domenica 27 gennaio 2013

La Giornata della Memoria non è una bandierina, tra ignoranti e senza cultura


“Perché io pure sono d’accordo che non sono mai esistite le camere a gas e non c’è mai stata nessuna deportazione, sono il primo a dirtelo…”. “Quella studentessa ebrea mi ‘stizza’. Io a questa qua la devo picchiare, o la picchio o la stupro e le faccio uscire il sangue dal culo”. Uno dice: non c’è bisogno nemmeno di commentare: l’idiozia, la miseria, l’ignoranza non hanno bisogno dell’analisi logica. Invece quest’operazione dei Ros che giovedì ha portato in carcere sette esponenti di un’organizzazione di estrema destra, alcuni dei quali legati anche a CasaPound, tra Napoli, Salerno e Latina, qualche commento lo merita. Le ipotesi di reato sono banda armata, associazione sovversiva, detenzione e porto illegale di armi e di materiale esplosivo, lesioni a pubblico ufficiale e attentati incendiari. I “ragazzi” sono accusati di aver organizzato scontri di piazza a Napoli, assalti a un centro sociale con bottiglie incendiarie, istigato giovani militanti all’odio etnico e all’antisemitismo, stavano progettando un attentato ai danni di un commerciante ebreo. Si può liquidare questa storia come una vicenda che coinvolge un manipolo di esaltati?Dall’ordinanza che dispone le misure cautelari emergono connivenze con gli ultrà picchiatori e il ruolo di un munifico benefattore.
“Li vedi questi soldi – dice uno degli arrestati, intercettato nella sede di CasaPound – ce li ha dati un camerata, uno che possiede una quarantina di pizzerie tra Napoli e provincia e ci ha dato un contributo, lui è miliardario e ci ha dato una cosa di soldi”. Quindi non sono né sfessati, né isolati, né innocui. Forse non c’è un pericolo neofascista in Italia. Ma è stupefacente che all’alba del 2013 questa ignoranza offensiva, volgare, violenta abbia tanta presa. Perché non abbiamo sviluppato gli anticorpi necessari – e parlo di conoscenza e consapevolezza – è quindi un interrogativo da non trascurare.
Liliana Segre è un’ebrea sopravvissuta prima ad Auschwitz e poi a umiliazioni come “le camere a gas non sono mai esistite”: è doveroso scusarsi con lei se il suo nome viene menzionato nello stesso articolo in cui compaiono tante dolorose menzogne. Mentre a Napoli i camerati venivano arrestati, lei – numero di “matricola” 75190 tatuato sull’avambraccio – a Milano raccontava l’inizio della deportazione, con l’arresto e il trasferimento nel carcere di San Vittore. Oggi ha 83 anni, ne aveva 13 quando arrivò nel lager: ha parlato di sé e di quello che ha visto con un’energia e un’indignazione commoventi. Del suo intervento, basta ricordare un passaggio: “Quando sono tornata da Auschwitz qualcuno ha avuto il coraggio di avvicinarmi e di chiedermi dov’ero ‘sparita’. Dicevano che loro non sapevano nulla, ma non è vero. Bastava così poco per sapere, per vedere”.
Dopo ci sono stati i libri, i film, le testimonianze dei pochi superstiti all’Olocausto: ebrei, rom, omosessuali, disabili, oppositori politici. Eppure non basta. Oggi è il giorno della memoria: le edificanti conversazioni dei camerati napoletani sono la dimostrazione che non è affatto una bandierina del politicamente corretto.
Il Fatto Quotidiano, 27 gennaio 2013 http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/27/il-giorno-della-memoria-non-e-una-bandierina/481249/
CULTURA
27/01/2013 - DOMANDE & RISPOSTE

La Shoah, il giorno della memoria

Uno dei vagoni usati per la deportazione degli ebrei verso i campi di sterminio dal binario 21 della stazione Centrale di Milano

ELENA LOEWENTHAL
Perché oggi si celebra il Giorno della Memoria?  
Istituito tredici anni fa, il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data le Forze Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), apparve l’inferno. E il mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria non è una mobilitazione collettiva per una solidarietà ormai inutile. È piuttosto, un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo dei cancelli di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato. 

Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz?  
Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella sofisticata «macchina» tedesca denominata «soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi - come Birkenau e Monowitz - ed estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei) subivano una immediata selezione, che li portava quasi tutti direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano le camere a gas). Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei. 

Con il termine Shoah che cosa si definisce?  
Shoah è una parola ebraica che significa «catastrofe», e ha sostituito il termine «olocausto» usato in precedenza per definire lo sterminio nazista, perché con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava implicitamente un senso a questo evento e alla morte, invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di persone. La Shoah è il frutto di un progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli: nel gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di «soluzione finale» del cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da una per quanto deviata strategia politica. È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere. È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei). 

Quali sono gli antecedenti?  
L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo. La Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antiebraica che sancisce l’emarginazione. Tre anni dopo l’Italia approva anch’essa un complesso e aberrante sistema di «difesa della razza», rinchiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusione e separazione dal resto del paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari precedenti. Prima dell’Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata entro i ghetti. Tanto nel mondo cristiano quanto sotto l’Islam. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace (e, dal punto di vista della maggioranza, sbagliata), hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza estranea. Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei. 

Perché la Shoah è un evento unico?  
Dopo la Shoah è stato coniato il termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti, e ancora troppi sono in corso sulla faccia della terra. Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle gerarchie nel dolore: come dice un adagio ebraico «Chi uccide una vita, uccide il mondo intero». Ma mai, nella storia, s’è visto progettare a tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e tanto altro. La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte.  

Perché ricordare e commemorare?  
Il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità è stata capace, né sostenere un’assai poco ambita «superiorità» del dolore ebraico. Non è infatti, un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse.  http://www.lastampa.it/2013/01/27/cultura/la-shoah-il-giorno-della-memoria-tpsZ5Wc5oJ6pSZmLW8PMeO/pagina.html
En la ciudad de La Plata , Capital de la Provincia de Buenos Aires, a los siete (7) días del mes de octubre de 1998 comparece ante esta Excma Cámara Federal de Apelaciones y Secretario Actuante, dejándose expresa constancia que se hallan presentes el Sr Fiscal General ante la Cámara, Dr Julio Amancio Piaggio, el Sr Defensor Oficial, Dr Ricardo Alberto Gonzalez, en representación de la Asamblea Permanente por los Derechos Humanos La Plata- los Dres. Jaime Glüzmann y Martha Vedio., una persona previamente citada a quien en este acto se la impone por secretaría de las penas con las que la ley castiga el falso testimonio de acuerdo al art. 275 del Código Penal (conforme art. 295 C.P.M.P), quien seguidamente presta legal juramento de producirse con veracidad en todo lo que supiere y le fuere preguntado. Interrogado por sus circunstancias personales manifiesta llamarse Julia Libralato, ser de nacionalidad argentina, de 21 años de edad, de estado civil soltera, con profesión u ocupación estudiante, quien se domicilia en la calle Garibaldi 5742 de la ciudad de Mar del Plata, Provincia deBuenos Aires, acreditando su identidad mediante DNI N° 28.129.298, haber nacido el día 8 de abril de 1977, en la ciudad de La Plata, Provincia de Buenos Aires, resulta ser hija de Adela Ester Fonrouge y de Juan José Libralato - Acto seguido se le entera de las generales de la ley, las que explicadas manifiesta que es por ser hija de la víctima. - A continuación se le entera del contenido de esta causa y MANIFIESTA: 
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http://209.85.135.104/search?q=cache:acRH4l5IdjsJ:www.desaparecidos.org/nuncamas/web/testimon/libralat_julia.htm+juan+jose+libralato&hl=it&ct=clnk&cd=1&gl=it

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