martedì 28 giugno 2011

nucleare: incubo Giappone, Francia e Stati Uniti

Atomo, incubo ricorrente dal Giappone agli States. Il 70 per cento dei giapponesi si dice anti-nuclearista. Nonostante la crisi comporterà un aumento in bolletta senza precedenti. Sarkozy annuncia un miliardo per le nuove centrali. Ma sulle fughe di gas radioattivo in corso a Paluel si sa poco o nulla
di Diego Carmignani “Terra” 28 giugno 2011
Nucleare allarmi nucleari provenienti da più parti del mondo si susseguono, dal Giappone agli Stati Uniti alla Francia, senza trovare giusto spazio sui media. A Fukushima, alti livelli di contaminazione nelle urine di abitanti a 40 km dall’impianto, mentre un sondaggio rivela che il 70 per cento dei giapponesi è contrario all’atomo. In Nebraska, grande apprensione per le due centrali sommerse dalle inondazioni: è stata istituita la no fly zone, fervono operazioni militari nell’area e la strategia dell’insabbiamento è ormai più di un’ipotesi. In Francia, Sarkozy annuncia un miliardo di investimenti nel nucleare di ultima generazione, ma nessuno parla delle numerose fughe di gas radioattivo, in corso da un mese, nel sito di Paluel.
Una buona notizia da Fukushima: la Tepco ha cominciato a raffreddare i reattori con l’acqua decontaminata grazie al sistema di trattamento di nuova installazione.
«Un passo fondamentale per uscire dalla crisi», ha commentato Goshi Hosono, consigliere speciale del premier, ma anche l’unica goccia in un oceano di guai.
Dall’avvio del sistema di decontaminazione, sono appena 1.850 le tonnellate di acqua ripulite, a fronte di circa 110.000 stimate attualmente all’interno della centrale.
Mentre da fuori vengono altre notizie che sanno di disastro lento e inesorabile: una quantità superiore a 3 millisievert di radiazioni è stata rinvenuta nei campioni di urina dei residenti del villaggio di Iitate e della città di Kawamata, a 30 e 40 chilometri dall’impianto.
Emergenza silenziosa che, nonostante il governo abbia affermato le intenzioni di procedere con l’energia nucleare, sta trovando spazio crescente nell’opinione pubblica nipponica. Domenica c’è stata una nuova protesta di piazza, a Fukushima, in cui centinaia di famiglie hanno chiesto maggiore protezione per i loro figli, visti gli alti livelli di radiazioni nell’aria a tre mesi dall’incidente e i clamorosi ritardi del governo, colpevole di non aver ancora rimosso lo strato più superficiale di terra contaminata e di non aver contribuito alla decontaminazione delle scuole. Ieri, il dissenso locale si è confermato nazionale a mezzo stampa, con un sondaggio, pubblicato dal quotidiano economico Nikkei, secondo il quale il 70 per cento dei giapponesi è contrario alla riapertura dei reattori nucleari chiusi dopo lo tsunami, mentre la metà degli intervistati vorrebbe tagliare il numero di impianti. Atteggiamenti, va sottolineato, che tengono conto anche di un eventuale prolungato fermo energetico che causerebbe l’aumento certo delle bollette di elettricità. Prima della crisi, il nucleare copriva circa il 30 per cento del fabbisogno energetico giapponese, passato al 20 lo scorso mese. La perdita di capacità produttiva per la chiusura di Fukushima e altri impianti - a cui va sommato il rifiuto di molte amministrazioni locali di riaprire reattori chiusi per manutenzione ordinaria - rende concreto il rischio di blackout energetico in estate, quando la domanda raggiungerà il suo picco. Dal Giappone, il pericolo nucleare, come abbiamo già scritto su queste colonne, è migrato pure negli Stati Uniti, dove è sempre più oscura la situazione nelle centrali atomiche di Fort Calhoun e Cooper, situate nel Nebraska e colpite dalle devastanti inondazioni che stanno mettendo in ginocchio lo Stato americano. Alle accuse rivolte al presidente Barack Obama di insabbiamento della vicenda si aggiunge la scelta di istituire la no fly zone in tutta l’area, mentre nei dintorni si registra un crescente aumento di forze armate impiegate, con tutta probabilità, per creare barriere e azionare pompe idrauliche che aspirino l’acqua. Il grande dubbio, rafforzato dai comprovati bassi standard di sicurezza degli impianti, è che liquidi contaminati possano mescolarsi con le acque del Missouri straripato.
Oltretutto, la barriera di gomma piazzata intorno al sito di Fort Calhoun - da aprile ferma e ora semi-allegata - ha ceduto domenica scorsa e le precipitazioni continuano ad essere copiose. Sarà forse per una “psicosi Fukushima”, ma ombre inquietanti si succedono velocemente, per essere velocemente rimosse: secondo un rapporto di Associated press e della Nuclear regulatory commission, lo stato di salute degli impianti americani è da brividi. In 48 su 65 c’è una perdita di trizio radioattivo dovuta alla corrosione delle tubature, mentre si registra un alto rischio legato alle calamità naturali. Ancora, da più di un mese, fughe i gas radioattivo, allarmi di evacuazione e possibile contaminazione di alcuni lavoratori stanno interessando nella centrale nucleare di Paluel, in Alta Normandia, di proprietà della francese Edf, quella che dei famosi mini-reattori di nuovissima generazione.
Secondo testimonianze e siti di controinformazione, la situazione sarebbe precipitata a metà giugno, quando il reattore numero 3 sarebbe stato addirittura bloccato per via delle fughe di gas. I responsabili Edf avrebbero però minimizzato, spiegando che il gas radioattivo (Xenon) fuoriuscito dal reattore non sarebbe dannoso per la salute e che altre micro-fughe sarebbero poi seguite, tutte non allarmanti.
Altra rivelazione è che, tra il 2001 e il 2008, sarebbero state almeno trenta le fughe di gas non dichiarate nelle centrali francesi. Informazione che non ha avuto però la stessa risonanza dell’annuncio di ieri: Sarkozy promette un investimento da un miliardo di euro per le centrali del futuro, vale a dire quelle di quarta generazione.

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