venerdì 27 settembre 2013

storia di Armando Cusani, piccoli B. crescono: sono innocente e non mi dimetto

Piccoli B. crescono: “Sono innocente E non mi dimetto” LA STORIA DI ARMANDO CUSANI, PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI LATINA, CONDANNATO E INTERDETTO. POI SOSPESO PER LA LEGGE SEVERINO LUI GIURA DI ESSERE “PERSEGUITATO DALLE TOGHE ROSSE”. E NON MOLLA GIUSTIZIA È FATTA Assieme al suocero allargò l’a l b e rgo invadendo la proprietà di un anziano che lo denunciò ottenendo il verdetto il Fatto quotidiano 27 settembre 2013 di Antonello Caporale Èun uomo del fare. Come Lui. Ama l'intrapresa e ha il profilo del team leader. Non guarda, fa. Non pensa, agisce. Quando vent'anni fa il suo cuore lo tormentò, come Lui decise che era venuto il momento di fare qualcosa per il suo Paese. Come Silvio Berlusconi ha dato tanto all'Italia, così da vent'anni Armando Cusani sta dando tanto a Sperlonga, il borgo di Tiberio, una curva splendida nel mar Tirreno appena dopo Sabaudia, appena prima di Gaeta. Cusani ama Sperlonga di cui è stato sindaco e ama la sua famiglia, di cui è un grande amministratore delegato. E come Silvio anche il nostro Armando è incappato nella persecuzione giudiziaria, afflitto da carte bollate e giudici dai bollenti spiriti rossi. È finita come Silvio: condannato e interdetto. Però Armando si è difeso come un leone, con modalità teatrali rinvenibili nella oramai smisurata cineteca berlusconiana. Non ha mai chinato il capo e quando è giunto il verdetto ha dichiarato: “Sono perseguitato”. Interrogato sul da farsi: si dimette o no? ha replicato: “Voglio riflettere”. Una notte e un giorno di pensieri poi si è presentato al suo consiglio illustrando la sua innocenza e autocertificando la propria illibatezza ha pronunciato il controverdetto: “Sono innocente e non mi dimetto”. L'ha giurato proprio. LA STORIA di Cusani, ex carabiniere ora cinquantenne, è la prova che il virus di B. è entrato in circolo in ogni luogo, la conferma che se a Roma si può disattendere alla legge è lecito uniformarsi, legittimo resistervi, del tutto plausibile contestare, contrastare e rigettare ogni decisione avversa tacciandola come atto politicizzato, riducendolo a scontro tra poteri, mistificandone ogni senso logico, ogni rigore e congruenza. I fatti. Sperlonga è un paese magnifico, bellissimo, costruito nell'alto di un promontorio e destinazione di migliaia di turisti. Il valore immobiliare è sopra ogni idea possibile: come a piazza di Spagna i luoghi pregiati raggiungono cifre stellari, anche 15 mila euro al metro quadrato. Cusani, sindaco e dominus di Sperlonga, fa garrire la bandiera di Forza Italia e da buon forzista conferma il desiderio anche personale di intraprendere. Al mattino in municipio è al servizio del bene comune, al pomeriggio per il bene suo. Giusto e corretto. E' un albergatore, e in società con il suocero – Aldo Chinappi – punta ad allargare il business. Allargarlo, cioè rendere più confortevole, più ampio e accessibile un rifugio dorato: le Grotte di Tiberio. Chiede permessi all'ufficio tecnico, e li ottiene. Sviluppa, condonati, alcune centinaia di metri quadrati. E prosegue con altri. I lavori vanno avanti, il comune, sempre micragnoso con le licenze, accompagna l'opera con affetto amicale e un occhio persino compassionevole. La coppia Cusani&Chinappi avanza nei lavori e un po' deborda. Di poco, circa 228 metri quadrati. Succede, sono gli imprevisti dell'ingegneria, che all'albergo resista come spina nell'occhio la casetta di Carmine Tursi, pensionato napoletano e villeggiante affezionato. Tursi è contento della sua casetta: ha il mare davanti, il crinale del promontorio a ovest e a est questo albergo. Come ogni anno lascia Sperlonga a settembre. Quando vi ritorna, è il 2005, è giugno. Trova il suo tetto praticamente interrato, la sua casa trasformata in un buco, chiusa ai lati da alti muraglioni. Cusani si era allargato e i frutti del suo ingegno erano visibili “Non potevo più entrarci, la mia casa era divenuta una frattaglia, una specie di loculo. Volevo star buono perchè sapevo che è un potente e aveva agganci di alta fattura. Però alla vista di quel che aveva fatto mi sono ribellato”. Per colpa del signor Tursi il potente Cusani si è trovato alla sbarra. Incredibile ma vero. Cusani, dai pensieri brevi e dalle gambe lunghe, nel frattempo aveva raggiunto la presidenza della provincia di Latina restando comunque disponibile alle istanze di Sperlonga dove, sempre per il bene comune, ha voluto persino conservare il ruolo di consigliere comunale. Ex carabiniere, l'abbiamo detto, conosce il bene e sa cos'è il male. Quando il prefetto di Latina indagò sulle connessioni criminali nel municipio di Fondi, denunciando infiltrazioni camorristiche di notevole rilievo, il nostro sentenzio: “Pa - tacche!”. E della commissione d'accesso disse: “È formata da pezzi deviati dello Stato”. Il talento politico si andava notando e infatti la carriera non ha avuto mai uno stop. Fin quando si giunge al Tribunale di Latina dove è imputato di abuso, edilizio e d'ufficio. Nella corte giudicante anche Gabriella Nuzzi, nome giunto alla ribalta per le vicende giudiziarie relative all'inchiesta Why not. La corte alla fine giudica e scrive: due anni di reclusione, due anni di interdizione dai pubblici uffici, abbattimento dei volumi in sovrappiù. Cusani trova in Nuzzi l'avversaria: “Vuole punirmi”. E nella corte un manipolo di toghe rosse. Chiama la tv: “Non mi sento colpevole, dimostrerò la mia innocenza. E comunque mi riservo di decidere se dimettermi dalla carica di presidente della provincia”. Ci pensa un giorno e una notte, e siamo a luglio dell'anno scorso: “Ho riflettuto, non mi dimetto. Ecco le carte”. Si autocertifica innocente. Cosicchè resta dov'è sebbene la legge Severino preveda la sospensione di diritto (articolo 11) dall'ufficio pubblico. La legge? Ma se ha spiegato che è innocente! Lui non recede, il prefetto sta valutando il da farsi, il ministro dell'Interno ha altre gatte da pelare e figurarsi se può impegnare il suo tempo in queste beghe laziali. ANCHEl'opera abusiva sarebbe dovuta essere abbattuta. Ma pure in questo caso l'ufficio tecnico comunale, che avrebbe dovuto disporne l'abbattimento, ha altri e più gravi pensieri. E la Regione Lazio, che dovrebbe sostituire l'ufficio inerte nominando un commissario ad acta, non sa nulla. E se sa, non gli compete. “Se la veda la Procura di Latina”, ha scritto l'assessore alle politiche del territorio. Tutto è bene ciò che finisce bene.

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