sabato 31 maggio 2014

Dopo 12 anni fallisce la società «Bagnoli Futura» doveva portare i rifiuti da Napoli a Formia con l'accordo del sindaco

Bonifiche. Una brutta storia italiana. Soldi spesi inutilmente, terreni e spiagge restano inquinati. E’ il risultato di una classe dirigente incapace 
Il tri­bu­nale di Napoli ha dichia­rato il fal­li­mento della società «Bagnoli futura», che da 12 anni si occu­pava della tra­sfor­ma­zione urbana di Bagnoli, uno dei siti più belli del mondo che fu per decenni un’area industriale.
Alla «Bagnoli futura» nel 2002 venne affi­dato il com­pito di boni­fi­care i suoli, effet­tuare le opere di urba­niz­za­zione (fogne, strade, attrez­za­ture pub­bli­che) e, una volta valo­riz­zati i suoli, di ven­derli ai pri­vati che ci avreb­bero potuto costruire le volu­me­trie pre­vi­ste dal piano. Fu così affi­data alla «Bagnoli futura» la rea­liz­za­zione di un piano indu­striale privo di qual­siasi senso eco­no­mico; que­sta società avrebbe dovuto sob­bar­carsi di tutte le ope­ra­zioni costose (boni­fica, infra­strut­ture e attrez­za­ture), lasciando ai pri­vati (cui sareb­bero stati ven­duti i suoli) la parte più red­di­ti­zia dell’operazione, ossia il pro­fitto dell’immobiliarista. Non esi­ste una sola società di tra­sfor­ma­zione urbana in Europa cui sia stata affi­data una mis­sione così anti­e­co­no­mica. Si può dire che la «Bagnoli futura» fosse desti­nata a fal­lire. A que­sto si è poi aggiunta l’incapacità di tutte le ammi­ni­stra­zioni che si sono suc­ce­dute sino ad oggi di gestire un’operazione com­plessa come la tra­sfor­ma­zione urbana di un sito ex indu­striale. E il fal­li­mento è dive­nuto inevitabile.
Non esi­ste que­stione che sia sorta a Bagnoli che non si sia tra­sfor­mata in un gro­vi­glio giuridico-amministrativo ine­stri­ca­bile e non abbia pre­sen­tato aspetti para­dos­sali. Penso all’esproprio dei suoli ex Ilva che fu annul­lato dal Tar (per­ché fatto dal comune in una forma così gros­so­lana che si ebbe pudore per­sino ad appel­lare la sen­tenza al Con­si­glio di Stato); ciò che costrinse il comune ad acqui­stare a caro prezzo (circa 70 milioni di euro) quei suoli (ancora inqui­nati, si badi!) dal pro­prie­tari (su cui sarebbe invece dovuto gra­vare l’onere della boni­fica, in base al prin­ci­pio del «chi inquina paga»). Penso alla infi­nita vicenda della boni­fica di que­sti suoli, affi­data ini­zial­mente a una società di Stato nel 1996 (che spese circa 300 miliardi delle vec­chie lire, ma per garan­tire con­ti­nuità al lavoro degli ultimi ope­rai Ital­si­der, piut­to­sto che per boni­fi­care). Per que­sto il com­pito del disin­qui­na­mento venne poi affi­dato alla «Bagnoli futura» (che ha speso cifre ancora più ingenti) che avrebbe boni­fi­cato circa due terzi dell’area. Il con­di­zio­nale è d’obbligo per­ché que­sta boni­fica è oggetto di un’inchiesta della magi­stra­tura, che ne con­te­sta la bontà. Dagli atti giu­di­ziari emer­ge­rebbe che dopo la boni­fica, in alcuni punti, le cose si siano addi­rit­tura aggra­vate. Sono stati rin­viati a giu­di­zio ammi­ni­stra­tori del Mini­stero dell’ambiente, del Comune di Napoli e della stessa «Bagnoli futura».
Anche l’attuale ammi­ni­stra­zione non è esente da colpe. Ben­ché in cam­pa­gna elet­to­rale avesse denun­ciato gli spre­chi e le inef­fi­cienze di que­sta società, rac­co­gliendo così un forte con­senso pro­prio a Bagnoli, una volta inse­diata non ha fatto altro che con­ti­nuare il fal­li­men­tare dise­gno delle pre­ce­denti giunte di centro-sinistra. Scel­le­ra­ta­mente, poi, nel 2012, que­sta ammi­ni­stra­zione rica­pi­ta­lizzò la «Bagnoli futura» (con finanze ora­mai allo stremo) attra­verso il con­fe­ri­mento ad essa di opere pub­bli­che rea­liz­zate con fondi comu­ni­tari, che adesso saranno aggre­dite dai creditori.
Si tratta cer­ta­mente di un fal­li­mento per l’intera città, soprat­tutto per un ex quar­tiere ope­raio cui era stato pro­messo un risar­ci­mento (un parco verde e il ripri­stino della spiag­gia) per aver sop­por­tato per anni un’industria inqui­nante, e che si trova oggi in un quar­tiere ancora degra­dato, con suoli e mare che non si sa nep­pure se sono più inqui­nati di prima.
Il fal­li­mento di «Bagnoli futura» coin­cide con quello di un’intera classe diri­gente senza qua­lità, locale e nazio­nale, pub­blica (Ilva; Fin­tecna), e pri­vata (indu­striali e costrut­tori pre­senti nel con­si­glio di ammi­ni­stra­zione della società). Per amore di verità ricor­diamo che c’è stato anche chi ha con umiltà e spi­rito di ser­vi­zio ha pro­po­sto la strada da seguire, restando iso­lato. Que­sto non serve a cam­biare la situa­zione, ma almeno a met­tere tutti sugli attenti: le solu­zioni al disa­stro attuale saranno date da chi lo ha pro­dotto o da chi ha ten­tato invano di evitarlo?

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