domenica 29 aprile 2012

Enel: il carbone costa un morto al giorno

Enel - Il carbone costa un morto al giorno Pubblicazione - 29 aprile, 2012 Questo briefing è l'anticipazione di un rapporto dell'istituto di ricerca indipendente e non-profit SOMO, che sarà pubblicato nella prima metà di maggio. 366 morti premature nel 2009 in Italia, e danni (sanitari, ambientali, economici) stimabili nell’ordine di quasi 1,8 miliardi di euro in quello stesso anno: sono questi, secondo Greenpeace, i veri costi della produzione elettrica di Enel col carbone nel nostro Paese. La ricerca realizzata da SOMO applica la metodologia utilizzata dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) per stimare i danni delle emissioni atmosferiche degli impianti industriali in Europa, applicata su dati di emissione pubblici e di fonte istituzionale. per leggere il dossier http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2012/clima/Enel%20-%20Il%20carbone%20costa%20un%20morto%20al%20giorno.pdf i in: Il Fatto Quotidiano > Ambiente & Veleni > “Il carbo... “Il carbone dell’Enel fa un morto al giorno e costa due miliardi l’anno” Greenpeace Italia anticipa al Fatto Quotidiano il suo rapporto su Enel, basato sulle ricerche della fondazione olandese SOMO e della European Environmental Agency (EEA). Investimenti minimi nelle nuove rinnovabili, sostegno anacronistico al carbone e nucleare all’estero http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/29/centrali-carbone-dellenal/212586/ Un morto al giorno, 366 l’anno per la precisione. Sono quelli riconducibili all’inquinamento prodotto dalle centrali a carbone dell’Enel secondo la proiezione della Fondazione Somo per Greenpeace Italia. Applicando i parametri dell’Agenzia Europea per l’Ambiente alle emissioni in atmosfera delle centrali della compagnia ex pubblica emerge che “le morti premature associabili alla produzione di energia da fonti fossili di Enel per l’anno 2009 in Italia sono 460. I danni associati a queste stesse emissioni sono stimabili come prossimi ai 2,4 miliardi di euro. La produzione termoelettrica da carbone costituisce una percentuale preponderante di questi totali: a essa sono ascrivibili 366 morti premature (75%), per quell’anno, e danni per oltre 1,7 miliardi di euro (80%)”. Un responso implacabile che la Fondazione ha trasmesso all’Enel ricevendo, purtroppo, risposte molto elusive. Greenpeace View more documents from ilfattoquotidiano “Lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili unito alla perdurante stagnazione della domanda di energia elettrica sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali, mettendo a rischio la possibilità di tali impianti di rimanere in esercizio”. L’ha dichiarato un mese fa Paolo Colombo, presidente dell’Enel, seguito a ruota dall’amministratore delegato Fulvio Conti, che ha chiesto di “correggere le forme di incentivi per le fonti rinnovabili” calibrando meglio i sussidi nel prossimo decreto allo studio del governo nazionale, per “dare impulso ad altre filiere”. Enel il carbone costa un morto al giorno View more documents from ilfattoquotidiano Il mondo sta cambiando, la produzione di energia è sempre più diffusa e decentrata, ma l’Enel non vuole mollare: il suo vecchio mondo, quello delle grandi centrali a gas, carbone, uranio, olio combustibile deve essere preservato. “Enel è entrata a gamba tesa sul tema dell’incentivazione alle rinnovabili – ha dichiarato a Repubblica.it il senatore del PD Francesco Ferrante – . Le cose sono due: o si tratta di disinformazione o di una sorta di confessione di chi guarda al passato e ha paura del futuro”. Per Greenpeace Italia non ci sono dubbi: Enel ha paura delle rinnovabili perché è ancorata al passato o si affida a tecnologie di dubbia efficacia. “Se si eccettua l’idroelettrico, che in Italia è semplicemente un’eredità di investimenti passati e in altre regioni, come in America Latina, è collegato a progetti potenzialmente ad alto impatto ambientale, gli investimenti di Enel nelle rinnovabili sono minimi, specialmente in Italia ed Europa, dove la riduzione delle emissioni di Co2 è affidata al nucleare o a improbabili tecnologie come la cattura e sequestro del carbonio (Carbon Capture Storage o CCS)”, ha dichiarato Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia. Nel suo rapporto, che ilfattoquotidiano.it ha ottenuto in anteprima, Greenpeace non si limita a puntare il dito, come ha già fatto più volte in passato, sul mix energetico “anacronistico” di Enel, ma analizza per la prima volta i costi esterni delle centrali Enel a carbone e petrolio. “Si tratta dei costi per l’ambiente, l’agricoltura e la salute dei cittadini. Sono voci di costo che non compaiono nei bilanci, perché la società non li paga. A pagare è però l’ecosistema nel suo complesso”. Greenpeace fa riferimento a un rapporto della fondazione olandese SOMO, che uscirà nei prossimi mesi, e allo studio della EEA (European Environmental Agency), l’agenzia per l’ambiente dell’Unione Europea, uscito nel novembre del 2011. Lo studio dell’EEA individua i 20 impianti di produzione di energia più inquinanti in Europa. In Italia il primato spetta alla centrale a carbone Federico II di Brindisi, gestita dall’Enel, i cui costi esterni (calcolati dall’EEA) ammontavano a 707 milioni di euro nel 2009: una cifra che supera i profitti che Enel ottiene dalla centrale. “E’ un gioco pericoloso, che non vale la candela”, continua Onufrio. “I profitti sono ottenuti con un prezzo altissimo per l’ambiente e la salute”. Greenpeace Italia ha esteso la metodologia utilizzata dallo studio dell’EEA a tutte le centrali a carbone gestite da Enel in Italia ed è arrivata a conclusioni preoccupanti: “I costi esterni delle centrali a carbone sono di 1,7 miliardi di euro – oltre il 40% dell’utile che Enel ha ottenuto a livello consolidato, in tutto il mondo, nel 2011”, si legge nel rapporto. “Se alle attuali centrali si dovessero aggiungere quelle di Porto Tolle e Rossano Calabro – che potrebbero presto essere convertite da olio a carbone – i costi esterni potrebbero toccare la quota di 2,5 miliardi di euro all’anno, suddivisi in costi per la salute, danni alle colture agricole, costi da inquinamento dell’aria e da emissioni di Co2”. Al termine del rapporto, Greenpeace chiede ad Enel di effettuare al più presto una valutazione dei costi esterni delle centrali a combustibili fossili, riportando i risultati all’interno del bilancio di sostenibilità. Tra i quesiti rivolti ad Enel non mancano i riferimenti al progetto per la centrale a carbone di Galati, in Romania, “in un’area già colpita da decenni di inquinamento dell’industria pesante rumena” e alla centrale Reftinskaya GRES, nella regione di Ekaterinburg, in Russia, che sarebbe stata accusata di “violazioni di norme ambientali” da parte delle autorità locali. Altre domande riguardano i reattori nucleari Cernavoda 3 e 4, che Enel gestisce in Slovacchia e il progetto Baltic NPP a Kaliningrad, in Russia, per la costruzione di un nuovo reattore nucleare. Alcune delle domande di Greenpeace sono state inoltrate alla società dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Banca Etica) azionista “critico” di Enel dal 2007. Enel sarà tenuta a rispondere entro il giorno dell’assemblea, prevista per lunedì 30 aprile. Tra gli azionisti saranno presenti, oltre alla Fondazione di Banca Etica, anche il vescovo guatemalteco Alvaro Ramazzini – delegato dai Missionari Oblati – e l’attivista colombiano Miller Armin Dussan Calderon, professore dell’Università Surcolombiana e presidente di Assoquimbo, associazione dei comitati locali colombiani che presidiano il territorio contro la costruzione della diga Enel di Quimbo in Colombia. Ramazzini e Calderon porteranno in assemblea la voce delle popolazioni del sud del mondo impattate dai progetti idroelettrici della compagnia italiana. L’assemblea potrà essere seguita online sul sito del Fatto Quotidiano e su Twitter (#nonconimieisoldi e #azionisticritici). di Marco Atella e Andrea Di Stefano LO STUDIO "Un italiano muore ogni giorno per colpa delle centrali a carbone" Rapporto di Greenpeace sul costo sociale dell'energia prodotta con combustibile fossile. Ogni anno persi 1,7 miliardi di euro. Ma l'Enel ribatte: "Dati errati, metà della nostra produzione viene da fonti rinnovabili o nucleare" di ANTONIO CIANCIULLO Lo leggo dopo La centrale Enel di Brindisi, inserita tra i venti impianti più pericolosi d'Europa VEDI ANCHE ARTICOLO Metà delle coste italiane è a rischio Il rapporto Wwf per salvare i litorali Un morto al giorno e 1,7 miliardi di euro all'anno. E' il prezzo che l'uso del carbone comporta per gli italiani. Lo ha calcolato Greenpeace sulle centrali Enel prendendo a modello uno studio dell'Agenzia europea per l'ambiente (Eea) che nel novembre scorso ha pubblicato un'analisi sugli impatti sanitari, ambientali ed economici prodotti, sotto forma di inquinamento atmosferico, dai principali impianti industriali europei. Nella classifica dei 20 impianti più inquinanti troviamo una sola presenza italiana: la centrale termoelettrica dell'Enel di Brindisi Sud. Secondo le valutazioni dell'Agenzia europea per l'ambiente questo solo impianto, nel solo 2009, ha prodotto danni sanitari, economici e ambientali stimabili tra i 536 e i 707 milioni di euro. Fin qui gli esperti europei. Greenpeace ha deciso di applicare gli stessi strumenti di analisi a tutte le centrali Enel alimentate a combustibili fossili in Italia. Obiettivo: calcolare il costo occulto del carbone, quello che fa lievitare voci di spesa non riconducibili alla bolletta elettrica (spese sanitarie, spese ospedaliere, giornate di lavoro perse, danni all'agricoltura). Risultato: "Le morti premature associabili alle emissioni della produzione elettrica con fonti fossili di Enel in Italia per l'anno 2009 sono 460. I danni associati a queste emissioni sono stimabili come prossimi a 2,4 miliardi di euro", si legge nelle conclusioni della ricerca. E il carbone è il responsabile numero uno: "causa 366 morti e oltre 1,7 miliardi di euro". Uno studio che l'Enel considera scientificamente errato e diffamatorio. Secondo i dati dell'azienda, metà della sua produzione di elettricità è priva di anidride carbonica perché derivante da fonti rinnovabili o da nucleare (Spagna e Slovenia); inoltre la quota di produzione da carbone è pari alla metà della media europea: "Non possiamo essere definiti killer climatici perché produciamo circa un millesimo della CO2 globale". "Enel è il principale produttore di elettricità con il carbone in Italia: genera circa il 70% dell'elettricità realizzata con questa fonte", ribatte Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace. "Inoltre i dati utilizzati sono del 2009, un anno in cui la centrale a carbone di Civitavecchia ha funzionato molto poco. Rifacendo lo studio oggi i morti da carbone salirebbero a 400 l'anno e i danni a oltre 2 miliardi di euro l'anno". Greenpeace infine sottolinea il fatto che la produzione di elettricità da carbone sia aumentata in Italia, tra il 2010 e il 2011, passando dal 34 al 41% del totale della produzione Enel. Se il progetto di riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle verrà completato, "la situazione peggiorerà ulteriormente perché il carbone ha un impatto 6 volte superiore a quello del gas". (29 aprile 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA http://www.repubblica.it/ambiente/2012/04/29/news/morti_carbone_greenpeace-34146399/?ref=HREC1-9

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