domenica 27 aprile 2014

Il proprietario ci riprova e vende l'isola di Santo Stefano per 20 milioni nel comune di Ventotene luogo simbolo unità auropea

Il nuovo annuncio pubblicato su un sito specializzato il 30 marzo. Ma il sindaco è contrario: «L’isola non si tocca» di Paolo Sarandrea LATINA - «Ogni tanto ci riprovano ma le cose per me non cambiano. Santo Stefano non si tocca». Non nasconde un senso di fastidio il sindaco di Ventotene, Geppino Assenso, commentando il nuovo annuncio su un sito specializzato (pubblicato il 30 marzo scorso) che riguarda la vendita dell’isola di Santo Stefano, quella del carcere borbonico diventato il simbolo dell’Europa unita, dove trascorse un periodo di prigionia anche Sandro Pertini. L’annuncio specifica che la parte in vendita, 25 ettari su 28, è quella di proprietà privata: «Vi sono fabbricati per duemila metri quadrati. Non esiste una rete idrica ma ci sono numerose cisterne per la raccolta dell’acqua e diversi scali per barche e gommoni, mentre sul lato est c’è il porticciolo».

A pezzi
Restano escluse stradine e cittadella carceraria, che sta cadendo a pezzi. Alcune settimane fa è venuto giù anche il tetto della chiesetta: l’area era già inaccessibile per motivi di sicurezza e adesso è stata transennata. «Non sappiamo più a che santo votarci - dice Assenso -. L’isola è stata dichiarata monumento nazionale, è un simbolo di democrazia e di unità e deve essere tutelata con il massimo sforzo. Ed è diventata anche un’area naturale marina protetta». L’ultimo intervento venne disposto dall’ex governatore Francesco Storace: un milione di euro per puntellare l’ingresso del carcere. Ma tutto il resto va in malora. Forse è per questo che il notaio napoletano proprietario dell’area privata adesso ci riprova. «Ai tempi di Marrazzo cercammo un accordo, la Regione era pronta ad acquistare a un prezzo ragionevole - ricorda Assenso - ma il proprietario non ne volle sapere. Vuole venti milioni ma chi glieli dà? Una cosa è certa, lì sopra nessuno toccherà un mattone se non sarà per ridare a quei luoghi quella dignità che meritano».
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