giovedì 22 novembre 2012

Roma e Napoli la bomba rifiuti sta per esplodere, cosa succederà a Latina?

» DISCARICHE » Con la sentenza del Consiglio di Stato, due regioni a rischio Roma e Napoli: la bomba rifiuti pronta a esplodere Il fatto quotidiano 22 novembre 2012 Il sindaco della Capitale vuole spedire fuori dall’Italia il 20 per cento dell’immondizia prodotta in città. Intanto il fragile sistema di gestione campano rischia di dover smaltire in proprio oltre 300 mila tonnellate di spazzatura l’anno. E non può reggerlo Di Blasi, Natangelo e Trocchia » pag. 14 - 15 ECOBA LLE E INCENERITORI Il primo piano rifiuti della Campania prevedeva sette cdr e quattro inceneritori. Il piano lasciato dall’ultimo commissario, poi sottosegretario all’Emergenza, Guido Bertolaso, ne prevede ancora quattro: a Napoli Est, a Salerno, a Santa Maria La Fossa (un gassificatore) e a Giugliano, per bruciare le “Ecoball e” prodotte durante l’emergenza. UMIDO E COMPOSTAGGIO La frazione umida del rifiuto arriva quasi al 50% del totale prodotto. Raccolta con la differenziata, questa risorsa potrebbe andare ad alimentare gli impianti di compostaggio, in grado di creare, attraverso un trattamento chimico, una sorta di concime. Lasciato invece nell’i n d i f fe re n - ziato, l’umido può inquinare, dando luogo a percolato. CONSORZI DI BACINO Inventati nel 1993, riconfermati con legge nel 2007, inizialmente dovevano gestire la raccolta dei rifiuti sul territorio campano. Qualcuno lo ha fatto, qualcuno no. Molti sindaci hanno evitato di entrare in contatto con i Consorzi, gestendo da par loro la raccolta. Il sistema ha generato un caos che ancora oggi non trova soluzione. Napoli e Roma, la spazzatura per strada arriva con l’anno nuovo IL 13 GENNAIO IL CONSIGLIO DI STATO PUÒ METTERE IN CRISI I DUE SISTEMI DI SMALTI M E N TO NELLA CAPITALE Il sindaco Alemanno prevede di spedire fuori dall’Italia il 20 per cento dell’immondizia prodotta nel 2013 Il prossimo 13 gennaio il Consiglio di Stato dovrà pronunciarsi, dopo un rinvio di sei mesi, su una materia che a molti apparirà oscura. La questione è la seguente: i rifiuti provenienti dagli impianti di “tri - tovagliatura” (gli Stir, che per l’appunto selezionano, frullano e infine imballano l’immondi - zia) sono da considerarsi rifiuti urbani o rifiuti speciali? Da questa risposta potrà dipendere il futuro prossimo di due regioni: il Lazio e la Campania. Entrambe, infatti, per motivi diversi, potrebbero ritrovarsi nell’anno a venire con i rifiuti per strada: cartoline da spedire al mondo. SE INFATTI il Consiglio di Stato dovesse confermare la sentenza già pronunciata (e poi sospesa in attesa di un giudizio di merito) dal Tar del Lazio, equiparando il “tritovagliato” al rifiuto urbano tal quale, quella spazzatura non potrebbe più essere portata fuori regione. E sarebbe il caos. Il fragile ciclo dei rifiuti venuto fuori dalla terribile “emergen - za” campana non può, infatti, a oggi, fare a meno di spedire all’esterno tonnellate di rifiuti ogni anno. Il confuso ciclo dei rifiuti del Lazio, al contempo, con la chiusura della grande discarica di Malagrotta, che dovrà cadere entro la fine dell’anno, dovrebbe studiare un sistema di emergenza che non preveda l’alternativa del “fuori regione”. Per capirci, del milione e seicentomila tonnellate di immondizia che annualmente produce la Campania, oltre 300 mila tonnellate, dopo essere passate dagli impianti Stir, finiscono in discariche fuori regione (337 mila tonnellate dicono le ultime stime). Se il Consiglio di Stato bocciasse questa pratica, il fragile sistema campano per la gestione dei rifiuti, collasserebbe. In assenza di un’impiantistica adeguata, infatti, si finirebbe per saturare in breve tempo le discariche aperte nell’emergenza e vi sarebbe la necessità di reperirne subito delle altre. L’assessore Giovanni Romano, che nella giunta di Stefano Caldoro è all’Ambiente, è in allarme: “È una evenienza che teniamo in considerazione e che ci preoccupa - dice - Per questo stiamo offrendo la massima collaborazione al Commissario”, che ha il compito di aprire nei tempi previsti da un cronoprogramma già saltato, le altre discariche in grado di tamponare la situazione. Ieri il ministro all’Ambiente Corrado Clini, audito alla Camera, ha dichiarato: “Dobbia - mo evitare che si consolidi una gestione illegale dei rifiuti: illegale non per la presenza della malavita, ma perchè non si fa un’alta percentuale di raccolta differenziata e di recupero”. Una impostazione in parte apprezzata dai deputati pd presenti in commissione Ambiente: Alessandro Bratti, Ermete Realacci e Roberto Morassut. ERA NOTIZIA del giorno precedente l’idea dell’Ama, l’azienda che a Roma si occupa della raccolta dei rifiuti, di spedire all’estero un quantitativo che lo stesso sindaco Alemanno stima: “Per il 2013 al massimo il 20% e nel 2014 il 15% del totale complessivo dei rifiuti prodotti a Roma”. Un’idea “irresponsabi - le” per Realacci, e anche non poco costosa. È lo stesso Clini a constatare il paradosso: “Sto cercando di capire perchè a Colleferro, vicino Roma, vengono conferiti i rifiuti di altre regioni e non quelli di Roma. È paradossale che questi ultimi vadano all’estero. La situazione presenta aspetti non chiari”. È la stessa constatazione che fa Bratti: “In Campania non ci sono gli impianti, nel Lazio dovrebbero esserci, solo che non li fanno funzionare”. In Campania, del resto, i problemi dell’emergenza si sono trascinati fino all’oggi. Uno di questi si manifesterà in piazza il prossimo 26 novembre: 3000 lavoratori dei Consorzi di Bacino, che non prendono lo stipendio da mesi, manifesteranno sotto la Regione. Finiti dentro l’ingra - naggio del welfare dei rifiuti che in Campania, ai tempi belli, aveva creato 12 mila posti di lavoro, i Consorzi sono rimasti a piedi: avanzano 198 milioni di euro da Comuni, Province e Protezione Civile morosi. Hanno un debito con i fornitori di 219 milioni di euro. Al loro posto, nel 2009, sono nate le società provinciali: dovrebbero sostentarsi con la Tariffa sui rifiuti, che però i Comuni, così come capitava con i Consorzi, non gli versano. Sono in credito di 328 milioni. I sindaci, intanto, affidano quei servizi a ditte loro vicine (municipalizzate o di privati amici). Tanto che ad oggi non si sa quanti siano in Campania i soggetti addetti alla raccolta. Walter Ganapini Ma quale e m e r ge n z a : è la politica che fa affari IL SISTEMA REGGE Non c’è bisogno di nuovi impianti. Quelli che ci sono sono più che sufficienti: basta farli lavorare a pieno regime di Nello Trocchia L’emergenza rifiuti è una finzione. Ne è convinto Walter Ganapini, tra i massimi esperti italiani in materia ambientale, un passato da presidente di Greenpeace e per due anni assessore in Campania, seconda giunta Bassolino. Napoli porta fuori nazione i rifiuti, Roma vorrebbe fare lo stesso. Il Consiglio di Stato potrebbe bloccare i camion che trasportano il pattume fuori regione, sarebbe la catastrofe. Lei dice che non c’è l'emergenza, ma scherza? L’emergenza non esiste. Costruirla in un periodo di crisi economica solo per aumentare spartizione e mangiatoie è inaccettabile. Ci faccia capire. Partiamo da Napoli. Basta far funzionare gli ex Cdr (oggi Stir, ndr) in Campania attraverso un semplice reva mping , una messa a nuovo, basta un mese. Sette impianti con una potenzialità di trattamento pari a 8 mila tonnellate di rifiuti al giorno, la Campania ne produce mille tonnellate in meno. Considerando la differenziata, i rifiuti in quella regione si potrebbero importare. Il problema è che quegli impianti li hanno fatti ammalare, quando arrivai erano inutilizzati, pieni zeppi di cataste di rifiuti, con il tempo sono stati derubricati a separatori di pattume. Un disastro. Se funzionassero bene, le frazioni in uscita sarebbero due: il secco e il biostabilizzato. Il primo combustibile in impianti esistenti o ulteriormente riciclabile, l’altro utilizzabile per ricomposizione ambientale: copertura di discariche esaurite, riempimento di cave. In Campania ci sono anche gli impianti di compostaggio, trattano la frazione umida da raccolta differenziata, ma sono inutilizzati. Ma scusi, ma se basta questo, perché si vogliono costruire altri impianti di incenerimento in Campania? Il piano regionale è stato bocciato in sede europea. Di quegli impianti non c’è alcun bisogno, con una crescita della raccolta differenziata al 65% come prevede la legge, l’impiantistica è sufficiente e si può pensare di selezionare ulteriormente la parte restante mandando in archivio anche il discusso inceneritore di Acerra. E lei da assessore perché non ha risolto il problema? Non potevo neanche entrare negli impianti. Era tutto commissariato. Feci due cose: aumentare la differenziata (arrivammo al 29%) e aprire isole ecologiche. Roma vuole portare il pattume fuori nazione... A Roma ci sono 4 impianti di trattamento meccanico biologico dove entrano i rifiuti non differenziati, per intenderci il sacchetto nero. Quando arriva viene separato in una parte secca e in un’altra umida trattata, per dirla alla buona quello che dovrebbero fare gli ex Cdr campani. Possono trattare 4 mila tonnellate al giorno. Il problema è che li fanno funzionare a poco più della metà della loro potenzialità e così restano mille tonnellate non trattate che oggi vanno in discarica. Il quantitativo che domani dovrebbe essere spedito fuori dall’Italia. Ce lo chiede anche l’Europa. E perché non si fa? I rifiuti sono un canale di finanziamento della politica aggravato dalla presenza del crimine organizzato. In Campania bisogna fare i conti, come è successo a me, con intimidazioni e minacce. La Campania ha anche un debito nel ciclo di gestione pari a un miliardo di euro. Un pozzo senza fine? C’è un problema relativo all’evasione della tassa sui rifiuti e di sovrapposizione dei soggetti interessati alla gestione, ma non è l’unico. Gli ex Cdr sono stati costruiti con i fondi europei. L’Europa ha avviato una indagine per capire le ragioni del mancato utilizzo di quegli impianti e potrebbe chiedere la restituzione di due miliardi di euro. A Napoli e in Campania è difficile intervenire. Poco dopo la mia nomina, nel 2008, la prima volta che incontrai Guido Bertolaso mi disse: “Ma tu qui che sei venuto a fare?”. Compresi la situazione quando per caso trovai una discarica inutilizzata nel Casertano e ne comunicai l’esistenza ai giornali. Mi fu detto da altri soggetti di tenere la notizia riservata. Ho seguito un vecchio adagio: la migliore assicurazione sulla vita è evitare di avere segreti. Chiudiamo con Roma. Il rischio è anche finanziario? Le rispondo con un aneddoto. Nel 1998 ero all’Ama: avevamo 3 mila dipendenti. Io sono figlio di operaio, il lavoro è sacro, ma bisogna tener i conti in ordine. Oggi i dipendenti Ama sono 7800. Quando è arrivato un manager milanese competente come Salvatore Cappello volevano fargli digerire altre 250 assunzioni. Ha tenuto botta. Gli hanno tolto l’incarico

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