martedì 29 aprile 2014

centrale a biomasse Avellino, rivolta contro l’energia verde della Nutella

NON SOLO CREMA: LA FAMIGLIA FERRERO USERÀ L’OLIO VEGETALE PER UNA CENTRALE
LA PROTESTA
Nel settore ci sono ricchi
incentivi pubblici,
L’elettrodotto
sarà costruito in un
paesaggio dove ci sono
centinaia di pale eoliche
IL BIVIO
Vicino ad
Avellino c’è
uno stabilimento
della
Ferrero che
produce Nutella,
ma presto
i camion
con l’olio vegetale
potranno
andare anche
nella centrale
a biomasse
in costruzione
poco
lontano
di Antonello Caporale
Sant’Angelo dei Lombardi
L’adorata Nutella un
po’ si spalma, un
po’ si brucia. É
successo che la famiglia
Ferrero, felice ma oramai
forse sazia del successo
della sua buonissima crema, ha
iniziato a diversificare il suo
business. Nel polo di Sant’Angelo
dei Lombardi in Irpinia,
dove produce parte dei deliziosi
barattoli che tra qualche
giorno compiranno 50 anni (e
il prossimo 18 maggio in piazza
Plebiscito a Napoli verranno
festeggiati con un concerto di
Mika), si è iniziato a valutare
che l’olio vegetale, ingrediente
della cioccolata liquida, fosse
anche la base eccellente per
produrre energia elettrica.
Dall’idea al progetto.
NEL 2010 LA FERRERO chiede
il permesso per la realizzazione
di un impianto a biomassa alimentato
con olii vegetali per la
produzione di elettricità. Individua
il sito nell’area dove sorge
la fabbrica dolciaria. Ottima
l’idea. I camion di olio vegetale
faranno lo stesso tragitto e a
cinquecento metri dall’arrivo
ciascuno prenderà una piega
diversa: chi svolterà a sinistra,
chi avanzerà verso destra. Sempre
per via dell’appetito che
vien mangiando la centrale è
dimensionata per una potenza
di 17,871 megawatt: produrrà
energia utile per una cittadina
di trentamila abitanti. Infatti
Ferrero lo scrive nel suo piano:
l’impianto è dimensionato non
tanto per garantire il fabbisogno
aziendale, quello è sicuro,
quanto “per far fronte alle crescenti
richieste di energia connesse
all’ampio sviluppo residenziale
ed industriale dell’area
geografica interessata all’opera”.
Oggi l’impianto è in funzione
ma quel che è certo è che
il progettista fosse un’inguari -
bile ottimista perchè nell’anno
in cui pianificava il fabbisogno
(marzo 2010) si era già in una
avanzata crisi economica e il
territorio richiamato era teatro
di uno spopolamento senza pari,
con una riduzione dell’occu -
pazione tale che il deserto sembrava
la nuova possibile frontiera
delle decine di aree industriali
sorte con i finanziamenti
della legislazione a favore delle
zone terremotate (l’Irpinia è
stato uno dei territori più colpiti
dal sisma dell’80 e dunque
destinatario di risorse ingenti).
Chiaro perciò il proposito:
sfruttare il business dell’ener -
gia, produrre per vendere la
notevole eccedenza progettata.
I TECNICI REGIONALI, quelli
comunali, e tutti gli esperti
convocati hanno letto e timbrato:
opera indifferibile e di
pubblica utilità. Ottimismo
contagioso ed entusiasmo alle
stelle. A tal punto che Ferrero,
stoccato l’olio nei serbatoi della
Nutella, e quell’altro nei serbatoi
dell’impianto a biomasse,
ha immaginato, sempre - non
dubitiamo - per far fronte a
questo enorme e atipico fabbisogno
residenziale e industriale,
di realizzare anche un parco
eolico. D’altronde l’area è già
stata abbondantemente crocifissa
da pale che si sviluppano
su tutto il crinale appenninico
che separa la Campania dalla
Puglia e che ne hanno cambiato
il paesaggio e deviato le vedute.
Pala più pala meno... Dodici in
tutto, Ferrero si era tenuta bassa,
il minimo indispensabile...
Realizzato l’impianto a biomasse,
progettate le pale, serviva
qualcosa per trasportare
tutto questo ben di Dio. Come
si trasporta l’energia? Con un
elettrodotto. E dunque è stato
autorizzato (sempre per pubblica
utilità) un impianto di
Terna (società a partecipazione
pubblica) da 150mila volt decisivo
a traghettare il prodotto.
Si doveva e si poteva interrare
l’impianto. Ma quanto sarebbe
costato? Si opta – come male
minore – per l’ennesimo sfregio
ambientale.
Alla Procura della Repubblica
di Avellino arriva la denuncia
del comitato per la salvaguardia
di colline bellissime che
cingono la valle dell’Ofanto e di
uno tra i più straordinari complessi
architettonici che l’Italia
può vantare: l’abbazia del Goleto.
Sono in progetto, scrivono
i resistenti, “ottanta piloni ciascuno
alto 42 metri (come un
palazzo di 14 piani). Sotto quei
fili, a causa dell’elettromagne -
tismo, non si potrà sostare e lavorare
a lungo. Tanti orti e case,
frutto di sacrifici e di anni di
lavoro, non avranno più valore:
chi vorrà mai comprare una casa
o un terreno attraversato da
un elettrodotto?”.
E POI SU QUEL TERRITORIO
già insiste un elettrodotto, che è
il più grande dell’Italia meridionale
(parte da Latina e giunge
fino a Brindisi) con un carico
di 380 mila volt. Un secondo
impianto scardina ogni
compatibilità, stravolge quel
poco che è rimasto intatto.
Scartato l’interramento, si inizia
con i lavori. La Ferrero intanto
rinuncia alla realizzazione
del parco eolico. E l’elettro -
dotto? Non è affar suo. E comunque
come gesto d’amicizia
per l’ambiente si pitturano di
verde i tralicci. Problema risolto.

il fatto quotidiano 29 aprile 2014

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