domenica 13 settembre 2009

ci lascerà solo frutti avvelenati

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di Piero Ignazi
C'è una seduzione populista che sta distruggendo la democrazia nel nostro Paese. Piero Ignazi, editorialista de 'L'espresso' e direttore del Mulino, ha radiografato l'irresistibile ascesa del sistema berlusconiano. Ecco in anteprima l'introduzione a 'La fattoria degli italiani' (Rizzoli, 120 pagine, 12 euro) che sarà in libreria il 18 settembre.

Le democrazie mature sono sistemi del "limite", dove viene accettato un autocontenimento da parte di tutti e su ogni piano.Lo "spettacolo" - in ogni senso - che viene messo in scena da tanti anni in Italia è invece quello della tracimazione, dell'invasione delle sfere di competenza, dell'arrembaggio di prerogative, della bulimia di poteri e privilegi. Cuspide di questo malo spirito dei tempi è Sua Emittenza, il Cavalier Silvio Berlusconi.

Non per malvagità intrinseca, ovviamente (questa e altre ridicole argomentazioni pre-politiche, benché spesso fuoriescano dal suo staff e da lui stesso, non hanno alcun senso), bensì per la sua cultura politica e per la concentrazione di potere nelle sue mani. Il Cavaliere è alieno, per la sua storia personale e professionale, alla cultura del confronto e del limite. Il suo impero economico, fondato su una linea di comando personale e familiare, estraneo al mercato sia in quanto concessionario e nulla più (di terreni, di etere, di spazi pubblicitari, ecc.), sia in quanto limitato alla - e protetto dalla - dimensione nazionale, riflette, e allo stesso tempo rinforza, una cultura padronal-aziendalista vecchio stampo, di cameratismo se si è ossequienti, di emarginazione se si osano critiche: perché "il Capo ha sempre ragione".

Questa visione non cala dal cielo, bensì si connette con quanto è emerso negli ultimi decenni: a partire dagli anni Ottanta, quelli dell''edonismo reaganiano' secondo una brillantissima etichetta proposta allora, a una certa ora della notte, la società italiana è andata incontro a una sorta di mutazione antropologica. Si afferma per la prima volta nella storia politico-culturale italiana "l'individuo".


Silvio Berlusconi è stato l'interprete perfetto di questa trasmutazione dell'italiano medio, in fuga da Stato e Chiesa per cavalcare verso e nel privato, professionale e personale, assurgendo a icona di riferimento anche per le periferie più sperdute - ma tutte massicciamente videodipendenti. La mitridatizzazione della
società italiana nei confronti dell'esercizio disinvolto del potere da parte del Cavaliere è frutto di questo processo di identificazione, scientemente e abilmente perseguito dallo staff berlusconiano per tutti questi anni: si pensi al patinato rotocalco Una storia italiana distribuita a milioni (!) di famiglie in occasione delle elezioni politiche del 2001, o alle coreografie minuziose delle sue apparizioni, ivi compresi l'aula gremita e gli applausi finti fatti scrosciare dal servizievole Tg1 in occasione di un suo intervento all'Onu.

Nella 'Destra trionfante' scrivevo che "agli italiani importa avere la sensazione/promessa di poter fare quello che vogliono, di non essere inibiti da dei 'dover essere' calati dall'alto, di poter dar libero corso ai loro animal spirits; e soprattutto di essere compresi anche per i loro difetti, e non ammoniti da ciliosi custodi della retta via. Queste pulsioni profonde sono state catturate e interpretate dal berlusconismo".

Per completare l'opera era però necessario passare dal piano delle sintonie culturali e pre-politiche alla costruzione di un regime politico consono a queste dinamiche. E qui ritorna il problema iniziale del populismo.

Solo una democrazia dai tratti populisti, dove massima e necessaria è l'identificazione del popolo con il leader, dove la divisione tra amici e nemici non ammette deroghe, dove gli 'altri' sono sempre minacciosi e in agguato, dove la politica è sporca, corrotta e inefficiente - un "teatrino" inutile e dispersivo - e solo alcuni ne sono mondati, dove l'elezione rappresenta una unzione invece che una semplice delega, solo un regime con questi tratti può ammettere che il Capo racchiuda in sé tanto potere e lo usi in maniera così disinvolta. Insomma, solo in un Paese dove tutto si perdona al leader grazie alla sua aura di benefattore e protettore - e di castigatore degli odiati "comunisti" - può attecchire una diversa, inquietante forma di democrazia quale quella populista.
Lo scivolamento verso questa deformazione grottesca del sistema democratico è in atto da anni. Il bipolarismo alle vongole e le pulsioni populiste. L'offerta speciale Alitalia e le picconate alla giustizia. Obama abbronzato e la crisi-che-non-c'è. Eventi, portenti e accidenti di un Paese non a norma. Qualunque sia l'evoluzione del demopopulismo berlusconiano, esso lascerà strascichi rugginosi nella nostra cultura politica perché ha portato il confronto politico a un livello di rozzezza e astiosità mai visto prima. È questo il frutto avvelenato che l'uscita di scena del Cavaliere ci lascerà in eredità.
(11 settembre 2009)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ci-lascera-solo-un-frutto-avvelenato/2109435//1

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