mercoledì 21 novembre 2012

Pontinia, megastore, casalesi, sistema Cosentino

9 OTTOBRE 2008 Sistema Cosentino di Marco Lillo Quattro pentiti accusano: il sottosegretario era al servizio dei boss casalesi. Ecco tutti gli affari del politico di Casal di Principe. Con una holding di famiglia a cui avevano negato il certificato antimafia E ora sono quattro. Un poker di pentiti di camorra accusa il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, nato a Casal di Principe, di avere intessuto un rapporto organico con il clan più pericoloso d’Italia: i casalesi. L’ultimo verbale è stato depositato il 30 settembre scorso in occasione dell’operazione ‘Spartacus 3′ della Procura di Napoli, una retata che ha raccolto il plauso del capo dello Stato. Il pentito Domenico Frascogna ha raccontato ai pm che Cosentino è stato il postino dei messaggi del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan per una vaga somiglianza con l’eroe salgariano. L’attuale sottosegretario avrebbe trasmesso gli ordini del capoclan, poi condannato a tre ergastoli e decine di anni di galera per reati gravissimi che vanno dall’omicidio all’associazione camorristica. Pizza e pizzino I fatti narrati si svolgono tra la fine del 1995 e l’inizio del 1996. In quel periodo il boss, che ora è chiuso nel regime di isolamento più duro, è latitante. Cosentino è stato eletto consigliere regionale per Forza Italia con una valanga di voti (in provincia di Caserta una preferenza su tre è sua) e forte di questo bottino sta preparando l’approdo in Parlamento, che gli riuscirà nel 1996. A Casal di Principe Sandokan regna incontrastato e segue gli affari del clan nei rifiuti e nel calcestruzzo grazie a una rete di fiancheggiatori. Secondo il racconto di Frascogna, quando Sandokan vuol far sapere qualcosa ai suoi, si rivolge a Mario Natale, un avvocato proprietario di decine di immobili che circola su una Ferrari 550 Maranello e che è stato arrestato il 30 settembre scorso con l’accusa di essere il cassiere dei casalesi. Frascogna avrebbe visto Cosentino e Natale che andavano a casa di Nicola Panaro (un boss legato a Schiavone arrestato nell’ultimo blitz) per consegnare la lettera del capo. Non basta: il pentito racconta di avere assistito a un incontro a quattro nella sua pizzeria con Cosentino e l’avvocato Natale che consegnavano la solita lettera ai boss Raffaele Diana e Vincenzo Zagaria. Le accuse di Frascogna sono state rilasciate in tempi non sospetti, nel lontano 1998. La Procura le ha ritenute credibili e le ha allegate all’ordinanza di arresto contro i casalesi, ma non si sa ancora se le userà anche nel fascicolo segreto che vede indagato Cosentino. In realtà il pentito non pronuncia mai il suo nome, ma solo il soprannome di famiglia, ereditato dal padre: ‘o Americano’. Forse per questo nessun quotidiano nazionale ha valorizzato la notizia del sottosegretario postino del boss. Eppure i quattro verbali dei collaboratori di giustizia che ‘L’espresso’ pubblica a pagina 65 disegnano un puzzle davvero inquietante. Vediamo: per l’imprenditore di camorra Gaetano Vassallo (vedi ‘L’espresso’ n. 37 ‘Così ho avvelenato Napoli’), Cosentino controlla il consorzio per la raccolta dei rifiuti infiltrato dalla camorra, l’Eco 4, e gestisce la costruzione degli inceneritori in accordo con Sandokan. Per Michele Froncillo, un altro pentito citato nell’ultima indagine, anche il boss legato a Sandokan, Raffaele Letizia, ha rapporti con Cosentino per ottenere appalti. Mentre secondo quello che raccontava già nel 2000 il cugino di Sandokan, Carmine Schiavone, i primi patti elettorali tra i casalesi e Cosentino risalgono alle elezioni amministrative del 1982, quando Nicola Cosentino militava nel Partito socialdemocratico. Le accuse dei collaboratori di giustizia, anche quando sono concordanti, hanno valore solo se riscontrate, ma indubbiamente imporrebbero una riflessione. Invece sul caso è calato il silenzio. Nessuno sembra interessato davvero a capire chi è questo sottosegretario all’Economia di Casal di Principe che dispone di deleghe delicate sul Cipe, sul dipartimento del Tesoro e sulle frequenze radio e tv. Per comprendere meglio il fenomeno Cosentino, ‘L’espresso’ ha consultato informative prefettizie, visure camerali e catastali che riportano fatti certi, non parole di pentiti. A partire da un atto dal quale risulta che Nicola Cosentino ha comprato un terreno dal boss Mario Schiavone, arrestato nel blitz del 30 settembre scorso. Schiavone vende Cosentino compra È il 9 ottobre del 1993, a Santa Maria Capua Vetere davanti al notaio Raffaele Orsi siedono Nicola Cosentino e i suoi cinque fratelli. Entra Mario Schiavone, il cugino e cognato di Sandokan è accompagnato dalla sua signora: Clelia Nappa (sorella della moglie di Sandokan, oggi in cella). Schiavone è lì per vendere un terreno di famiglia ai Cosentino. È un rettangolo di due ettari al confine tra il comune di Casale e quello di Villa di Briano. Il prezzo dichiarato è di 40 milioni di lire. La società della famiglia Cosentino quell’anno fattura già 20 miliardi, ma si presenta al gran completo per chiudere questo piccolo affare un po’ insolito. Nel 1993 Mario Schiavone invece è ancora un cittadino incensurato, ma su di lui già si addensano nuvole giudiziarie. Nel 1990 ‘o Maittone’ ha subito un procedimento di prevenzione insieme al boss Francesco Schiavone che si è concluso con il sequestro delle terre di Ferrandelle (dove poi è sorta la discarica). Tira una brutta aria per lui. Nel maggio 1993 uno dei capi del clan, Carmine Schiavone, altro cugino di Sandokan, ha cominciato a cantare. Il 26 agosto del 1993 racconta ai pm gli acquisti immobiliari fatti da Mario Schiavone per nascondere dietro un prestanome i soldi del padrino. Poi parla del suo ruolo logistico: "La sua abitazione è uno dei nostri rifugi". Pochi mesi dopo quel verbale, Schiavone vende a Cosentino il terreno. Nulla di illecito. Solo nel luglio 1998, la Dia arresterà il capo dei casalesi in un bunker pieno di armi con il cugino Mario. Resta il mistero di questo atto. Cosa se ne dovevano fare i Cosentino di un suolo agricolo confinante con un allevamento di bufale che sorge, secondo quello che dicono in zona, su terreni degli Schiavone? Se l’obiettivo dei Cosentino era un’operazione edilizia, non è riuscita. Il suolo, 15 anni dopo, si presenta ancora come un normalissimo campo appena arato. Lì vicino sorge il Santuario della Madonna di Briano, cara alla popolazione per i suoi miracoli. L’assistente del parroco conosce tutto e tutti, ma non ha mai sentito dire che il terreno in questione è stato comprato dal politico Cosentino e dai suoi fratelli. In compenso tutti sanno che a ridosso del Santuario ci sono i suoli degli Schiavone. E quando pronunciano quel nome abbassano la voce. Affari di famiglia Alla stipula dell’atto Nicola arriva con i fratelli. Una famiglia molto unita e potente. Se chiedete a chi abita da queste parti quale sia il simbolo del potere dei Cosentino, vi indicheranno il tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere. Lì avvocati e giudici pieni di pratiche sono costretti a lavorare in un condominio con balconi, stanze, bagni e muri concepiti per ospitare famiglie e non computer e fascicoli. Eppure proprio quell’immobile, appartenente alla famiglia Cosentino, è stato preferito agli altri per ospitare il tribunale. Il vero monumento al conflitto di interessi familiare è però la centrale elettrica di Sparanise, in provincia di Caserta, un mostro da 800 megawatt osteggiato dalla popolazione ed entrato in funzione nel 2007. Quando l’allora ministro Antonio Marzano scese a Sparanise per confermare che la centrale, nonostante le proteste, si sarebbe fatta, al suo fianco c’era Nicola Cosentino. Come dargli torto: quella centrale rappresenta una gallina dalle uova d’oro per la sua famiglia. Alla fine di un complesso giro societario (vedi box a pag. 68) la Scr, legata a Giovanni Cosentino, ha guadagnato 10 milioni di euro in un sol colpo con la vendita dei terreni dell’area e si è garantita un flusso di un milione di euro all’anno. Il tutto grazie alla scelta del Comune di Sparanise di far sorgere lì la centrale. E indovinate chi è il sindaco di Sparanise? Antonio Merola, un fedelissimo del sottosegretario. Se l’energia è la nuova frontiera della famiglia, il core business da 35 anni resta il gasolio. Il gruppo di aziende che si occupa di carburanti e che fa capo a tre fratelli, Giovanni, Mario e Antonio, fattura 100 milioni di euro contro i 30 del 2003. Una serie di accordi intervenuti tra il 2002 e il 2003 con l’Eni e l’Agip hanno permesso ai Cosentino di espandere la rete con l’acquisto di 150 distributori. Al governo c’era Berlusconi, ma nessuno ha sollevato accuse di conflitto di interessi. Nicola è fuori dall’azionariato e così il gruppo può crescere parallelamente alla sua statura politica senza dare nell’occhio. Nemmeno quando inciampa in storie di boss e colletti bianchi. L’impero Cosentino Il gruppo è composto da Aversana gas, Aversana Petroli (ingrosso); Ip Service (distributori di benzina); Immobiliare 6C e Agripont, che ha comprato una fattoria di 180 ettari a Pontinia, in provincia di Latina. Ma la società centrale è la Aversana Petroli, 80 milioni di euro di fatturato, fondata nel 1975 da papà Silvio ‘o Americano’, come lo chiamavano tutti per i rapporti di affari con gli Alleati nel primo dopoguerra. Per cinque anni la società tenta inutilmente di avere la licenza per distribuire il carburante che arriva solo nel 1980. Nicola intanto ha scelto la politica: entra in consiglio comunale a 19 anni nelle file del Psdi e a 21 è già consigliere alla Provincia di Caserta. Nel 1983 agguanta la poltrona di assessore, prima ai Servizi sociali e poi alla Pubblica istruzione. Qualche voce maligna mette in relazione l’aumento delle forniture di gasolio alle scuole con il suo incarico. Ma secondo i libri aziendali è la "forte capacità di penetrazione nel territorio" il segreto del successo. In una terra in cui è facile incappare nel racket, la facilità di penetrazione non è poca cosa. Anche se talvolta ci vuole un po’ di elasticità nella scelta dei partner. A Sparanise la pompa di benzina più vicina alla centrale fino al settembre 2007 era dei Cosentino, ma la gestiva il nipote di un boss, quel Giuseppe Papa condannato per omicidio. Due settimane fa l’impresa che gestiva la pompa dei Cosentino è stata sequestrata dalla Procura. Cose che accadono. In compenso i cantieri della centrale non hanno mai avuto problemi di criminalità. Proprio grazie alla sua capacità di penetrazione, la Aversana cresce lentamente fino ai 26 miliardi di lire del 1992. Lo stop che rischia di bloccare tutto arriva nel 1997, quando la Prefettura di Caserta nega il certificato antimafia per un appalto pubblico. Il motivo? Rischio di infiltrazione mafiosa. Boss all’altare In Prefettura analizzano i matrimoni dei fratelli di Nicola Cosentino e saltano sulla sedia: Giovanni Cosentino, 64 anni, è sposato con la figlia del boss Costantino Diana, poi deceduto. Mario, 43 anni, è sposato con Mirella Russo sorella di Giuseppe Russo, alias ‘Peppe ‘u Padrino’, condannato all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio. Quando non sono le mogli, ci si mettono gli amici: un terzo fratello, Antonio Cosentino, 39 anni, è stato controllato nel 2005 in compagnia di un soggetto con precedenti di polizia per tentato omicidio, associazione mafiosa e tentata estorsione. La Prefettura nega così la certificazione anche nel 1998. Per i Cosentino si profila una catastrofe. Rischiano di saltare tutti gli appalti. Aversana Petroli ricorre al Tar e al Consiglio di Stato, ma perde, perché i legami parentali "rappresentano elementi, univoci e non contestati, da cui ragionevolmente può dedursi che sussisteva il pericolo di infiltrazione mafiosa". La sentenza è un macigno sulle aziende e rischia di danneggiare anche Nicola. In fondo le considerazioni sui ‘rischi di infiltrazione’ possono estendersi per analogia al politico. Nicola Cosentino ha ammesso di essere intervenuto in favore di qualche imprenditore per fargli ottenere la certificazione antimafia. Nessuno sa se lo abbia fatto anche per la società di famiglia. Una cosa però è certa: la Prefettura cambia idea. Nonostante le sentenze dei giudici, il nuovo prefetto Maria Elena Stasi sollecita il comitato per l’ordine e la sicurezza a riconsiderare il caso. Una procedura che "si usa di rado" conferma il prefetto Stasi. Alla fine la Aversana Petroli supera lo scoglio dell’antimafia e alle ultime elezioni la Stasi è eletta in posizione blindata alla Camera con il Pdl. Il suo grande sponsor è stato Nicola Cosentino. Anche questo succede di rado. ha collaborato Claudio Pappaianni http://temi.repubblica.it/espresso-speciale-casalesi/2008/10/14/sistema-cosentino/?printpage=undefined

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