lunedì 9 giugno 2008

un sito nucleare per amico, date anche a noi una centrale

APPELLO/RIFLESSIONE…ED UNA PROPOSTA.
L’impegno ultradecennale dei volontari di Mondo in Cammino nelle terre della Bielorussia, Russia, Ucraina contaminate dal fallout dell’incidente nucleare di Chernobyl e quello più recente nelle zone conflittuali del Caucaso del nord (a Grozny e Argun in Cecenia vi è una alto tasso di inquinamento radioattivo – sono stati registrati livelli di radiazioni di 58.000 volte superiori al valore massimo ammesso), richiedono, nell’attuale fase di rilancio del nucleare in Italia, da un lato, la solidarietà e la coerenza di tutte le associazioni che si occupano di progetti di cooperazione e di accoglienza verso i cosiddetti “bambini di Chernobyl”, e dall’altro, l’attenzione ed una seria riflessione da parte di tutte le persone attente verso i problemi della democrazia, dei diritti umani, dell’ambiente, dello sviluppo mondiale e che percepiscono le insidie insite in una scelta di tal genere.
COME VOLONTARI (in virtù dell’esperienza e della conoscenza “dal basso” e della concretezza delle azioni svolte localmente), E COME CITTADINI ITALIANI, RIBADIAMO CHE IL PROBLEMA DEL NUCLEARE, IN PARTENZA, È, SOPRATTUTTO, DI TIPO ETICO.
Quale fiducia, infatti, può essere assegnata alla tecnologia del nucleare, se i suoi promulgatori (l’AIEA: Agenzia Internazionale Energia Atomica) ne basano il concetto di scientificità, imparzialità, onestà morale ed intellettuale, sull’ accordo truffa del 1959 con l’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità), in cui espressamente viene posto un veto unilaterale sulla divulgazione dei dati sanitari in caso di incidente nucleare o contaminazione radioattiva? L’accordo truffa è la legge WHA 12-40 del 28.05.1959 in cui viene mondializzata l’omertà sugli effetti delle radiazioni sulla salute umana (…VEDI…http://www.progettohumus.it/include/argomenti/docs/leggewha.pdf).
Ma se questo è il peccato originale, ancora più grave è stato lo spietato e cinico utilizzo del potere unilaterale auto-assegnatosi dall’AIEA e che ha toccato l’apice dell’arroganza con la divulgazione del rapporto del Chernobyl Forum del settembre 2005, in cui scienziati iscritti nel libro paga dell’AIEA, minimizzano drasticamente le conseguenze dell’incidente di Chernobyl, fino a sfiorare (purtroppo tragicamente!) il ridicolo (…VEDI…http://www.progettohumus.it/include/chernobyl/pensieri/200804bugiechernobyl.pdf).
L’evidenza degli errori, delle bugie, degli omissis e della parzialità del rapporto del Chernobyl Forum è addirittura sfacciata, figlia di quella impunità che dal 1957 dura fino ai nostri giorni, con il vergognoso e sottomesso silenzio dell’OMS in materia.
Lo stesso scienziato americano Richard L. Gatwin, convinto nuclearista, non esita a bollare il rapporto come decisamente fuorviante per il modo bieco con cui l’AIEA ha cercato di nascondere i suoi fallimenti e l’impatto dei costi umani.
Per tale ragione, oggi più che mai, è importante aderire alla petizione per l’indipendenza dell’OMS (…ADERISCI…http://www.mondoincammino.org/index.php?name=formhumus).
Ma che credito dare ad una tecnologia disseminata nel tempo di incidenti e vittime tenuti nascosti (…VEDI…http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=40.0) ed a una gestione che spudoratamente gioca sul numero dei morti e delle conseguenze in campo sociale ed ambientale con l’unico obiettivo di diminuire il risarcimento ed i dovuti indennizzi?
Ma se gli interrogativi posti finora possono sembrare retorici, allora che sensazione evoca il fatto di sentirsi parte di una collettività esposta a scelte sul proprio futuro, e per questo considerata degna di una informazione parziale (quando non assente)? A queste cose, infatti, “ci pensano i tecnici” (così ci dicono).
E allora smettiamola di parlare in maniera monotematica sempre e solo di Chernobyl!
Per esempio, di incidenti simili a quelli di Krsko in Slovenia, che, a quanto è dato di sapere, possiamo definire relativamente non molto grave, ce ne sono stati a decine nelle varie centrali dislocate nel mondo. Il dato comune a tutti i casi consiste nell'atteggiamento degli enti gestori degli impianti che istintivamente tendono a nascondere i fatti, successivamente a minimizzarli e comunque a diffondere messaggi tranquillizzanti per le popolazioni.
E ciò non è forse il contrario di quanto la democrazia imporrebbe?
Ma la questione, invece, è molto semplice e si riduce a questa domanda: perché la gente dovrebbe fidarsi di progetti per la realizzazione di centrali nucleari concepite con tecnologie, magari più evolute rispetto a quella di Krsko, ma che lasciano ancora aperti molti problemi riguardo la loro sicurezza?
Il caso recente più clamoroso in questo senso è quello accaduto nel luglio 2007 nel più grande complesso nucleare del mondo, a Kashiwazaki in Giappone, dove, a causa di un terremoto, non solo è stata messa in crisi la granitica certezza che quelle centrali fossero assolutamente antisismiche, ma soprattutto che i dirigenti della Tokyo Electric Power abbiano tentato di nascondere il fatto al pubblico e solo di fronte all'evidenza si siano decisi ad ammettere una fuoruscita in mare di acqua radioattiva, senza peraltro che ad oggi si possa ancora accedere ad informazioni dettagliate da quella fonte.
Ecco perché tutte le domande elencate pongono riflessioni di ordine etico: e le pongono prima ancora di entrare nel merito della tecnologia nucleare, tale e quale.
Ma anche se ritenute ingenue (forse perché irritanti e senza quelle risposte che gli scienziati – quelli non onesti – riescono a dare solo facendo il gioco delle tre carte con i numeri), le domande non finiscono qui.
Ed allora: che fiducia dare al nucleare civile, specchietto per le allodole ed invitante porta d’ingresso (con la scusa della sua imprescindibilità a favore dello “sviluppo” della civiltà umana) per la proliferazione dell’arsenale nucleare bellico, il cui possesso gioca negli equilibri geo-politici (v. Iran) o determina “de facto” il ruolo nel consesso “democratico” mondiale (v. Francia)? Una conferma paradossale è stata data dagli avvenimenti in Iraq: il nucleare, per l’opportunità politica in gioco, è stato effettivamente considerato, e aprioristicamente, “arma di distruzione di massa” (poi sappiamo tutti come è andata a finire).
Che risposta dare alle future generazioni sull’eredità delle scorie radioattive? (Solo 200 tonnellate in Italia, paese senza energia nucleare).
Perché parlare di minima probabilità di rischio e non, invece, di accettabilità del rischio? (Chernobyl docet).
Siamo disposti ad accettare un’altra Chernobyl, punta dell’iceberg di un incidente che si può (probabilisticamente) ripetere, come ha affermato Rubbia, una volta ogni cento anni?
Che dire, inoltre, della rivoluzione mentale che bisogna fare per sostituire la parola “sviluppo” con la parola “equilibrio” e che senso ha ancora alimentare l’illusione che sia possibile continuare a consumare energie e risorse e crescere impunemente grazie all’energia salvifica del nucleare? Non è forse il momento di includere obbligatoriamente nei processi tecnologici i principi base della precauzionalità e dell’ effettiva sperimentazione?
Che senso ha, infatti, rilanciare il nucleare confidando in tecnologie nuove, vendute come “sicure” sulla base di simulazioni teoriche, non collaudate e di là da venire: tecnologie notoriamente complesse, con sorprese e difficoltà assolutamente impreviste e che potrebbero risultare non praticabili e convenienti? Non vorremo che la mole di annunci e di ottimistiche previsioni sul “nucleare sicuro di quarta generazione” fosse solo la replica di quanto avvenuto 10 anni fa con i trionfalismi della “fusione fredda”, che inondarono i giornali per durare lo spazio di una sola estate: non vorremmo, insomma, che questa agognata "quarta generazione", venisse soffocata nella culla.
Se il fabbisogno energetico da importare per l’Italia è solo del 15% (come mai la Francia, con tutte le sue centrali, importa più petrolio dell’Italia?) perché non investire subito nelle energie rinnovabili e nel risparmio energetico? Un recente studio del Ministero britannico per l’Energia ha affermato che se tutti producessero l’energia in casa con pannelli solari e 'microcentrali' a biomasse, si potrebbero risparmiare 5 centrali nucleari persino in quel paese meno assolato del nostro (e quanti centrali servirebbero in Italia?).
Che dire, infine, dell’epidemia di cancro che sta colpendo la nostra umanità, frutto non deterministico ed inevitabile di uno sviluppo che ci ha già magnanimamente “concesso” un allungamento delle aspettative di vita, bensì del taciuto fallout radioattivo (e ritorniamo al “peccato originale”) degli esperimenti nucleari degli anni ’60 e che per sommatoria graduale si sta adesso palesando in tutta la sua gravità?
Ipotesi fantastica? Chiedetelo al prof. Bandazhevsky che per aver denunciato questo (e non le conseguenze di Chernobyl!) è stato arrestato, ha passato 5 anni in carcere e adesso, peregrina esiliato in Europa con il passaporto della libertà conferitogli dal Parlamento europeo!! (…VEDIhttp://www.progettohumus.it/chernobyl.php?name=yuri…).
Per tali ragioni invito tutti a porre e a porsi il problema del nucleare dal punto di vista etico: non per pregiudizio, ma per “giudizio”.
Ci sono, ovviamente, anche tutti i quesiti di ordine “tecnico”: il problema dell’uranio, le emissioni di CO2 (che coinvolgono tutta la filiera nucleare e non solo la fase di produzione nel reattore), la sicurezza, i costi, e così via, senza parlare di eventuali attacchi terroristici e degli smodati interessi economici che derivano dal solo business, tale e quale, della costruzione di una centrale.
Temi a cui non ci sottraiamo dal confronto, perché anche se sosteniamo la priorità di quelli etici (per cui, se non verranno pregiudizialmente snobbati in nome di un pretestuosa scientificità, riteniamo che non potranno mai avere risposte soddisfacenti), sappiamo anche che sul terreno del cosiddetto confronto scientifico (ritenuto dai più la palestra ideale in cui manipolare i numeri) esistono forti e valide argomentazioni per fare controinformazione: dovere che spetta a tutti coloro seriamente preoccupati del proprio futuro e di quello da assicurare alle prossime generazioni.
A tale scopo rimandiamo alla relazione, seria e meticolosa, del prof. Angelo Baracca (...VEDI…http://www.progettohumus.it/chernobyl.php?name=specialbaracca)
Prima di ogni rapida conclusione, invitiamo (soprattutto i contrari ed i dubbiosi) a leggere con calma ed attentamente tutti i link a cui l’appello/riflessione rimanda..
UNA PROPOSTA: “UN SITO PER AMICO”
Una proposta semplice (forse ingenua) che potrà essere percepita come provocatoria: pensiamo, però, che si possa uscire dal terreno ideologico del confronto/scontro sul nucleare, solamente con un atto di impegno concreto che permetta, a livello del proprio ambito territoriale, di misurare la coerenza della posizione assunta.
Come Mondo in Cammino chiediamo l’adesione alla seguente campagna che vorremmo lanciare in autunno/inverno: “UN SITO PER AMICO”, campagna rivolta a tutti i gruppi consiliari di tutti i comuni, provincie, regioni italiani, affinchè sia presentato un ordine del giorno sull’intenzione dell’amministrazione di riferimento di offrire o meno una porzione del proprio territorio per l’eventuale costruzione di una centrale nucleare.
Ed allora questa proposta da provocatoria potrebbe diventare un’opportunità per i nostri politici per individuare una località favorevole ad accogliere gli impianti nucleari dandosi gli strumenti affinchè ciò avvenga in modo partecipato e democratico.
La campagna riveste un po’ di complessità organizzativa e pratica e potrà avere avvio solo grazie al sostegno, alla condivisione e al supporto di altre persone, gruppi, associazioni.
Aiutateci e diffondete la proposta! Contattateci e scriveteci!
Massimo Bonfatti, presidente di MIC

Grazie per l'attenzione!
Lo Staff di Progetto Humus

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