venerdì 9 novembre 2007

Pontinia, i lavoratori e le case

Pontinia, i lavoratori e le case
Se avessi proposto di assegnare le abitazioni ai lavoratori stranieri i soliti leghisti e polemisti mi avrebbero accusato di voler privilegiare gli stranieri e togliere diritti ai nostri cittadini.
Se ne avessi proposto l’integrazione idem, visto che gli interventi e le disposizioni in favore delle famiglie e dei concittadini bisognosi non sono mai abbastanza.
Mi pare, anzi, che nei fatti, nelle procedure legali, nei tribunali, negli atti amministrativi in favore dei cittadini, delle aziende locali e funzionanti, delle classi sociali più deboli di non avere grande compagnia.
Certamente non ho letto altrettanto provenire dalla destra.
Proporre qualcosa che è utopia oppure che oggi non è possibile non mi pare né concreto né corretto.
Chi è un po’ più attento e conosce la realtà di Pontinia e le mie proposte ricorderà che:
- ho chiesto non so quante volte di costruire nuovi alloggi di edilizia economica e popolare per le famiglie e le classi sociali più deboli;
- ho presentato una proposta di delibera per la costruzione di alloggi, finanziato da Stato – Regione, per i nuclei familiari più piccoli;
- ho avanzato proposte che in altri parti del mondo, ma anche in Italia (questa volta non solo l’efficiente Trentino, ma anche nella vicina Umbria) è stato attuato con successo, dalla cohausing all’autocostruzione;
- ho chiesto (era il 1995) di introdurre il sistema della perequazione, visto che i costruttori non avrebbero mai accettato la richiesta di assegnare la cubatura ad personam. Questo avviene nei sistemi più evoluti e solo là dove la solidarietà non è una parola vuota, ma uno stile di vita.
- Nel 1994 ho presentato un progetto (interamente finanziato dalla Regione Lazio per £ 150.000.000 dei quali ne hanno usufruito associazioni di volontariato) di integrazione dei lavoratori stranieri. Questo progetto (come altri 3 in materia) li ho ceduti gratuitamente alla Regione Lazio.
Veniamo alla situazione attuale che qualcuno fa finta di non conoscere ma con la quale, prima o poi, occorrerà farci i conti:
- le case hanno costi esorbitanti e proibitivi non solo per i lavoratori stranieri, ma anche per i nostri concittadini;
- quest’anno c’è stato un aumento del 19% delle esecuzioni immobiliari;
- che il mercato delle case sia drogato non lo scopro certo io;
- che una famiglia di dipendenti con 1-1300 € al mese si deve accollare un mutuo di 30 anni per pagare un mini appartamento;
- essendo troppo elevati i prezzi delle abitazioni (sia di acquisto che di affitto) si assiste a promiscuità pericolose non solo per l’ordine, ma anche per la salute pubblica, di lavoratori stranieri;
- se non si riesce (o non si vuole) far rispettare il codice stradale e le misure minime di sicurezza per il trasporto su bici, si può pensare di dare alloggi decenti ai lavoratori oggi presenti?
Questi alloggi da me proposti, attuati dai comuni di San Felice Circeo e di Terracina dovranno necessariamente essere in regola con i requisiti sanitari che per qualunque tecnico, anche meno esperto, significa superficie e cubatura, servizi igienici con standard minimi per persona.
Costituirebbero un monitoraggio pubblico delle presenze di lavoratori fuori sede.
Soprattutto eviterebbe la speculazione, di cui nessuno parla, di chi “affitta” alloggi (in chissà quali condizioni) ai lavoratori stranieri.
Non ho né pensato né scritto che chi non è in regola con la legge non si debba regolarizzare.
Ogni volta che faccio una critica l’accompagna da una proposta alternativa seria e sensata, quella della destra mi è completamente suggita…..

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