/o non vin­co­lanti per le rin­no­va­bili e l’efficienza ener­ge­tica, dovremo ripren­dere la bat­ta­glia per l’energia verde quando si aprirà il pro­cesso legi­sla­tivo che dovrà appli­care con­cre­ta­mente il Pac­chetto Clima Ener­gia 2030 e tor­nerà in gioco in Par­la­mento euro­peo; ma è indub­bio che sarà dav­vero dif­fi­cile tro­vare nel 2015 un suc­ces­sore al Pro­to­collo di Kyoto con un Pac­chetto Clima Ener­gia debole e ambiguo.
Il tempo stringe e il governo Renzi non può rima­nere pas­sivo rispetto a que­sta sfida, prima di tutto per la nostra stessa eco­no­mia; deve «cam­biare strada» anche rispetto alle sue scelte ener­ge­ti­che, che per ora sono in per­fetta con­ti­nuità con tutti i vari governi da Ber­lu­sconi in poi, quando uscire dai fos­sili rap­pre­sen­te­rebbe una scelta stra­te­gica vin­cente.
La Pre­si­denza ita­liana deve per­ciò scom­met­tere non su un accordo qual­siasi ma, come fece Angela Mer­kel nel 2007, su un accordo di alto livello e dav­vero in grado di farci rima­nere coe­renti con la scelta di «de-carbonizzare» l’economia euro­pea e rilan­ciarla verso nuove atti­vità eco­no­mi­che sostenibili.

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