domenica 15 aprile 2012

rifiuti zero: Paul Connet: ridurre, riutilizzare, riciclare, re-design, responsabilità

Alessandro De Pascale
RICICLO. Per salvare la Terra dobbiamo trasformare gli scarti in risorse e abbandonare l’“usa e getta”. Un sogno impossibile? Non secondo lo scienziato delle cinque “R”, Paul Connett.

«Viviamo su questo pianeta come se ne avessimo un altro su cui andare. se l’intero mondo adottasse l’attuale modello di consumo europeo, ci servirebbero due pianeti che diventano quattro con i livelli statunitensi.
Per salvare la terra qualcosa deve cambiare e se vogliamo farlo dobbiamo cominciare proprio dalla spazzatura. Ognuno di noi produce tutti i giorni rifiuti. Questo è la prova evidente che stiamo facendo qualcosa di sbagliato. Produrre così tanta immondizia fa parte di un modo non sostenibile di vivere il pianeta. Tutti possiamo però fare un primo passo verso la sostenibilità». Come? Trasformando i rifiuti in risorse, dicendo “no” a discariche e inceneritori, abbandonando la società usa e getta a favore di una sostenibile, facendo ricerca su come ridurre la frazione residua. A portare avanti queste battaglie fin dal lontano 1985 c’è Paul Connett, scienziato statunitense, professore di chimica e tossicologia alla St. Lawrence University, ma soprattutto attivista ambientale tra i fondatori della strategia Rifiuti Zero. Una “missione” che lo ha portato in 49 luoghi degli Stati Uniti, in sette province del Canada e in 53 altri Paesi del mondo. Questo modello di gestione è raccontato con esempi concreti, buone pratiche, criticità e qualche fallimento, nell’omonimo libro (vedi scheda), uscito in Italia con la casa editrice Dissensi e presentato a Napoli il 22 marzo.


Professore, ci spiega brevemente cos’è Rifiuti Zero?
È una nuova direzione che tutti dovrebbero condividere. La battaglia per la sostenibilità è la sfida più grande che la società umana sta affrontato a partire dalla rivoluzione industriale. Dobbiamo passare dal back-end di smaltimento rifiuti al front-end di gestione delle risorse, pretendere una migliore progettazione industriale e uno stile di vita post-consumistico. I punti focali della strategia sono costituiti dalle cinque “R”. La maggior parte delle persone hanno già una certa familiarità con le tre “R” (ridurre, riutilizzare e riciclare). Tuttavia, i rifiuti, sono soprattutto un problema di progettazione e di ingegnerizzazione aziendale. Proprio per questo abbiamo bisogno di aggiungere una quarta “R”: Re-design o per l’appunto reingegnerizzazione. L’Italia è molto avvantaggiata in questo, poiché dispone di alcuni tra i migliori designer e ingegneri al mondo. In effetti, uno dei primi italiani a parlare di Rifiuti Zero è stato addirittura Leonardo da Vinci. Nei suoi scritti ha detto che non vi era alcuna cosa che potesse essere considerata come rifiuto. Il prodotto di scarto di ciascun processo dovrà diventare il materiale di partenza per un altro. Il Re-design è importante ma c’è un’altra “R” che è la chiave per la sostenibilità. La quinta “R” è responsabilità sia della comunità che individuale, sia industriale che professionale, ma ancora di più politica. Gli strateghi di Rifiuti Zero vanno integrati con agricoltori, medici, artisti, educatori, filosofi, scienziati, ingegneri, economisti, ambientalisti, designer industriali, architetti, creativi e attivisti sociali. Tutti i soggetti vanno coinvolti in questo enorme sforzo.


Come funziona questa strategia?
Mega discariche e inceneritori non sono né accettabili né necessari. Rifiuti Zero è la strategia alternativa migliore non solo per la nostra salute ma anche per l’economia locale e il nostro pianeta. Per capire di cosa stiamo parlando ecco un semplice confronto: l’incenerimento trasforma 3-4 tonnellate di rifiuti in una di cenere che nessuno vuole. Rifiuti Zero prende tre tonnellate di spazzatura e le trasforma in: una di compostabili, una di rifiuti riciclabili e una di “educazione”. Grazie alla strategia Rifiuti Zero possiamo educare ogni cittadino, professore, studente, decision maker e tutte le nostre industrie alla sostenibilità. C’è poi l’impatto sul fattore energia: un mix di riciclaggio e compostaggio permette di risparmiare 3-4 volte quella generata da un inceneritore. Alcuni confronti per singoli materiali sono da capogiro. Il riciclaggio della plastica Pet (comunemente usata per le bottiglie d’acqua monouso) consente di risparmiare ben 26 volte l’energia che si ottiene bruciandola. Un rapporto europeo indica che per ogni tonnellata di rifiuti una combinazione di riciclaggio e compostaggio produce 46 volte meno gas responsabili del riscaldamento globale, rispetto a quelli generati da un inceneritore che la brucia per produrre energia elettrica. Per quanto riguarda l’economia locale è invece dimostrato che la strategia Rifiuti Zero è più economica e crea posti di lavoro di gran lunga maggiori rispetto all’incenerimento. Il denaro speso rimane inoltre in larga parte alla comunità locale, mentre l’enorme quantità di quattrini necessari per un inceneritore va alle multinazionali.


Quali sono le principali differenze tra un modello di gestione tradizionale (discariche e inceneritori) e Rifiuti Zero?
Il modo in cui viene gestita la frazione residua: discariche ed inceneritori tendono a far scomparire o bruciare i residui, la strategia Rifiuti Zero vuole invece renderli molto visibili. Dopo aver confinato tutti i materiali verso le corrette filiere (umido per il compost, platica, carta, vetro, alluminio, metalli, etc. al riciclo), la frazione residua rappresenta i nostri errori non sostenibili. Sia per acquisti sbagliati da parte dei cittadini che per problemi di design industriale. Per andare verso una società sostenibile è fondamentale che questi residui diventino molto visibili per ridurli progressivamente, studiando e correggendo i nostri errori. Anche per questo vanno creati i Centri di ricerca che fanno lo screening di quanto rimane a valle della differenziata. L’ideale sarebbe farli gestire direttamente alle università o agli istituti tecnici della zona. Nei Centri di ricerca professori e studenti con interessi diversi (design industriale, pubblicità etica, sviluppo urbano e della comunità, economia, gestione ambientale), potrebbero studiare gli errori non sostenibili della società di oggi e mettere a punto valide alternative. Il laboratorio ideale per chi è interessato alla sostenibilità. In Italia, per ora, esiste soltanto a Capannori, nei pressi di Lucca. In costante crescita anche i Centri di riutilizzo e riparazione, sia a scopo di lucro che no profit.


Un obiettivo ambizioso. Per raggiungerlo è però fondamentale la partecipazione dei cittadini?
Anche se può sembrare un target utopistico, serve tempo ma possiamo arrivarci. È dimostrato. Non ci aspettiamo di raggiungere Rifiuti Zero il prossimo anno, ma alcune comunità potrebbero essere molto vicine a farlo entro il 2020. Inviando in discarica meno del 10 per cento. Puntando allo zero non solo si rendono le nostre intenzioni molto chiare, ma se diventa un fine comune è più probabile avvicinarsi all’obiettivo. L’ostacolo maggiore è “la cattiva legge dell’inquinamento”. Più c’è corruzione più aumenta la continua promozione di mega discariche ed inceneritori, e quindi l’inquinamento, allontanando la ricerca della soluzione, perché soltanto poche persone fanno grandi profitti con la costruzione e la gestione di questo tipo di impianti. Fortunatamente, però, c’è anche “la buona legge dell’inquinamento”, secondo la quale il livello di inquinamento e corruzione diminuisce all’aumentare della partecipazione dei cittadini. In breve, per tenere pulito il nostro ambiente abbiamo bisogno di ripulire il sistema politico. Non è un problema solo dell’Italia ma riguarda il mondo intero. Proprio dalle battaglie contro le discariche e gli inceneritori viene fuori un’appassionata opposizione dei cittadini. È questa passione, amplificata da internet, che genera la spinta alternativa di Rifiuti Zero.


Dove si è più vicini a raggiungere questo obiettivo?
In diverse parti del mondo ci sono tanti esempi di successo. A mio avviso, i due luoghi che stanno guidando i movimenti Rifiuti Zero sono la California e l’Italia. Nel 2011, San Francisco (circa 850mila abitanti) ha dimostrato che la combinazione delle cinque fasi (raccolta differenziata, porta a porta, compostaggio, riciclaggio e riutilizzo) consente di togliere alle discariche il 78 per cento dei rifiuti. La città californiana è stata la prima a credere a Rifiuti Zero entro il 2020. Il prossimo passo sarà capire come ridurre, e infine eliminare, la maggior parte di questa frazione residua. C’è poi l’Italia dove avviene la più aspra battaglia al mondo contro gli inceneritori, causata delle irragionevoli pressioni della politica per questa tecnologia.


Cosa pensa dell’adesione a Rifiuti Zero da parte di Napoli?

Nell’ottobre 2011 sono stato invitato dal nuovo sindaco di Napoli a parlare di Rifiuti Zero e sostenibilità nel palazzo comunale. Avevo visitato decine di volte e tenuto numerosi incontri nel capoluogo partenopeo ma fino a quel momento mai nessun politico aveva voluto condividere questo tipo di informazioni e strategie. Dopo aver parlato col nuovo sindaco, quel giorno stesso il primo cittadino ha annunciato che Napoli stava per sottoscrivere la strategia Rifiuti Zero. Sempre di recente lo avevano già fatto altre comunità della zona di Napoli. È stato un momento meraviglioso, sia per me sia per le decine di migliaia di cittadini che in Italia lottano per raggiungere questo obiettivo. Avere Napoli a bordo di Rifiuti Zero farà una differenza enorme a favore di tutti i nostri sforzi.
http://www.terranews.it/news/2012/04/rifiuti-zero

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