martedì 4 maggio 2010

Draquila contro premier e Bertolaso

L'intervista integrale a Sabina Guzzanti
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ANTEPRIMA
"Draquila", città senza tetto né legge
Propaganda e affari all'ombra del Capo
Di grande impatto emotivo, ma sobrio nello stile, il docufilm della Guzzanti è un atto d'accusa al premier. Il terremoto come "laboratorio" di sospensione dei diritti civili. E con l'opposizione che non c'è...
di CLAUDIA MORGOGLIONE
Savina Guzzanti nel film
ROMA - Le "sveltine istituzionali" (la definizione è nel film) di Silvio Berlusconi, pronto a sfruttare l'emergenza per agire in deroga a ogni legge. La militarizzazione delle tendopoli, dove è vietato entrare e uscire liberamente, e dove c'è perfino un'ordinanza che bandisce il consumo di Cola-Cola. La Protezione civile che - come racconta una sua ex dirigente - è prontissima "a infilarsi nella ricostruzione", avendo però accuratamente evitato di "gestire la prevenzione". I morti che avrebbero potuto essere ancora vivi se fosse stato lanciato il giusto allarme. La tristezza degli anziani, costretti a vivere per un tempo lunghissimo negli alberghi della costa. E il dissenso di parte della popolazione fatto tacere, sempre e comunque. Con le buone o, più spesso, con le cattive.

Sono questi alcuni dei fatti che Sabina Guzzanti racconta in Draquila - L'Italia che trema. Insieme a molti altri, come la latitanza dell'opposizione politica (vedi Pd), gli scandali su Guico Bertolaso e la sua "cricca" scoppiati mesi dopo il sisma, o - sul fronte opposto - l'ingenuo, quasi incredibile entusiasmo mostrato da tanti cittadini per le abitazioni avute nelle famose new town. Episodi quasi tutti già noti alla parte più attenta e informata dell'opinione pubblica. Ma mostrarli così, uno dopo l'altro, ha sullo spettatore un effetto forte, per certi versi scioccante. Delineando il ritratto di un Paese oramai ostaggio della propaganda del Capo: un premier che senza controlli - e grazie anche all'equiparazione grandi eventi/emergenza - tramuta le tragedie in consenso, facendo fare enomi affari ad amici e amici degli amici. Senza regole, né diritti per i cittadini. E in questo senso il caso dell'antica, bellissima città devastata dal sisma appare come una sorta di "laboratorio" dai contorni inquietanti.

O, almeno, questa è la tesi del docufilm, dal 7 maggio nelle sale e in cartellone come evento speciale al Festival di Cannes. Presentato questa mattina in anteprima alla stampa, al cinema Quattro fontane di Roma, ha avuto un impatto notevole su buona parte della platea di addetti ai lavori. E probabilmente sulla Croisette, davanti a un pubblico internazionale e meno informato sulle cose di casa nostra, l'impressione sarà ancora maggiore.

Debitore della scuola documentaristica di Michael Moore, che della Guzzanti è anche un amico personale, Draquila ha uno stile assai diverso da Viva Zapatero! che alla Guzzanti regalò grandi soddisfazioni. Lì infatti la protagonista assoluta era lei, Sabina mattatrice e "censurata" di lusso della tv pubblica, capopopolo capace di radunare grandi folle. Invece qui, tranne all'inizio quando la vediamo sbarcare in Abruzzo travestita da Berlusconi, la sua soggettività quasi scompare. Per lasciare posto a una materia così esplosiva da non richiedere enfatizzazioni: parlano le immagini - quelle reali della città ancora in macerie e quelle della propaganda dei tg - e parlano le persone che lei intervista. Gente che il terremoto l'ha vissuto sulla propria pelle. Ma anche esperti di vario genere, che fanno capire, ad esempio, come l'allarme avrebbe potuto essere lanciato per tempo, visto lo sciame sismico antecedente la terribile scossa del 6 aprile 2009.

In questo mare di testimonianze la regista si limita a fare domande con tono pacato e naturalmente a fare da voce narrante all'intero film. In cui, comunque, al Cavaliere non viene risparmiato nulla: dalle intercettazioni della notte con Patrizia D'Addario nel lettone di Putin alle origini del suo patrimonio, con la testimonianza di Massimo Ciancimino e del giudice Antonio Ingroia. Ma la Guzzanti non fa sconti nemmeno all'opposizione: la sequenza della tenda del Partito democratico all'Aquila, che viene mostrata eternamente vuota nel passare dei giorni e delle stagioni, è un'immagine forte quanto quelle sull'eccessiva disinvoltura del premier. Leader e gaffeur di fama mondiale, che perfino di fronte a una catastrofe scherza sui gay o sulle veline.

A proposito di intercettazioni, non poteva mancare quella, sciaguratissima, che risale alla notte del terremoto, coi due imprenditori della "cricca" che ridono pensando ai grandi affari che faranno sulla pelle della gente. Ma forse ancora un effetto ancora più forte lo fa ascoltare - nella parte finale del film - le chiamate ai numeri d'emergenza fatte dagli aquilani quella stessa notte, le loro richieste disperate di aiuto ("é crollato un intero palazzo di quattro piani", "c'è qualcuno rimasto bloccato sotto una macchina"). Molte di queste telefonate saranno rimaste purtroppo inascoltate: come le cronache di allora ci hanno raccontato, a causa del mancato allarme dei giorni precedenti per molte ore sono state le persone comuni - insieme ai quindici pompieri presenti sul posto - a scavare a mani nude, tra le macerie della città crollata.

(03 maggio 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/05/03/news/draquila_anteprima-3783900/

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